Il ricco e il povero. Un giorno venne al mondo un bambino povero: sua madre si chiamava Maria, discendente da nobile famiglia decaduta. Maria, il giorno in cui doveva partorire, si trovava in viaggio. Si chiusero loro in faccia tutte le porte; per loro non c’era posto da nessuna parte…
Davano fastidio: “Figurarsi, tutti hanno già trovato da sistemarsi. Avrebbero dovuto prevederlo, no? E poi avrebbero dovuto pensare a fare qualche economia! Del resto che cosa potremmo fare? Non pretenderanno che per loro abbandoniamo il nostro appartamento e andiamo a coricarci sulla paglia! Siamo nel nostro diritto, siamo persone oneste e tutto ciò che abbiamo è stato guadagnato onestamente! Del resto, essi troveranno certamente posto da qualcuno. In questo momento, anche noi abbiamo le nostre difficoltà… prima dobbiamo pensare a noi…”.
Così mentre le porte si chiudevano, e anche i cuori, per un attimo semiaperti, si serravano nella loro durezza iniziale, e tutto rientrava nell’ordine, pure per ordine – per ordine divino – il Figlio di Dio si coricava sulla paglia e nasceva in una stalla.
In quel giorno, il Figlio di Dio fece la sua prima esperienza umana del cuore del ricco. In quel giorno, assunse definitivamente la parte del povero entrando egli stesso nelle file dei poveri; quel giorno incominciò la maledizione dei ricchi.
Essi avevano scacciato Gesù Cristo, questo strano fanciullo che discende solo tra i poveri. E la maledizione continua…
Gesù Cristo vive nei suoi poveri e agonizza tutti i giorni, e muore nei suoi poveri… mentre i ricchi organizzano le loro feste e trovano tutto questo molto naturale. Essi fanno provviste, mangiano, bevono, si vestono e arredano la casa e a caro prezzo si divertono spendendo patrimoni; ballano e si mascherano perfino da sembrar poveri per divertirsi!
Ma nel giorno del giudizio, quando ogni uomo si troverà davanti a Dio con il solo bene e il male fatto, verrà chiesto se, nel corso della vita, si è servito Dio nei suoi poveri, nei suoi infelici.
«Fra di loro ci fu una discussione per sapere chi doveva essere considerato il più grande. Egli rispose loro: Fra i pagani, i re fanno sentire il loro imperio, e coloro che detengono il potere si fanno chiamare benefattori. Ma fra voi non sia mai così il più grande deve essere come il più piccino, e il capo come colui che serve. Infatti chi è il più grande? Chi si trova a tavola o colui che serve? Non è chi si trova a tavola? Ebbene, io, fra voi, sono come un domestico».
Quindi, il ricco non pretenda di essere il discepolo di Colui che, la vigilia della passione, cingendosi di un asciugatoio, lavò i piedi ai suoi apostoli e disse loro che nella sua Chiesa questo deve essere l’atteggiamento di colui al quale è conferita «l’autorità».
«Voi mi chiamate Signore e Maestro, e lo sono, in realtà. Ma ecco che io sono tra voi come un servitore».
Bisogna che il più capace sia il più povero; l’autorità non da diritto a nulla, se non a servire due volte.
Ma ciò che è più grave, è che l’amore per il denaro rischia di diventare una malattia incurabile: il ricco è sordo, muto e cieco. Mentre è ricco, tutto è in ordine; è il disordine, infatti, che lo rende povero. Ma quando si crede leso, il ricco protesta in nome della giustizia.
Sistemando se stesso, il ricco tradisce i suoi fratelli: rinuncia a camminare insieme con gli altri, all’aiuto vicendevole. Il ricco non può osservare il mondo con occhi fraterni… Il Cristo è venuto a salvare i poveri dalle mani del ricco.
Il ricco porta dovunque la divisione: attraverso la miseria e l’invidia…, soprattutto introducendo a poco a poco nel mondo l’ossessione del denaro; a causa sua, il denaro diventa la misura dell’uomo!
Egli si crede autorizzato a scialacquare denaro: non riesce a concepire di averlo ricevuto in delega, perché solo Dio ne è il proprietario.
In ciascuno di noi c’è un ricco insaziabile ed egoista, dal cuore duro, che va ridotto all’impotenza: conosciamo benissimo tutta la violenza dei suoi desideri.
E’ per questo che la Chiesa deve continuare a gridare l’anatema contro il ricco.
Essa deve predicare a tutti la povertà, al ricco come al povero…
Il ricco ambisce un ordine mondano che cristallizzi la sua preminenza; gli verrebbe perfino voglia di dire che. come fra gli angeli esistono le gerarchie, così devono esserci, su questa terra, i ricchi e i proletari; egli, nel suo intimo, è persuaso che la religione è fatta per ispirare il rispetto per la proprietà a coloro che non posseggono nulla.
