L’arcivescovo in preghiera a Trezzano sul Naviglio, Mediglia e Trezzano Rosa per chiedere a Dio di donare “l’acqua e il refrigerio alla terra assetata”
Il pellegrinaggio è iniziato davanti alla Madonna di san Carlo. All’inizio di un pomeriggio torrido, di quelli normali ormai, per la Bassa, monsignor Mario Delpini si è raccolto in preghiera di fronte alla Madonna del Luini. Esattamente come fece il Borromeo, in una sera di novembre del 1584, invocando la protezione della vergine non su di sé – San Carlo stava tornando febbricitante, in barca, dal Ticino – ma sugli abitanti di Trezzano sul Naviglio.
«Ho voluto fare questo pellegrinaggio in tempo di siccità – ha detto l’arcivescovo ai fedeli convenuti per recitare il Rosario – per condividere con voi la fede in Dio e nell’intercessione di Maria: dinnanzi alle difficoltà, memori dell’esempio di Cristo, non ci rivolgiamo al Signore perché vogliamo una vita più facile ma per continuare ad aver fede in Lui anche nei momenti più difficili».
Parole che ha ripetuto, una volta lasciata la chiesa di Sant’Ambrogio, anche a Mediglia, dove si è ripetuta la preghiera del Rosario, animata dai giovani del Grest nella chiesa di S.Martino Olearo, un pugno di case in mezzo ai campi di granoturco raggrinziti dall’aridità, e in quella della Beata Vergine del Rosario a Trezzano Rosa, una delle parrocchie di rito romano della diocesi ambrosiana. Centri rurali scelti personalmente da Delpini per varcare la siccità e il dolore dei coltivatori di riso, mais, soia… «Nel tempo della guerra, la preghiera. Nel tempo della pandemia, la preghiera. Nel tempo della siccità, la preghiera» aveva detto il presule, presentando l’iniziativa e specificandone il significato. Come ha ripetuto ieri, infatti, «preghiamo che la siccità non metta in difficoltà anche il rapporto con Dio».
Una catechesi non a caso. L’idea di pregare per la pioggia, infatti, desta sempre un po’ di curiosità, anche se non è una cosa nuova e neanche un’esclusiva cattolica, prova ne sia che anche l’Ucoii, l’unione delle comunità islamiche italiane, nei giorni scorsi ha invitato gli imam delle moschee italiane «a pregare e far pregare per la pioggia (…) come fece il messaggero di Allah». Ma la pratica ha anche radici precristiane e quando il cristianesimo si diffuse nel Mediterraneo trovò un cospicuo armamentario di riti da “convertire”. Ci provò Papa Liberio nel quarto secolo, ma ci vollero cent’anni e un concilio – quello di Orleans nel 511 – per arrivare alle rogazioni, che sono preghiere, processioni e atti di penitenza diretti a propiziare un buon raccolto, che solo tre secoli dopo si diffondevano in tutta Europa. Nel Medioevo, da allora, molti vescovi ricorsero a una processione o un pellegrinaggio ‘ad petendam pluviam’ , ossia per invocare la pioggia. Il pellegrinaggio dell’arcivescovo di Milano si inserisce dunque in una tradizione molto antica, suggellata anche da una famosa preghiera composta per ottenere il dono della pioggia da S.Paolo VI nel 1976, durante un grave periodo di siccità. Il parroco di Trezzano Rosa l’ha letta al termine del Rosario che ha concluso la visita dell’arcivescovo.
L’idea di pregare per ottenere un fenomeno naturale, come ha commentato lui stesso, «è una immagine infantile di Dio, che non è un “mago” che risolve i problemi ma un padre che abbraccia i figli». Pregare nelle difficoltà significa essere solidali con chi ha un problema e conduce alla conversione: «Non sono un esperto di cambiamento climatico – ha detto Delpini – ma è evidente che dobbiamo adottare stili di vita più sobri». Quindi, pur precisando di non voler fare alcuna denuncia in questa fase critica, l’Arcivescovo ha ricordato anche che «in tutte le crisi c’è chi guadagna dalla sofferenza altrui, compra campi e cascine, diventa ancora più ricco. Ci sono sempre gli squali che si approfittano dei poveri e noi preghiamo allora perché trionfi la solidarietà tra coloro che si trovano nella prova».
I tre momenti di preghiera, dedicati alla Vergine, hanno visto una grande partecipazione di fedeli, agricoltori e non solo. Delpini ha voluto iniziare di fronte alla Madonna della Bassa, che il suo predecessore, il cardinale Schuster proclamò patrona nel 1954, erigendo la chiesetta a santuario e invitando a onorare l’affresco del Luini come effige miracolosa. Sulle orme del Borromeo, che aveva legato quattro secoli prima questa Vergine alla difesa del mondo rurale, l’Arcivescovo ha scelto di «percorrere le terre del riso e del grano, le terre dei fossi e dei campi perché la provvidenza di Dio venga in aiuto alla nostra debolezza»,
invocando una fede sapiente nel Padre nostro che ci assicura «il nostro pane quotidiano». Come prima di lui Montini aveva sottolineato il ruolo dell’uomo nel collaborare al Creato – definendo la pioggia, pure invocata per le campagne assetate del ‘76, come «il segno della Tua grazia e benedizione» -, oggi Delpini ha insistito in tutte le tappe del suo pellegrinaggio affinché la carenza idrica ci insegni d’ora innanzi a risparmiare questa risorsa e ad avere stili di vita meno predatori nei confronti della Terra. Un atteggiamento di responsabilità che completa e spiega l’approccio cristiano al segno di grazia che viene richiesto al Signore: «noi oggi condividiamo – ha detto – la fiducia in Dio, ma una fiducia costruita sulla Rivelazione e non semplicemente quella che Lui esaudisca i nostri desideri. Questo è il senso della nostra preghiera in tempo di siccità».