L’Apocalisse è la rivelazione di Gesù Cristo. Non si tratta di un’opera catastrofica che annuncia la fine del mondo, ma di un luminoso libro di speranza e, insieme, un accorato appello all’impegno. Il suo autore, Giovanni, si rivolge ai cristiani del suo tempo, alla fine del I secolo d.C., e cerca di spiegare loro in cosa consista la redenzione operata dal Cristo e li invita con forza ad una vita che sia coerente con la fede da loro professata.
L’opera di Giovanni si presenta come una ben organizzata antologia di visioni, che potremmo definire “visioni teologiche del mondo”, giacché intendono comunicare un modo di vedere la vita e la storia. Tale comunicazione avviene attraverso i simboli, cioè realtà che rinviano ad altre realtà. Nell’Apocalisse i segni sono frutto di immaginazione, pensati ed organizzati con il preciso intento di esprimere il senso dell’universale storia della salvezza e della personale trasformazione del cristiano. Pochi sono i simboli naturali, perché quasi tutto il patrimonio letterario delle immagini è derivato dall’Antico Testamento e dalla cultura giudaica del I secolo; una corretta interpretazione dei simboli quindi richiede la conoscenza della cultura di origine.
Il simbolismo più tipico del genere apocalittico è quello della catastrofe, al punto da aver reso il termine “apocalisse” sinonimo di “grande disastro”. Le immagini di sconvolgimenti cosmici evocano il cambiamento radicale operato dall’intervento divino nella storia. Con tale linguaggio dunque non vengono minacciate né previste per il futuro terribili calamità naturali; ma, essendo segni, questi sconvolgimenti significano l’irruzione decisiva della salvezza nel mondo umano corrotto.
Gli elementi cosmici possono sembrare i segni più “naturali”; ma anch’essi sono spesso portatori di un significato radicato nella cultura dell’Antico Testamento. Il cielo rappresenta il mondo della trascendenza divina e ciò che avviene in cielo appartiene strettamente al progetto di Dio; la terra è il mondo proprio dell’uomo, mentre il mare conserva l’antica simbologia del caos primordiale ed evoca sempre il mondo demoniaco del male, per cui nella nuova realtà creata da Dio questo mare non c’è più. Le stelle stanno ad indicare le potenze angeliche, sia positive sia negative o, addirittura, il Cristo come stella del mattino.
Le figure angeliche nel genere apocalittico sono abbondantissime; in genere compaiono con forma umana ed indicano, in qualità di mediatori, il contatto di Dio con il mondo terreno. Anche le figure di animali simboleggiano realtà superiori all’uomo: emblema negativo di questo mondo sovrumano è il drago, il serpente antico e mostro caotico primordiale, a cui è contrapposto il grande simbolo dell’agnello che rappresenta Gesù Cristo, morto e risorto, vincitore del male, centro di tutto il messaggio dell’Apocalisse.
Tutta la persona dell’uomo e la sua vita compaiono come simboli: le parti del corpo sono ricordate con particolare frequenza; altrettanto importanti sono i simboli della voce, delle lacrime e, soprattutto, del sangue. Anche le posizioni del corpo, l’essere seduti e lo stare in piedi, comunicano simbolicamente una qualità della persona. I vestiti inoltre hanno un grande rilievo nella fantasia dell’autore per indicare la realtà di una persona come percepita dall’esterno.
Ma l’ambito simbolico più importante con riferimento alla vita umana è quello delle relazioni. Grande sviluppo trova la simbologia del potere con le figure dei re, principi e governatori, con le scene di organizzazioni militari e belliche, con le immagini di sconfitte e vittorie: dietro la potenza si nasconde spesso la prepotenza, l’atteggiamento superbo che oppone l’uomo a Dio e lo rende incapace di incontro ed accoglienza. Al contrario svolgono questo tema positivo le numerose immagini di intimità, segnate soprattutto dal banchetto, dal cenare insieme e dalla festa di nozze.
Anche le cose possono avere un valore simbolico. Alcune sono elementi fondamentali in tutta la trama simbolica dell’Apocalisse: il trono e il libro; sigilli, trombe e coppe. Ma ricorrenti con maggior frequenza sono i simboli preziosi del cristallo, delle gemme e delle perle: l’autore sembra particolarmente affascinato da questo mondo e vi fa spesso riferimento per comunicare un’impressione di bellezza e splendore nella descrizione del mondo divino, oppure per evocare l’opulenza del commercio mondano. Secondo il consueto linguaggio apocalittico, i materiali dicono la qualità degli oggetti stessi. Fra tutti l’oro è senza dubbio il più rilevante: proprio per la sua preziosità è il simbolo dell’appartenenza a Dio.
Anche le qualità cromatiche dei vari simboli assumono un ruolo molto importante nella comunicazione dei valori. Il colore dominante è il bianco, fondamentalmente positivo, legato al mondo della luce e della vita, in genere connesso con la risurrezione di Gesù Cristo; il rosso invece, colore del fuoco e del sangue, evoca piuttosto violenza e sfarzo; opposto al bianco, il nero è simbolo di negatività e di morte; il verde infine sta a significare, forse, la condizione effimera dell’erba o piuttosto il colorito verdastro dei cadaveri. Caratteristico del genere apocalittico è l’uso di nomi allusivi e simbolici, fra cui nell’opera di Giovanni emergono quelli delle due città, ovvero delle due donne, che occupano il grande finale dell’Apocalisse: Babilonia e Gerusalemme.
L’aritmetica apocalittica poi è una scienza autonoma, complessa e regolata. I numeri infatti non servono per indicare delle quantità, ma funzionano quasi da aggettivi per segnalare delle qualità. Il numero più importante nell’Apocalisse è senza dubbio il sette, adoperato per le realtà che si vogliono descrivere come perfette e complete; mentre la sua metà (tre e mezzo) è indizio di imperfezione ed incompletezza; il quattro è il segno tipico del cosmo e il dodici è strettamente legato alla simbologia delle tribù di Israele e al numero degli apostoli di Cristo, divenendo quindi la cifra storica dell’opera salvifica di Dio nell’antica e nella nuova alleanza.
La comunicazione attraverso i simboli richiede dunque una vivace collaborazione da parte del lettore/ascoltatore che si impegna in una continua operazione ermeneutica. Sebbene legato al movimento profetico, il genere apocalittico è anche erede delle scuole sapienziali e coltiva con passione il gusto per la ricerca, lo studio e l’interpretazione dei segni. Il simbolo apocalittico quindi non è un mezzo elementare di comunicazione, ma uno strumento dotto e impegnativo; è frutto di profonda riflessione e di attento cesello letterario e richiede dal lettore altrettanta profondità ed attenzione.
Ma il compito richiesto al lettore non è quello di trovare risposte predeterminate a una serie di domande enigmistiche, perché l’Apocalisse non è una raccolta di indovinelli! Decodificare i vari elementi simbolici significa comprenderne il valore attuale ed il messaggio per la concreta situazione della comunità che ascolta la Parola di Dio. Una volta compreso il simbolo non va sostituito con una formula concettuale o un’identificazione storica: deve rimanere tale, perché comunica solo come simbolo.