Intervista all’arcivescovo argentino Victor Manuel Fernandez, appena nominato da Papa Francesco prefetto del dicastero per la Dottrina della fede, primo latino-americano a ricoprire il ruolo che fu di Ratzinger
Bisogna garantire maggior “potere” alle donne nella Chiesa. Parola del nuovo prefetto del dicastero vaticano per la Dottrina della fede, l’ex Santo Uffizio, l’argentino Victor Manuel Fernandez, soprannominato “Tucho” dagli amici. Primo latino-americano a ricoprire il ruolo che è stato di Joseph Ratzinger, teologo attento all’esegesi biblica, una lunga esperienza da parroco, l’arcivescovo, che entrerà in carica a metà settembre, non si nasconde, in questa intervista a Repubblica, che avrà nemici che tenteranno di fargli “male con qualsiasi mezzo”, ma rifiuta l’etichetta di “progressista” e spiega che la dottrina “non va curata tanto controllando, sanzionando, proibendo”, ma tramite il “dialogo”. Monsignor Fernandez assicura attenzione e aiuto ai propri collaboratori che gestiscono i casi di abuso sessuale, un problema che, sottolinea, investe “la credibilità della Chiesa”. Spiega che è sbagliato trasformare la morale sessuale cattolica “in mere probizioni”. E non esclude la possibilità di rivedere il divieto di benedire le coppie omosessuali sancito in passato dallo stesso dicastero che egli ora è chiamato a far evolvere.
Eccellenza, nella lettera che accompagna la sua nomina, il papa ha scritto che il dicastero che lei presiederà “in altre epoche arrivò a utilizzare metodi immorali”, e che egli, ora, si attende da lei “qualcosa di molto differente”: a quali metodi fa riferimento il Papa? In futuro gli “errori dottrinali” non verranno più corretti?
Il significato più profondo di queste parole non è quello di fare un commento storico. E’ chiaro che oggi il Vaticano non si comporterebbe come ai tempi dell’inquisizione. Ciò a cui Francesco accenna vuole esprimere che la dottrina non va curata tanto controllando, sanzionando, proibendo, ma soprattutto facendo crescere la nostra comprensione di essa, approfondendola, facendo affiorare tutta la sua ricchezza nello studio e nel dialogo tra teologi, ma anche in dialogo con il mondo attuale.
Come reagisce quando la dipingono come “progressista”? Lei come si presenterebbe?
Sia il Papa che io non ci sentiamo rappresentati dalla parola “progressisti” perché tende ad avere una sfumatura di superficialità, di ricerca ossessiva del cambiamento, di disprezzo per la ricchezza che la storia ci lascia, di passione per le novità come se il nuovo fosse sempre migliore del vecchio. Tra Hitler e san Francesco io preferisco san Francesco sebbene sia del Medioevo. Ad ogni modo, quello che mi interessa è che la teologia sia significativa, che parli all’uomo di oggi, che possa essere compresa e assunta come luce per la propria esistenza. E questo implica essere capaci di approfondirla in dialogo con ciò che accade alle persone oggi, ma anche la flessibilità di trovare linguaggi che esprimano meglio la verità in questo specifico contesto.
Su Facebook ha scritto di essere consapevole che avrà “molti contro: ci sono persone che preferiscono un modo di pensare più rigido, strutturato, in guerra con il mondo”: chi sono? Dove sono? Come li affronterà?
Guardi, amo la varietà, la ricchezza, i contributi che arrivano da ogni parte. Ad esempio, io non celebro la messa nella sua forma tradizionale, penso che la maggior parte delle persone oggi non ne sia attratta, ma mi piace vederla e non mi dà fastidio che a qualcuno piaccia. Inoltre, nella mia arcidiocesi ho creato una parrocchia personale affinché i tradizionalisti avessero un parroco che si prendesse cura di loro. Però non accetto che mi condannino perché celebro la messa in spagnolo. Il problema sono le persone che vogliono imporre un modo unico di fare teologia, un modo unico di esprimere il pensiero cristiano, uno stile unico, e non accettano accenti o preoccupazioni diverse. Ovviamente chi è così non potrà tollerarmi ed è possibile che qualcuno tenti di farmi del male con qualsiasi mezzo. Ma ogni giorno io ripeto molte volte al giorno questa preghiera: “Proteggimi, Signore, in te mi rifugio. Confido in te, non rimarrò deluso”. Vorrei pronunciare queste parole per proteggermi dai furiosi anti-cattolici, e mi dispiace doverle dire per proteggermi dai miei propri fratelli nella fede.
