«L’unica cosa che dobbiamo fare è sintonizzarci con le scelte di Betlemme». La logica del cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro, è tanto semplice quanto stringente: «Quando ci si allontana da Gesù, ci si allontana dall’amore, finisce la civiltà dell’amore» e «diventa quasi impossibile parlare anche di pace»; invece davanti alla scena della Natività «bisogna fermarsi, riflettere e aprire il cuore alla grande lezione che è ancora attuale, che è ancora vera: la lezione di Betlemme». Mentre parla, il porporato — in una video-intervista rilasciata a Eugenio Bonanata per Vatican News — stringe tra le mani il libretto pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev) in occasione delle festività di fine anno La meraviglia del Natale. Il Signore ha reso pura la nostra carne (Città del Vaticano, 2019, pagine 78, euro 6,50), nel quale il curatore Lucio Coco ha riportato all’attenzione un’antica omelia di san Giovanni Crisostomo dedicata proprio alla nascita di Cristo. Il cardinale Comastri, che del libro ha scritto la prefazione, ne parla sottolineando il valore di questa iniziativa editoriale.
Il testo di Crisostomo — un’omelia pronunciata nel 386, quando era presbitero ad Antiochia, dodici anni prima di diventare patriarca di Costantinopoli — ha infatti, secondo l’arciprete di San Pietro, due grandi pregi: innanzitutto è una voce che giunge dalla Chiesa delle origini, una «testimonianza che la festa del Natale venne subito sentita come una festa di gioia, una festa di speranza, una festa di luce»; inoltre essa attesta «la convinzione che Gesù fosse nato proprio in dicembre, perché quello è il mese in cui venne diffuso l’editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutto l’Impero».
Ma il volume — inserito dalla Lev nella collana «Vita nello Spirito» che accompagna i lettori durante i principali tempi liturgici — offre anche lo spunto per alcune valutazioni sull’attualità del messaggio di Betlemme. Nella prefazione il porporato sottolinea come oggi sia in atto «una subdola operazione per trasformare il Natale in una festa senza il Bambino», e come addirittura in alcune scuole si rivisiti il Natale derubricando la storia vera della nascita di Gesù a una sorta di favoletta. Ma con quel Bambino, afferma, «è entrata nel mondo una luce che attraversa tutta la storia». Fior di pensatori, scrittori, storici e filosofi, hanno riconosciuto la portata rivoluzionaria di quell’evento che parla ancora all’uomo contemporaneo. E ricorda quanto disse Mario Pomilio: «Il Vangelo è sempre più giovane, sempre più ci accorgiamo che è la risposta ai problemi di oggi».
Comprendere Betlemme significa, innanzitutto, comprendere la «civiltà dell’amore». In tal senso il cardinale Comastri ricorda quanto Svetlana, la figlia di Stalin, diceva riguardo suo padre: «Aveva voltato le spalle a Gesù e al Vangelo. E quando è morto, l’ultimo sguardo che ha dato era in coerenza con la sua vita: uno sguardo di odio verso tutti quelli che gli stavano accanto». E aggiunge: «L’allontanamento dal Vangelo, l’allontanamento da Gesù fa esplodere violenza da tutte le parti».
Comprendere Betlemme vuol dire anche cogliere quella luce rivoluzionaria che il Signore ha gettato sulla figura della donna: «Non c’è dubbio — afferma il porporato — la decisione di Dio di coinvolgere una donna nel più grande mistero della storia, che è l’incarnazione del figlio di Dio, esalta la grandezza della donna». E cita — come ama spesso fare con spigolature dalla moderna cultura letteraria e filosofica — un pensiero di Jean-Paul Sartre: «Maria ha avuto nella storia una sorte straordinaria e vertiginosa. È l’unica donna che, stringendo al petto il suo figlio, gli può dire: “Dio mio”; ed è l’unica donna che, inginocchiandosi davanti a Dio, gli può dire: “Figlio mio”».
Comprendere Betlemme, continua l’arciprete di San Pietro, significa entrare davvero nel mistero dell’amore e capire, ad esempio, che la sessualità «deve essere il linguaggio fisico dell’amore» e che questo non deve avvilirsi, come invece la cultura secolarizzata propone, in un banale gioco di corpi.
Comprendere Betlemme, infine, significa abbracciare «la scelta della povertà», perché «non è la ricchezza che rende felici», e «la scelta dell’umiltà», perché «l’orgoglio è la radice di tutti i mali dell’umanità».