«Sono vicino con affetto alla moglie Maria e alla famiglia nel ricordare il Maestro Ennio Morricone: lo affido a Dio perché lo accolga nell’armonia celeste, forse assegnandoli l’incarico per qualche partitura da far eseguire ai cori angelici». È un tweet affettuoso quello con cui il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ricorda il grande compositore scomparso ieri, da lui frequentato negli ultimi anni.
Eminenza, come ha conosciuto Ennio Morricone?
La mia prima conoscenza indiretta di Morricone è stata, ovviamente, la sua musica. C’è un filo sonoro che ha accompagnato la maggior parte della mia vita, quante musiche di film ho ascoltato, da Per un pugno di dollari a Uccellacci e uccellini, C’era una volta il West, Mission. La prima volta che lo ascoltai dal vivo fu nel 2007 quando diresse la Filarmonica della Scala a Milano in un evento caritatevole per l’Associazione Don Giuseppe Zilli. Da lì ci siamo incontrati e sentiti più volte.
Avete anche collaborato in alcuni progetti culturali?
Il primo incontro significativo è stato l’11 novembre 2010. Io l’avevo invitato alla assemblea plenaria del Dicastero, in cui cardinali, vescovi, e intellettuali di tutto il mondo si confrontano. Nel dibattito da me moderato Morricone era in dialogo con Roland Joffé, il regista di Mission, sul tema della cultura della comunicazione e i nuovi linguaggi. Tenne un intervento libero sulle due strade che lui ha sempre cercato di seguire e che appartengono all’ascolto e alla visione. Aveva la capacità unica di creare una musica che faceva intuire l’immagine. Pensiamo a Mission: il suo motivo musicale è inesorabilmente necessario a quella figura di missionario. O a Totò in Uccellacci e uccellini che si muove in quel modo grazie alle note di Morricone.
I suoi incontri con il maestro hanno prodotto anche delle opere musicali?
Nel 2012 l’avevo candidato per il premio che il Pontificio Consiglio della Cultura assegnava nell’occasione di una grande fiera polacca di arte sacra a Kielce. Al posto di dirigere una sua opera già edita, Morricone mi scrisse: «Io vorrei invece eseguire una cantata composta per il nostro grande Karol Wojtyla dal titolo Tra cielo e terra, meditazione per il pontefice Giovanni Paolo II in quattro parti. Questo sarebbe un grande omaggio a un grande defunto Papa». Lo diresse in un auditorium immenso e stracolmo con una forza impressionante.
L’amore di Morricone per la musica sacra è un aspetto meno conosciuto…
Lui era molto innamorato di papa Francesco e compose una Missa Papae Francisci per il bicentenario della Compagnia di Gesù e la eseguì nella Chiesa del Gesù nel 2015. Il suo sogno era quello di dirigerla in San Pietro durante una celebrazione liturgica con il Papa. Un sogno poco praticabile anche perché la sua Messa era piuttosto lunga. Ci rimase male. Il suo desiderio era di comporre anche musica sacra. Comunque la sua missione fu quella di elevare lo spirito anche attraverso la musica dei film.
Morricone si confrontava con lei sui temi della fede?
Aveva una forte religiosità popolare con alcuni interrogativi. Lui dichiarava di essere cattolico senza esitazione. Aveva una fede molto profonda e convinta, anche con qualche domanda ingenua. Soprattutto mi consultava ultimamente sull’altra vita. L’ultimo incontro è stato quello del 15 aprile dell’anno scorso quando gli ho consegnato la Medaglia d’oro del Pontificato. Aveva voluto che gliela si consegnasse in chiesa, a sant’Agnese in Agone, durante l’esecuzione della Passione secondo Giovannidi Bach. Era molto emozionato. In quell’occasione mi disse: «Speriamo che non mi facciano grandi festeggiamenti per la mia morte». E infatti i funerali si terranno in forma privata.
Che uomo era il maestro Morricone?
Lui era un uomo estremamente semplice, anche nel parlare era essenziale, ma cercava il meglio, aveva il senso forte della bellezza. Il mio ricordo ultimo è la felicità e la commozione per avere ricevuto questa medaglia d’oro. Accanto a lui, la moglie Maria, una persona delicatissima cui Ennio Morricone era molto grato perché era il suo punto di riferimento. «L’unica persona che mi giudica in maniera corretta e di cui mi fido più dei critici è mia moglie, perché rappresenta il pubblico » mi diceva. A Maria faceva ascoltare le sue opere prima di tutti e lei giudicava anche con severità. È stata l’unico amore della sua vita e si vedeva quanto era delicata la tenerezza che li legava.
Eminenza, lei oggi gli augura di scrivere una partitura per gli angeli…
Il teologo Karl Barth diceva che secondo lui in Paradiso, quando gli angeli e i santi eseguono la liturgia celeste, suonano Bach. Poi vanno nelle loro stanze e ascoltano Mozart, e Dio si affaccia ad origliare. Idealmente mi auguro che, nelle loro stanze, i santi e gli angeli, oltre a Mozart oggi ascoltino Morricone.