SAN GIUSEPPE, OPERATORE DI PACE

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Non c’è bisogno di ricordare quanto siano importanti per la Famiglia Paolina le motivazioni della nostra vita e missione, contenute nell’inno degli angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14). Tutti sappiamo con quale frequenza queste parole ci tornano nell’ insegnamento del Beato Giacomo Alberione. Quando le ribadiamo oggi, nel contesto della tragica situazione in Ucraina, barbaramente attaccata dalla Russia, acquistano un nuovo, fresco e concreto significato. La pace messianica, annunciata dagli angeli a Betlemme, che è sinonimo di pienezza della salvezza, ci chiama a fare la pace sulla terra, che Dio ha stabilito come ambiente per il nostro cammino verso la gloria del cielo. È la sua volontà che la pace regni sulla terra; questa era una delle intenzioni dell’incarnazione del Figlio di Dio.

Anche le persone erano coinvolte nella realizzazione del piano di Dio, con Maria e Giuseppe al primo posto. Fu alla loro cura che Dio affidò il Principe della Pace (Is 9,5), e fece delle intenzioni della sua incarnazione anche le loro intenzioni. Maria e Giuseppe divennero così i fiduciari del desiderio di Dio che il popolo da lui amato vivesse in pace. Hanno dovuto mettere in atto questa grande sfida in specifiche situazioni di vita, prendendo decisioni coraggiose e affrontando circostanze impreviste.

San Giuseppe, come operatore di pace, ci insegna a lasciare la nostra zona di comfort per essere a disposizione degli altri. Ricordiamo la difficile situazione in cui ha scoperto che Maria aspettava un bambino che non era suo. Sia nella sua decisione di congedare Maria con discrezione, sia poi nella sua accettazione del Figlio e nell’assunzione delle sue responsabilità di padre, Giuseppe dimostra la sua capacità di rinunciare alle proprie ragioni, alla propria visione della vita e alle proprie ambizioni, per il bene degli altri e per il più grande progetto divino che è stato invitato a realizzare.  La vera pace non è la mia “santa pace” ma una realtà che trascende ciò che è “mio” perché include gli altri, creando per loro uno spazio sicuro di vita riempito dalla mia presenza benevola.

Operatore di pace non solo crea uno spazio accogliente per la vita, ma la difende anche quando è minacciata. La missione di San Giuseppe non fu un idillio, ma una storia il cui dramma fu scritto anche dall’odio nato dalla gelosia degli altri. Il re Erode, che considerava il neonato Messia come suo rivale, arrivò a commettere un’atrocità che oggi si chiamerebbe un crimine contro l’umanità. L’assassinio degli innocenti a Betlemme doveva stroncare sul nascere qualsiasi minaccia al suo potere regale. Sulle spalle di Giuseppe poggiava il compito di difendere la vita di Gesù. Questa responsabilità fu adempiuta dallo sposo di Maria con la sua immediata fuga in Egitto e la sua costante cura della Famiglia sia in terra straniera che dopo il suo ritorno in Palestina.

L’evangelista Matteo, descrivendo il coinvolgimento di S. Giuseppe per proteggere la pace e la sicurezza della Sacra Famiglia non risparmia verbi: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode» (Mt 2,14-15). Per noi, è un promemoria che la vera pace ci richiede di essere proattivi.

È un tragico paradosso, causato dalla nostra natura umana peccaminosa, che dobbiamo combattere per la pace o lottare per difendere la pace. I soldati e i civili ucraini sono costretti a difendere il loro diritto alla pace opponendo resistenza armata agli invasori russi. Quale azione ci è richiesta per difendere la pace di Dio dentro e intorno a noi? Non è forse a volte la distruzione dell’odio dentro di noi, del risentimento verso gli altri, del disprezzo o dell’indifferenza? Che possiamo non solo essere commossi, ma anche ispirati dall’esempio di migliaia di persone di buona volontà che, nelle loro case, accolgono i rifugiati dalla guerra. Non dobbiamo essere solo consumatori di pace, ma guardiani attenti e attivi nel rispondere alle minacce alla pace e alle sfide che ne derivano.

La Chiesa ci insegna anche che: «La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita ad opera della giustizia» (Gaudium et spes, 78). Anche San Giuseppe, uomo giusto, attivo difensore della pace in tempi di pericolo e instancabile costruttore di pace nella vita quotidiana della Santa Famiglia di Nazareth, rientra pienamente in questa caratteristica della pace. Le relazioni con le persone care, la preghiera, il lavoro, l’essere disponibili ai bisogni degli altri, ecc. sono mezzi ordinari per creare, rafforzare e sviluppare la pace nelle nostre case, famiglie e comunità. La pace non è qualcosa che esiste nonostante noi o fuori di noi, ma deve essere alimentata e costruita con gli sforzi quotidiani di tutti.

San Giuseppe, a tutti noi e «alle nazioni ottieni una legislazione ispirata al Vangelo, lo spirito di carità cristiana, un ordinamento conforme a giustizia e pace» (Coroncina a San Giuseppe, 3).

 

Don Bogusław Zeman, paolino