Crede che in futuro si potrà rivedere il “responsum” dell’allora congregazione per la Dottrina della fede che ha vietato la possibilità di benedire (non: unire in matrimonio) le coppie di fedeli omosessuali?
Credo che rimanga sempre aperta la possibilità di precisarlo, arricchirlo, migliorarlo, e magari lasciarlo illuminare meglio dagli insegnamenti di Francesco.
Ha raccontato di avere inizialmente rifiutato la nomina perché non si sente “preparato o qualificato” per affrontare il problema degli abusi sui minori, e che ha accettato, alla fine, perché il Papa le ha spiegato che della questione si occupa una sezione “abbastanza autonoma”: eppure la sezione ricade comunque sotto la sua responsabilità e quella degli abusi è una crisi epocale per la Chiesa: come pensa di affrontare il tema? O la sezione disciplinare diventerà totalmente autonoma dal resto del dicastero?
Questa sezione ha eccellenti esperti. Alcuni li conosco e li stimo molto. Credo che non abbia senso per me far perdere loro tempo con le mie opinioni. Proprio per l’importanza che questa questione ha oggi per la credibilità della Chiesa, credo che la cosa migliore che io possa fare sia lasciarli liberi di lavorare. Ciò non significa che io li dimentichi o li abbandoni. Darò loro l’aiuto che chiedono e sarò attento alle loro necessità. Ma orienterò il mio tempo e i miei sforzi a ciò per cui mi sento sicuro e preparato, ossia la Teologia, la riflessione sulla fede, il dialogo tra fede e scienza, il rapporto tra Teologia, spiritualità e pastorale, lo sviluppo di una Teologia capace di ascoltare e illuminare il mondo.
Condivide la critica di chi, ad esempio in Germania, considera la morale sessuale cattolica un insieme di “no” lontano dalla realtà?
C’è sempre il rischio di trasformare la morale in mere probizioni e questo certamente non la renderà attraente o convincente. E’ sempre meglio mostrare prima la bellezza della proposta, l’obiettivo, l’ideale da realizzare, il banchetto che Dio ci serve.
Crede che in futuro si potrà ripensare il ruolo della donna nella Chiesa, e come? Con quali forme?
Certamente. Non ci servirà per questo concentrare la discussione sull’accesso delle donne all’ordine sacro. Sarebbe un impoverimento della proposta. Si tratta di approfondire e spiegare molto meglio il posto specifico delle donne, il loro contributo più proprio. Ma è vero che se questa riflessione non ha conseguenze pratiche, se non si pone la questione del potere nella Chiesa, se non è capace di concedere alle donne spazi dove possa incidere maggiormente, questa riflessione sarà sempre insoddisfacente.
All’assemblea sinodale sulla famiglia del 2015, papa Francesco ha notato che “quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di un altro continente”: come crede che si articolerà il rapporto tra il suo dicastero e le Chiese locali, tra il suo dicastero e il sinodo globale in corso? Dove finisce l’ascolto e inizia l’ortodossia?
E’ la questione dell’inculturazione, ed è uno dei temi più apprezzati da papa Francesco. Quando egli difende la spiritualità propria dei più poveri dell’America Latina, il loro modo di vivere la fede, mostra un modo concreto di applicare l’insegnamento sull’inculturazione del Vangelo, della fede, della spiritualità. Allo stesso tempo, Francisco ha un immenso rispetto per i diversi modi di essere cattolico che esistono nelle diverse parti del mondo e non vede di buon occhio ogni pretesa di uniformità. Sarebbe un tradimento dello Spirito Santo, la cui creatività è inesauribile, e che è capace di produrre in ogni luogo della terra un modo unico di incarnare il Vangelo.