Carissimi, qualificatemi, se vi piace, come persona “strana”: non me ne offendo né mi rattristo. Le persone arroganti mi stanno sullo stomaco e non le digerisco. Come non sopporto le persone che si mettono sempre in prima fila a far bella mostra di se stessi. Sono fatto proprio male: lo so e ne ho piena consapevolezza.
Mi piace stare in mezzo agli altri a fare da rematore e ho l’allergia a far da pavone e da bellimbusto. Più che parlare agli altri, mi piace ascoltare gli altri perché sono convinto che gli altri hanno sempre tante cose da farmi sapere e che io non conosco.
Ho imparato dal vangelo che c’è più gusto a servire che ad essere serviti, ad obbedire più che a comandare, a restare in ombra più che ad essere esposti alla finestra. Mi piace più stare fra le stanghe a tirare il carro più che stare seduto sulla carretta con le briglie in mano. Datemi del pazzo se volete, non ne resto offeso.
Non sopporto i bellimbusti, sempre in mostra a far la bella faccia e sempre pronti a far sussieghi a chi conta di più. Mi interessa di più stare ultimo e in coda agli ultimi, perché è posizione più adatta per guadagnarmi il primo posto in cielo. Sono vaccinato dal dare la caccia alla lode e ad ogni forma di appariscenza vaporosa e accattivante. Gli sproloqui, dotti e sofisticati, non mi appartengono.
Sono fatto male: lo so. Ma resto a questo livello ultimo perché sento che è a mia misura. Le furberie, di vario genere, non sono un piatto per la mia tavola. Preferisco il pane duro piuttosto che la brioscina. Sono più attratto dalle salite che dalle strade di pianura, perché è l’unico modo per godersi aria pura e per vedere panorami più vasti e più belli. Non mi interessa cambiare il mondo. Preferisco cambiare in meglio il mio oggi, fin dal mattino, così da spenderlo in modo migliore di ieri. Non so se ci riuscirò, ma ce la metto tutta e ciò mi basta e mi soddisfa pienamente.
Ho esercitato il ministero pastorale, per molti anni, in due grandi parrocchie senza mai sognare o desiderare qualche gratificazione, contento per quanto avevo operato e senza mai cercare un “grazie” da qualcuno. Se lungo la mia strada qualcosa di buono è nato, lo si deve unicamente alla grazia di Dio, che mi ha sempre accompagnato e spero che continui a farlo.
Ho pubblicato diversi libri e, da oltre quarant’anni, ogni mese è comparso un mio scritto, debitamente firmato e non ho mai scritto qualcosa di me preferendo parlare, direttamente o indirettamente di Gesù Cristo. Sono diventato prete per annunciare il vangelo e null’altro. Sono pienamente soddisfatto per avere adempiuto questo mio primario dovere. Continuerò a camminare su questa strada e nella stessa direzione fino a che la morte non mi coglie quando arriva la mia ora. Pur tirato da parte – da autentico “anziano” – non mi sento in solitudine. Mi porto nel cuore il volto di tutte le persone – che in tanti anni ho incontrato – alle quali ho comunicato una scintilla di Cristo perché potessero vivere alla maniera di Cristo.
don Averardo Dini