Cosa ricordiamo della Gmg di Lisbona, un anno dopo? La partecipazione dei giovani, al di sopra delle aspettative (un milione e mezzo, a conti fatti, 65mila gli italiani); la presenza di tanti che nei “giri” di diocesi, parrocchie e movimenti non si erano mai visti; la sintonia totale tra i ragazzi e papa Francesco… Ma la domanda che conta oggi è un’altra: cos’è rimasto di quella esperienza di gioia nel cuore dei giovani che andarono nella capitale portoghese?
«Lisbona ha messo in luce tutto il potenziale e la forza della Gmg, e chiede ancora alle comunità cristiane come non sprecarlo, riversandolo nella vita ordinaria». Un anno fa don Riccardo Pincerato accompagnava il gruppo della sua diocesi di Vicenza, ora è alla guida del Servizio nazionale di Pastorale giovanile. E girando l’Italia documenta che «è in atto una riflessione su un’esperienza che offre possibilità all’annuncio e indicazioni importanti anche per il Giubileo. La Giornata della gioventù continua a essere una opportunità educativa, e quella di Lisbona in particolare è stata un segno importante che chiede di non essere banalizzato, mentre ci sfida a cogliere come Chiesa tutto ciò che ci ha detto e mostrato». Cosa, in particolare? «Che lì dove c’è una comunità che è riuscita a incoraggiare, accompagnare, farsi vicina ai giovani l’esperienza della Gmg ha portato frutto, e l’entusiasmo non si è spento». Il bello di Lisbona «è stato il desiderio di esserci, di partecipare: i ragazzi l’hanno vissuta come una possibilità per la loro vita. La Gmg gli ha aperto la strada per un incontro privilegiato con il Signore: non è vero che i giovani non vogliono stare nella Chiesa, anche nelle loro contraddizioni sono alla ricerca. C’è da chiederci allora se la Chiesa sa accogliere questo loro desiderio. Cercano relazioni sincere, è un appello che ci viene lanciato. E la prima relazione che va costruita è quella educativa, che richiede un dialogo». Un anno dopo, secondo Pincerato, «Lisbona continua a chiederci tre cose: comunità, educazione, esperienze, che è cosa diversa da “attività”. Ci chiede un percorso, e la capacità di rileggerlo per saper richiamare la voce che si è udita in quei giorni “forti”, per riaccendere sempre quella luce».
Nelle diocesi il contatto con i giovani è quotidiano. E quello che si registra è che «i giovani tornati da Lisbona hanno portato con sé un desiderio profondo di esplorare il senso della vita e della fede – riflette don Riccardo Pascolini, coordinatore degli Oratori Umbri –. Lisbona ha avviato processi di verità e di cambiamento interiore, molti da allora hanno iniziato a servire in parrocchia, altri hanno intrapreso un cammino di fede insieme agli amici. Anche chi non è più venuto conserva nel cuore la perla preziosa di una Chiesa viva, capace di dire ai giovani che “vale la gioia”». Sì, perché «i giovani cercano gioia, speranza e significato, elementi che la Gmg gli ha saputo offrire, trasformandosi per tanti in un trampolino verso nuovi orizzonti. La Giornata portoghese resta un momento indimenticabile di bellezza e di senso, capace di lasciare un segno profondo nella vita di chi vi ha partecipato».
Per misurare un anno dopo la temperatura dei giovani che hanno “fatto la Gmg” di Lisbona don Davide Abascià, sacerdote incaricato per il Servizio regionale di Pastorale giovanile della Puglia, usa un “termometro” infallibile: «Se si è buoni frequentatori dei social, non si può rimanere indifferenti ai contenuti che molti giovani, gruppi e movimenti di giovani credenti postano a distanza di un anno dalla Giornata mondiale della gioventù a Lisbona. Se dopo un anno un giovane si ricorda dov’era in quei giorni vuol dire che la sua memoria affettiva è stata segnata da ciò che ha vissuto e, molto probabilmente, sta provando a dare significato a quanto a potuto sperimentare in quelle giornate». C’è un altro indizio dell’impronta lasciata dalla Giornata portoghese che don Davide ha colto in questi mesi: «Un grande segno è stata la crescita di comunione tra giovani della stessa diocesi. Pare scontato, ma non lo è. Riconoscersi nella fede in un contesto sociale ed ecclesiale, ora come ora, è tutt’altro che ovvio. La Gmg ha dato loro la possibilità di riconoscersi nella fede in Gesù». Non solo: «Ci sono alcuni gruppi che hanno scelto di continuare a vivere esperienze di gemellaggio con altre diocesi e nazioni limitrofe; pellegrinaggi, esperienze di missione o di servizio sono il segno che si può camminare insieme per davvero».