«Sta in silenzio davanti al Signore e spera in lui» (Salmi 37, 7). Il silenzio è una forma di preghiera intima, nuda. Connaturata a ogni essere umano, conduce a una conoscenza interiore di Dio, esperienziale, mistica. Presente in tutte le tradizioni, è andata affievolendosi in ambito cattolico. Per questo da alcuni decenni, soprattutto tra i laici, si guarda all’Oriente per acquisire le tecniche che ne permettano la pratica. In realtà troviamo significativi riferimenti anche nella tradizione cristiana più antica, soprattutto nei padri greci, le cui opere costituiscono importanti fonti a cui poter attingere. La meditazione silenziosa, seppure abbia cominciato a diffondersi fra i credenti e a destare l’interesse di religiosi e religiose, rimane tuttavia ancora troppo ai margini della vita della Chiesa.
È giunto il momento invece di riportare il silenzio al centro della preghiera cristiana, come ha affermato in più occasioni lo stesso Papa Francesco. Il tempo urge, lo chiede. Possiamo intravedere anche in questa crisi dovuta alla pandemia che, suo malgrado, ha spalancato inauditi scenari di silenzio e solitudine, un segno che invita a fermarsi e che sarebbe auspicabile cogliere come opportunità per intraprendere percorsi interiori. Specialmente quando è in pericolo l’equilibrio psico-fisico, il silenzio diviene la risorsa imprevedibile capace di ridare centratura.
Non è dunque un problema di tecniche, che certo possono essere d’aiuto, bensì di resa, di cedimento al richiamo dello Spirito e lo Spirito oggi, come non mai, chiama al silenzio. Il silenzio custodisce la voce del Verbo. Porta incisa la misura dell’amore, sempre pronta a riemergere. Non possiamo avere amore per noi stessi e per gli altri, se la sua fiamma è spenta in noi. Solo la sosta silenziosa, che riporta verso il profondo, dove Cristo ha la sua grotta, può vivificarla. Il silenzio è una sospensione che fa percepire l’eterno nel tempo. Contatto con una pienezza che porta pace, conduce nella stasi. Rinvia al silenzio del Settimo giorno in cui Dio si ferma a contemplare la meraviglia della sua opera. È come la pausa da cui scaturisce il suono. Immersione estatica nella bellezza da cui l’opera creatrice continuamente riparte. Dimensione intima che preserva l’impronta indelebile dell’innocenza creaturale in cui non c’è rumore.
Il silenzio infatti non è assenza di suono, ma assenza di rumore. Immette nella vibrazione dell’atto creativo, ne riverbera la misura perfetta che non lascia accumuli né vuoti dietro di sé. Rende i sensi capaci di aprirsi al meraviglioso la cui traccia rimane sigillata nella memoria pronta a riaffiorare. Dona riposo, conduce dove la gravità del tempo rimane lontana, dove ogni forza contraria non ha accesso. Fa conoscere la beatitudine della leggerezza perché dov’è equilibrio non è peso.
Il silenzio immette nello stato di grazia, nel prima che ancora non conosce caduta. Stato permanente in cui la coscienza può sempre rientrare. Dischiude al mistero dell’Annunciazione: «Ti saluto piena di grazia!». Gabriele, l’Arcangelo il cui nome deriva dal termine ebraico gavur, forza, appare quando l’anima è fortificata nello Spirito, assunta in esso, resa stabile perché attratta nell’orbita della grazia. L’Annunciata, colei che custodisce tutto nel suo cuore, diviene l’icona per eccellenza del silenzio. Rende visibile l’innocenza originaria assumendola consapevolmente. Maria sta sempre nel qui e ora. Più partecipa dello stato di grazia, più aderisce agli eventi, non fugge dal tempo, lo compie, lo porta a coincidere con il suo eschaton.
Il silenzio è conforme alla vita contemplativa. Richiede uno sguardo vuoto, capace (capax) della bellezza che irrompe e travalica. «Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta» (Luca 10, 42). Parole di Gesù che valorizzano l’anima contemplativa, la preservano dalle forze che la vorrebbero annientare. Tutelano quella parte recettiva dell’anima, aperta, femminile, sempre fecondata dallo Spirito e in lui perfettamente compenetrata con la parte maschile. Gesù esprime al massimo grado il paradosso della via mistico-contemplativa. Sempre al centro della contraddizione del tempo, sempre nel silenzio della pienezza eterna. Sempre in mezzo alle folle, sempre nella solitudine dei luoghi deserti in comunione col Padre. Il Verbo incarnato, mai eccessivo, mai manchevole, parla il silenzio. L’adesione costante alla misura dell’amore lo fa essere silenzio. Ogni parola, ogni sguardo, ogni gesto esprimono in lui l’insondabile silenzio della pienezza. Solo la vita contemplativa dà la giusta misura della vita incarnata. Il silenzio dunque orienta gli andamenti, ma se viene meno, il pericolo di una deriva verso il caos è grande. Quando il tempo manca di silenzio, perde la radice che gli dà la tenuta, rischia di deragliare. Il silenzio non è un optional, è connaturato alla vita come il respiro. Senza il silenzio si smarrisce la misura, si entra nel caos che è l’impero del rumore. Il disordine genera peso, spegne la vitalità, soffoca i carismi, conduce verso quello stato di cecità come di chi ha perso l’orientamento.
Oggi non solo il mondo religioso ha bisogno di riportare al centro dell’attenzione il silenzio, bensì l’intera umanità. L’ambito religioso sta al processo di evoluzione spirituale, come la legge sta all’amore. L’amore non elimina la legge, come l’esperienza dello Spirito non elimina la religione, bensì danno loro compimento. Tuttavia quando legge e religione diventano per qualcuno lettera morta, il silenzio ne conserva la chiave. Il silenzio è il registro che custodisce il mistero del Verbo, della parola creatrice. Invita ad andare dritti lì, dove il Verbo ha la sua sorgente perché solo il Verbo può compiere il miracolo di riaccendere la fiamma. Allora diviene un imperativo per tutti tornare al silenzio. E di fatto da diversi decenni molte persone, credenti o non credenti, stanno intraprendendo cammini di silenzio. Quando il silenzio chiama vuol dire che si è risvegliato in noi.
La ricerca di luoghi solitari e appartati è necessaria affinché il silenzio esteriore permetta al silenzio interiore di prendere campo, ma poi, più assume in sé, più la sua forza vibrante e penetrante fa emergere il rumore che ci abita. Il silenzio fa da specchio alla verità. Pensieri, preoccupazioni, ansie, paure, vengono allo scoperto, ma l’abbraccio del silenzio ci permette di restare lì, nella resa, nell’abbandono. Tutto quello che dentro più duole e più pesa, si lascia consumare in quel lavorìo alchemico che opera lo Spirito sciogliendo e ritessendo e che è al di là del bene e del male perché accolto dentro la sua luce vivificante. Il silenzio è la corsia preferenziale attraverso cui l’azione purificatrice dello Spirito Santo si accelera liberando dalle catene che opprimono. Permette all’amore di amare in noi quanto a noi più fa paura, rifiutiamo e che spesso proiettiamo sugli altri.
di Antonella Lumini