Della maggior parte dei profeti non ne conosciamo la voce, di David Maria Turoldo invece sì. Era impetuosa e misteriosamente calma, come si addice a un profeta.
La cadenza friulana risaltava sull’eco di un’altra melodia, quella della parlata bergamasca assimilata nei lunghi anni di soggiorno a Sotto il Monte, la piccola Betlemme di Giovanni XXIII dove Turoldo aveva stabilito la propria dimora al termine di un’erranza non sempre volontaria. Ma anche prima, nella contraddittoria primavera degli anni Sessanta, era anzitutto la sua voce che i milanesi di ogni condizione e convinzione andavano a cercare nella chiesa di San Carlo al Corso: le parole dell’omelia contavano, contava la sapienza poetica messa al servizio delle Scritture.
Alla fine, però, era la voce a restare impressa nella memoria.
L’uomo, l’umanità, l’Incarnazione, erano questi i temi portanti di un’avventura personale e spirituale, la sua, che aveva nella voce, il più impalpabile fra i segni materiali: la più materiale tra le manifestazioni dell’impalpabile: il suo tratto distintivo…
Festa della Sacra Famiglia:
Turoldo metteva in primo piano «il problema della casa, dei rapporti umani». Partiva da uno spunto che sembrerebbe meramente sociologico (siamo nel 1962, anno cruciale per il dibattito sull’edilizia popolare in Italia), ma subito allargava la prospettiva, lasciando intendere che la “casa stessa” ha senso solo in quanto luogo degli affetti e delle relazioni. Subito dopo, però. Turoldo se la prendeva con l’ossessione verghiana per la «roba», con la smania di possesso che rendendo impossibile i «rapporti umani» sottraeva la famiglia alla sua vocazione più profonda, di proiezione «verso l’esterno, l’infinito». Un percorso che trova la sua sintesi, a oltre mezzo secolo di distanza, in questo passaggio dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia: «La mancanza di una abitazione dignitosa o adeguata porta spesso a rimandare la formalizzazione di una relazione. Occorre ricordare che “la famiglia ha il diritto a un’abitazione decente, adatta per la vita della famiglia e proporzionata al numero dei membri, in un ambiente che provveda i servizi di base per la vita della famiglia e della comunità” [così l’articolo 11 della Carta dei diritti della famiglia approvata dal Pontificio Consiglio per la Famiglia nel 1983, ndr]. Una famiglia e una casa sono due cose che si richiamano a vicenda. Questo esempio mostra che dobbiamo insistere sui diritti della famiglia, e non solo sui diritti individuali» (n. 44).
Tutti sono chiamati. Non c’è un monopolio della grazia. Sempre sorprese dolci», osservava Turoldo. E ancora: «Il clima dell’ambiente del nostro colloquio si è fatto pesante, pregno di segreti, di interrogativi, di misteri, di realtà – di consolanti realtà. Vogliamo uscire a prendere una boccata d’aria? Felicissima idea! Ci alziamo e andiamo incontro al bello delle cose…».
Il bello delle cose: forse il programma della “Chiesa in uscita” non è mai stato formulato con altrettanto chiarezza. Con le parole esatte di un poeta, con l’immediatezza di una sacra rappresentazione, con la voce limpida di un profeta…
Alessandro Zaccuri (Prefazione al volume di David Maria Turoldo, Le stelle in cammino)