Il ricco ha il terrore di essere privato dei suoi beni; perciò, in vista della difesa del suo denaro, non considera inutile di poter contare sulla religione e riesce a servirsi di tutto il repertorio virtuoso: «i valori spirituali», eccetera.
Ancora al ricco vanno attribuite le trovate dei compromessi sistematici fra politica e religione, «queste due forze della conservazione».
Ma non illudiamoci, questo ossequio interessato del ricco verso la Chiesa dura solo fino alla prima occasione in cui essa lo contraddirà o lo biasimerà. Basta che si verifichi qualche scontro e vedrete come il ricco parlerà subito di «tagliare i viveri» al clero o ai vescovi. e lo fa, in realtà, molte volte: «Perché essi non sono più delle nostre idee», si giustificano.
Non c’è nulla di più terribile dell’anticlericalismo del ricco benpensante. Nessuno dovrebbe secondo la mentalità del ricco, resistere al suo dominio, nemmeno Gesù Cristo.
Dicevo: il ricco si crede naturalmente cristiano perché è ricco. Infatti, almeno a una certa età, si ama l’ordine, si desidera essere in regola con la propria anima. Il ricco va alla Messa la domenica, e ogni tanto, compie qualche gesto generoso; forse farà celebrare delle messe… perché non è raro il caso che una certa inquietudine lo prenda al ricordo del suo passato: egli diventa pio per compensazione. Assume una condotta più regolata.
Ma non è Dio che gli parla, perché Dio parla al cuore dell’uomo e il ricco ha il cuore sbarrato. Dio non è un uomo d’affari; Dio non si compera, ma il ricco non se ne accorge; la peggiore maledizione che pende sul suo capo, è che si crede salvo, si crede fedele.
Il ricco ha invaso le navate delle chiese di Francia, dove il povero è tollerato solo in certe ore e a certe condizioni; ha accaparrato la cultura e, qualche volta, perfino i preti.
E è facile con questa mentalità, finire per credere che Dio è onorato di avere dei fedeli così distinti… che non tocchi a Lui di ringraziare?… ma Dio non ha che la sua grazia da offrire e questa nel ricco non si vede.
Il ricco si crede generoso ma non è mai accaduto che una sua donazione gli abbia fatto correre il rischio della povertà. La sua larghezza non lo ha mai privato di nulla; ha semplicemente accresciuto la sua vanità e la sua falsa sicurezza. Se almeno riuscisse a capire che quanto elargisce non è che una debole e parziale restituzione di ciò che ha tolto ai poveri di Gesù Cristo!
I ricchi fanno pensare a coloro che si sono imbarcati per primi su una nave carica…. hanno una paura tremenda che anche i poveri riescano a salire.
Vincenzo dei Paoli è corso in aiuto dei più bisognosi: la gente moriva di fame ed egli l’ha nutrita. Ma adesso, bisogna avere il coraggio di dirlo, la carità che copiasse quella di Vincenzo dei Paoli potrebbe nascondere la più sottile ipocrisia e tradirne lo spirito: la miseria oggi non ha più lo stesso volto. Possono anche esistere condizioni di vita meno insufficienti; ma si può soffrire di più perché si scoprono meglio le proprie aspirazioni profonde, insoddisfatte.
E’ nata l’idea di giustizia sociale: sindacati, assicurazioni, giusto salario… non basta più donare in modo paternalistico, parziale, sotto forma di opere buone, ciò che ai lavoratori spetta per giustizia. Per questo bisogna accettare di diventar poveri, accettare l’idea di uguaglianza, fondamentale per l’uomo. Se non si arriva a questo il problema operaio non sarà mai risolto.
Nessun diritto di proprietà giustifica certe discriminazioni, certe ineguaglianze scandalose, provocate spesso da disonestà iniziali.
Un cristiano non può ammettere certe differenze di alloggio e di nutrizione, lo sfruttamento dei ragazzi, dei lavoratori, degli anziani e lo sfruttamento della donna….
Ciò che è più offensivo per i poveri è il disprezzo ostentato dal ricco, la disistima, il suo atteggiamento di superiorità, come se il ricco fosse di un essenza superiore.
Esteriormente il povero si trova in condizioni difficili. Prima di tutto egli non sa difendersi perché non è colto, non è fine, non comprende nulla… i suoi difetti sono grossolani come il suo vestito e il suo modo di esprimersi. Non conosce la riconoscenza…. non sa fare economie, più gli si dà meno lavora….
Supponiamo che tutto ciò sia vero.
E’ il caso di meravigliarsi che ciò si verifichi nei figli di coloro che a causa di una intollerabile avidità per il denaro, sono stati talmente sfruttati, ai bei tempi del liberalismo, da non aver avuto più il tempo, non dico di essere cristiani ma di essere uomini?
Il ricco disprezza il povero solo perché gli rimprovera di non possedere più ciò che egli ha tolto. E’ il caso di disprezzare il ladro o il derubato? Il ricco ha tolto al povero il benessere, la proprietà, la cultura, la religione.
Gli ha rubato Dio.