Innanzitutto viene rimarcato che per la Chiesa cattolica la forma più idonea a significare la fede nella Risurrezione della carne è, e rimane, la sepoltura del corpo del defunto; tuttavia in «assenza di motivazioni contrarie alla fede» e soltanto dopo la celebrazione delle esequie, non prima, viene permessa la scelta della cremazione accompagnandola «con apposite indicazioni liturgiche e pastorali, avendo particolare cura di evitare ogni forma di scandalo o di sincretismo religioso».
Il Decreto lo spiega chiaramente: «In nessun caso è consentito ai fedeli conservare le urne con le ceneri dei loro cari nelle private abitazioni o in altri luoghi che non siano il cimitero ed è quindi assolutamente vietato portare in chiesa l’urna con le ceneri in occasione delle Messe in suffragio del defunto anche laddove si tratti del trigesimo (cioè a 30 giorni dalla morte) o del primo anniversario».
Il Rito delle esequie fornisce ampie e specifiche indicazioni a tante nuove situazioni pastorali e in modo particolare per quanto riguarda la cremazione. Il Decreto vescovile di Locri-Gerace le condensa in pochi passaggi: mai deve essere messa in dubbio la fede nella risurrezione; celebrazione dei funerali prima dell’eventuale cremazione; urne cinerarie conservate in cimitero e in nessun caso portate in chiesa, né per i trigesimi né per gli anniversari del decesso. Solo in casi eccezionali, è possibile ricorrere alla celebrazione delle esequie in presenza dell’urna cineraria, ad esempio per quei defunti deceduti fuori diocesi e il cui corpo sia stato cremato per gravi motivi senza che prima abbiano avuto luogo i funerali cristiani. Tuttavia, qualsiasi caso diverso da quelli contemplati nel Decreto, vista la complessità della materia, sarà il vescovo assieme al sacerdote interessato a valutarlo e ad assumere la corretta decisione.