La vittoria più ancora della sconfitta rivela chi siamo. L’Italia sotto la pioggia dell’oro di Tokyo 2020 recupera autostima, si specchia orgogliosa nei suoi eroi olimpici. Ci voleva. Una domanda: siamo sicuri che la fibra spirituale dei campioni in cima al podio – che è poi quella popolare che sta garantendo la resurrezione di questo Paese dopo, anzi con un piede ancora nella pandemia – coincida con l’interpretazione che ne dà la classe intellettuale, proiettata come un sol uomo/donna ad abbracciare il pensiero unico progressista? No, c’è una differenza spaventosa.
Lo stesso gesto di gratitudine che ha condotto Gianluca Vialli dal quartiere ultra trendy di Chelsea-London ad inginocchiarsi nello scalcinato santuario della Madonna della Speranza a Grumello Cremonese dopo la vittoria agli Europei e a lotta contro il cancro in corso. Ecco la trascrizione del parlato del momento più intimo vissuto dalla famiglia Palmisano in festa a Mottola (Brindisi) (Tg1, ore 20.03). Giornalista: «Ieri la neocampionessa ha chiamato il padre per una richiesta speciale». Signor Palmisano, padre di Antonella: «Ha detto: papà vai alla chiesetta, vai alla Madonna delle Sette Lampade. Ci sono andato, ho acceso le sette lampade, Gesù ci ha fatto il miracolo» (si vedono le sette lampade accese, la luce rimbalza sul volto di quest’uomo, che apre fiducioso il suo cuore agli italiani). La giornalista commenta: «Rituali che portano fortuna, come i fiori che indossa a ogni gara, realizzati dalla mamma. Miracoli o scaramanzia, in una terra che fa incetta di medaglie».
Ma che roba è questa? Rituali della fortuna, scaramanzia? Ma chi sono costoro che si sono eletti interpreti autentici dell’amore del popolo per le proprie radici religiose. Nessuna protesta del Codacons, non pare che ci siano state proteste di massa. Abbiamo accettato che la linfa che attraversa le generazioni sia trattata come folklore superstizioso. Neppure si dà credito alla possibilità che ci sia amore autentico e non gesto propiziatorio dietro quell’omaggio alla Vergine. E che magari – ipotesi inverosimile, figuriamoci! – il quadro di quella giovinetta ebrea non sia davvero la madre di Dio che dà forma ai cuori, alla cultura, al modo di essere, persino alla storia grande e a quella piccola di una marciatrice pugliese. Niente. Riti scaramantici, talismani della fortuna, come le mutande, sempre quelle, indossate da Jacobs in tutte le gare importanti.
Il giorno precedente aveva vinto la medaglia d’oro, stessa specialità, 20 km di marcia, Massimo Stano, anch’egli pugliese, dal sorriso divorante di chi ha scalato montagne altissime guadagnandosi la vetta del mondo. C’è un particolare delle sue dichiarazioni che ha colpito tutti. «Mi sono fatto musulmano per potermi sposare con la donna che amo». Queste parole sono state accolte con rispetto. L’amore è un meraviglioso pass-partout. Lo ha fatto in totale libertà. Nessuno ha sollevato la questione se sia bello o no doversi liberamente, ci mancherebbe, non siamo in Pakistan, convertire per potersi sposare. Non si entra nell’intimità delle coscienze, alla condizione che si pratichi una religione che sa farsi rispettare e un tantino anche temere. Ha ceduto a un rituale propiziatorio? È stato un miracolo? Oppure una scaramanzia per vincere? Nessuno – e giustamente! – ha sollevato questi interrogativi con il glorioso neo-islamico Massimo. Queste domande sono lecite soltanto se una ragazza di nome Antonella chiede al padre di accendere le sette lampade al santuario della Madonna. In quel caso tirare in ballo la superstizione fa molto fino, ed è anche bello descrivere questi gesti con quel filo di lieve e sana ironia che distingue le classi superiori. Che ci porteranno alla rovina.