Eccola qui la fragilità. La debolezza del prete, del Papa, del teologo che si scopre ogni giorno profondamente uomo. Ed immancabili le reazioni. Quelle di chi ha divinizzato il Pontefice (chiunque esso sia), quelle di chi lo ha reso un idolo o quelle di chi lo ha sempre disprezzato. A tutti loro rispondiamo “chapeau al Papa Emerito”.
Grazie per questa “rivoluzione di umanità” che ci regala chi sa riconoscere il timore della morte e il peso delle fragilità ma insieme confessa la fede nel Risorto che rialza e fa continuare il cammino. E grazie anche perché insegna a tutti noi cosa vuol dire accettare il “peso” della Misericordia. Si perché non è semplice lasciarsi amare e perdonare.
Anzi! Il cammino è lungo e parte dall’atto più difficile che non è riconoscere la caduta, ma ammettere che il fallimento può essere occasione per ripartire. E allora ancora una volta, come è avvenuto nella storia, Benedetto ci aiuta a capire Francesco. Come la contemplazione del Santo di Norcia è stata la base spirituale dalla quale è nata l’essenzialità evangelica del Poverello di Assisi, così lo sofferta confessione (insieme di peccato e di fede) del Papa emerito getta una luce matura e concreta sul magistero del “Papa delle periferie”.
E da qui anche noi, preti e popolo di Dio, impariamo un po’ di più cosa voglia dire “misericordia io voglio e non sacrificio”…ed è una medicina potente per guarire le ferita della nostra attualità