È il ritratto con cui Federico Lombardi presidente della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger- Benedetto XVI descrive a un anno dalla scomparsa il suo illustre confratello il milanese economista di formazione ed esperto di Dottrina sociale GianPaolo Salvini e «gesuita dei record – per aver diretto per ben 26 anni dal 1985 al 2011 nei suoi oltre 170 anni di vita la rivista la “Civiltà Cattolica”».
Era il 21 marzo 2021 fa quando padre Salvini, classe 1936, si spegneva a 85 anni nell’infermeria della residenza San Pietro Canisio, adiacente alla Curia generale della Compagnia di Gesù a Roma. E fu proprio padre Lombardi a tratteggiare, durante le esequie di Salvini nella chiesa di Santo Spirito in Sassia a Roma le gesta pubbliche e private «tra queste anche le gite in montagna con un compagno di cordata di eccezione come il cardinale Carlo Maria Martini…» del suo confratello.
E oggi alle 18 nella sede dell’Ambasciata d’Italia per la Santa Sede a Roma si terrà una Messa di suffragio. Tra i concelebranti ci sarà l’attuale direttore del quindicinale “La Civiltà Cattolica”, successore diretto di Salvini, padre Antonio Spadaro.
Il ricordo di padre Federico Lombardi
Lombardi che oggi fa parte del Comunità della prestigiosa rivista dei gesuiti come scrittore emerito (di cui è stato, tra l’altro, vice direttore a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta) rievoca lo stile sempre lontano dai riflettori del confratello ma anche il «grande equilibrio» che ha sempre contraddistinto l’agire, il “modo di procedere” molto ignaziano di questo sacerdote chiamato a prendere il testimone e le redini della “Civiltà Cattolica” nel 1985 da un gesuita del calibro di Bartolomeo Sorge.
«È interessante pensare che buona parte della sua direzione – è l’osservazione di Lombardi – sia coincisa quasi con il lungo generalato del preposito dei gesuiti Peter Hans Kolvenbach e il pontificato di Giovanni Paolo II». E confida un particolare: «GianPaolo non è mai stato impari ai compiti che gli sono stati assegnati. Una sincera, saggia e non affettata modestia lo ha sempre caratterizzato. Si è sempre presentato agli uomini con molta umiltà, e così credo si è presentato al Signore…».
Dall’album dei ricordi su questo gesuita del Novecento padre Lombardi si sofferma sugli anni di formazione, – tra l’altro ex allievo di una scuola ignaziana come il “Leone XIII” – alcuni dei quali spesi in una terra di frontiera come il Brasile dove sognava di rimanervi e visse da “vicino” l’impatto di un’enciclica a lui molto cara e “rivoluzionaria” come la Populorum progressio (1967) di Paolo VI; o ancora ricorda il periodo milanese dove fu alla guida, tra l’altro, della prestigiosa rivista “Aggiornamenti Sociali” (1977-1981) e poi superiore della comunità milanese del San Fedele, composta allora da quasi 50 religiosi.
Ma certamente lo spezzone più importante e più “pubblico” della lunga esistenza di Salvini, secondo padre Lombardi, è stato quello trascorso a Roma a Villa Malta, nella sede della rivista la “Civiltà Cattolica”, fondata dal gesuita napoletano Carlo Maria Curci. «Alla fine sono stati 36 gli anni che padre Salvini anche nella sua veste di scrittore emerito ha speso per il quindicinale fino a quasi la sua morte. E si contano più di 300 articoli a sua firma. Il suo lascito più grande? Sicuramente il lavoro redazionale di équipe che ha permesso alla rivista di crescere in autorevolezza e numero di copie».
La lunga direzione di Salvini, non a caso, è stata costellata dalle grandi firme che hanno accompagnato con i loro accurati articoli i lettori della rivista: da Giovanni Marchesi a Giovanni Rulli, da Ferdinando Castelli a Giuseppe De Rosa, da Michele Simone a Giandomenico Mucci a Virgilio Fantuzzi.
«Uno dei tratti più singolari del suo carattere – osserva ancora – è stata la sua autoironia. Basti pensare al suo intervento di congedo alla Pontificia accademia di teologia (Path) dove ha voluto parlare, non a caso, dell’“umorismo di Dio”…». Ma tra le grandi virtù del confratello ne intravede soprattutto una: la fedeltà nell’amicizia. «Mi ha sempre impressionato la sua capacità di aver mantenuto rapporti con tutti, anche con molti suoi ex-confratelli che avevano preso altre strade. È rimasto per loro l’amico di sempre».
E a lei che cosa ha lasciato? «È stata per me un’esperienza rara trovare una persona che abbia vissuto con altrettanta lucidità il tempo del distacco, portando con grande dignità la prova della debolezza continuamente crescente e la chiamata all’abbandono nel mistero di Dio».