«SENZA LA CARNE DI CRISTO NON C’È CHIESA»

Articoli home page

Emozionato. Non poteva essere diversamente. Un’ora e due minuti di intervista in diretta, la prima volta nella storia, sulla Tv di Stato italiana. Fabio Fazio tocca tutti i temi salienti del Pontificato di Francesco e si lancia anche in qualche domanda privata. Francesco non si nega e risponde su tutto. Collegato da Santa Marta, mentre per altre intervista aveva registrato, Bergoglio parla di guerra, di migranti, di povertà e ambiente, di aggressività, di male e perdono, di fratellanza e clericalismo. «Non sono un campione di peso, sopporto come la maggioranza della gente, sono le persone che sopportano il loro dolore», risponde a Fazio che lo interpella su come sia possibile sopportare tutto il dolore che ha incontrato e che incontra. E parla della «cultura dell’indifferenza» che fa mettere sempre al primo posto la guerra e dopo le persone, «è duro, ma è la verità». Le guerre «producono i bambini che muoiono di freddo, gli Alan Kurdi morti sulle spiagge. Guerre ideologiche, di potere commerciale, culturale» Il giudizio è netto: «la guerra è un controsenso dell’incarnazione. C’è la creazione e poi la guerra che è distruzione, ed è un “antisenso” della creazione».

E sui migranti, che «per arrivare al mare soffrono tanto», dice chiaramente che «quello che si fa con loro è criminale».

Nell’intervista a Fazio, il Pontefice riassume il suo magistero e ripete i punti chiave. Sui migranti torna a dire che «ogni Paese deve dire quanti migranti può accogliere. È un problema di politica interna e deve essere pensato bene. E gli altri? C’è l’Unione europea» e deve esserci una «politica continentale». Sapendo che «il migrante sempre va accolto, va accompagnato, va promosso e va integrato. Ci sono Paesi che con il calo demografico che vivono hanno bisogno di gente e un migrante integrato aiuta quel Paese. Dobbiamo pensare intelligentemente alla politica migratoria».

Invece c’è una psicologia dell’indifferenza come accadde anche nella parabola del Buon Samaritano. Gli altri passano, sono anche delle brave persone, ma non si fermano, non toccano. Lo straniero, invece, il Samaritano «vede, si ferma, tocca e si prende il carico. Ci manca il toccare. Il toccare ci porta l’eroicità. Penso ai medici: hanno toccato il male e sono rimasti lì ad aiutare. Il tatto è il senso più pieno, quello che ci mette la realtà nel cuore». Ed è per questo che «se guardiamo senza toccare con mano il dolore della gente, mai possiamo trovare una soluzione».

E ancora tocca i temi ambientali, la deforestazione dell’Amazzonia che significa «meno ossigeno, cambio climatico, morti per la biodiversità, significa uccidere la madre terra e non avere quel rapporto che hanno i popoli indigeni». Il Papa cita Roberto Carlos e la sua canzone in cui il bambino chiede perché il fiume non canta più. «Non canta più perché lo abbiamo finito noi». Parla degli oceani soffocati e di quanto sia «criminale buttare la plastica in mare».

E dà modo a Fazio di andare sul privato e sulla sua passione per i dischi e il tango che ha ballato da giovane («un porteño  – abitante di Buenos aires, ndr – che non balla il tango non è un porteño», risponde Francesco). Il Papa spiega che, quando è stato fotografato all’uscita di un negozio di dischi a Roma, in realtà, era andato a benedire il locale di questi amici che era stato rinnovato, non a fare acquisti. Pensava di non essere visto perché era sera e invece «c’era un giornalista che aspettava un amico per prendere un taxi» e così la notizia ha fatto il giro del mondo. Amici che papa Francesco ha conservato, «perché ne ho bisogno, sono pochi, ma buoni», commenta. E spiega ancor auna volta che non è andato a vivere nel palazzo apostolico proprio per non essere solo. «Gli altri Papi erano santi e ce l’hanno fatta, io non avevo le forze, avevo bisogno degli amici».

Poi torna a parlare die mali della società, dell’aggressività sociale, del bullismo e del crescente numero di suicidi giovanili. «Questa aggressività nostra va educata. Comincia con la lingua, il chiacchiericcio, nelle famiglie, nei quartieri e distrugge. Per non distruggerci no al chiacchiericcio. Dire le cose in faccia o stare zitti. Sembra dolce chiacchierare degli altri ma questo distrugge». E invita i genitori a stare accanto ai figli anche se sa che spesso non è possibile per i turni di lavoro. «A volte sento risposte dolorose di chi esce da casa mentre dormono e tornano che dormono, la società è crudele». Ma bisogna fare di tutto anche quando un figlio, soprattutto nell’età adolescenziale, scivola.

E ancora Fazio lo interpella sulla frase che più volte ha pronunciato: «Un uomo può guardare dall’alto in basso un altro uomo solo quando lo aiuta a rialzarsi». E il Papa parla dello sguardo dall’alto che, se non è per aiutare, diventa di dominio. «È storia di tutti i giorni le impiegate che devono pagare con il proprio corpo perché il capo le guarda dall’alto in basso per dominarle», uno sguardo che «non è mai lecito».

E tuttavia, nonostante tutto il male che si subisce o si fa non bisogna smettere di credere nella misericordia e nel perdono. Soprattutto quando sono gli altri a farci del male dobbiamo ricordare che il perdono è un diritto. «Essere perdonato», dice il Papa, «è un diritto umano tutti noi abbiamo il diritto di essere perdonati se chiediamo il perdono. Noi abbiamo dimenticato questo, che chi mi chiede il perdono ha il diritto di essere perdonato» E cita la parabola del Figliol prodigo che ha il diritto di essere perdonato ma non lo sa per questo è titubante a tornare».

Se c’è invece qualcosa che lo turba davvero è il male che colpisce gli innocenti, soprattutto i bambini. Il Papa la vede come una tentazione, perché non ha risposte. Continua a sottolineare che Dio è onnipotente nell’amore, ma poi che non sa trovare un perché a questo male. E allora è meglio non dialogare con il male. Sull’esempio di Gesù, alle tentazioni bisogna rispondere solo con la Parola di Dio o scacciare il demonio.  «Questo vale per tutte le tentazioni e anche questa del male dei bambini io trovo una sola soluzione: soffrire con loro».

Non si sottrae alle domande sulla fratellanza, ma soprattutto a quelle sul futuro della Chiesa. E torna a condannare «il clericalismo, la mondanità spirituale, male peggiore dei papi libertini dei secoli andati». Perchè «la mondanità spirituale fa crescere nella Chiesa il clericalismo e genera posizioni ideologiche rigide che prendono il posto del Vangelo».  Il clericalismo, dice «è una perversione della Chiesa. C’è questa rigidità e sotto ogni tipo di rigidità c’è putredine, sempre». Invece «bisogna rimettere al centro Cristo perché «senza la carne di Cristo non c’è chiesa, non c’è redenzione possibile. Solo nello scandalo della croce c’è il futuro della Chiesa».

Parla anche di se stesso, della sua vocazione a 19 anni, di quando, da bambino voleva fare il macellaio, «perché quando andavo con la nonna o la mamma al mercato vedevo che aveva un grembiule dove metteva i soldi», scherza, «da questo si capisce la mia radice genovese», e poi della passione per la chimica. Parla del suo voto di non vedere la tv se non per le cose davvero importanti e spiega che bisogna sempre conservare l’ironia perché «è una buona medicina». E infine chiede cento preghiere invece di cento lire, come nel film di De Sica. Fazio ringrazia «per essere salito sulla nostra barca» e saluta.