Lo scorso anno molti si chiedevano il senso di proseguire la preparazione della prima Assemblea ecclesiale per l’America Latina e i Caraibi, mentre il mondo affrontava la crisi del Covid-19. L’impegno profuso per realizzarla è stato un esempio di chiesa viva e vicina al suo popolo in un tempo di grande dolore. In questi giorni tragici segnati dalla guerra in Ucraina, i riflettori sul sinodo sembrano perdere luminosità.
Quelli che vorrebbero in Europa declassarlo a causa della guerra, sono gli stessi che lo subiscono e lo concepiscono come un evento passeggero e non come processo calato nella realtà.
Il lavoro sinodale che si sta portando avanti nelle parrocchie e nelle diocesi, per non rimanere astratto, e troppo concentrato su se stesso, si deve aprire all’impegno assunto: comunione, partecipazione e missione. La comunione e la missione hanno bisogno della partecipazione per diventare concrete.
La gente comune è immediatamente disponibile a gesti di solidarietà nei confronti dei profughi e delle vittime. Tante persone influenti nell’ambito della cultura, arte, economia, finanza, sport, politica, prendono posizioni chiare ed inequivocabili contro l’invasione russa. Diviene importante per i cristiani una riflessione teologica su quanto accade. Il processo sinodale iniziato da poco è una risorsa in tal senso, se intercetta, soprattutto in Europa, le istanze di ascolto del popolo di Dio, di fronte al dolore della guerra, e per riuscire a comprendere meglio la nostra identità cristiana, una Chiesa che non separa dalla vita.
C’è un’unica storia. «Unico diventa il destino della umana società e senza diversificarsi più in tante storie separate» (Gaudium et spes 5). Oggi non è più possibile pensare a una «storia sacra» della Chiesa, «una storia di salvezza» che riguardi soltanto le Chiese, ma esiste un’unica storia dell’umanità, nella quale il cammino dei cristiani si intreccia con tanti altri cammini. La «storia della salvezza» si realizza nella «storia universale».
Teilhard de Chardin metteva in evidenza per noi cattolici nel secolo scorso: «il sospetto che la nostra religione renda i propri fedeli inumani. […] Li isola, invece di fonderli con la massa. Li disinteressa, invece di legarli al compito comune. […] Il mondo dice del cristiano: “a causa della sua religione, non crede allo sforzo umano. Il suo cuore non è più con noi. Il Cristianesimo genera disertori e traditori”» (L’ambiente divino). «Disertori e traditori» della umanità in Cristo, dell’amore e della libertà nella pace.
Il cammino tormentato per comprenderci seguaci di Cristo contro ogni guerra e violenza, è stato anche il nostro. Tuttora abbiamo il compito di confermare queste decisioni per offrire una testimonianza sempre più chiara. Anche negli atteggiamenti di vita dobbiamo esprimere l’essenziale del cristianesimo.
Il decreto conciliare sull’ecumenismo Unitatis redintegratio afferma un principio teologico fondamentale per il dialogo ecumenico, di rilevanza tale da diventare un cardine per la teologia in generale: la «gerarchia delle verità». Ordine e gerarchia non significano diversa importanza fra le verità di fede, non una piramide, ma semplicemente il legame più o meno prossimo con il fulcro della fede, costituito dalla Trinità e dal mistero di Cristo, incarnazione, morte, risurrezione, redenzione, chiesa e giudizio finale, cioè dalle verità centrali o kerygma.
Le altre Chiese avevano colto in modo diverso la «gerarchia delle verità», formulando nel 1952 il principio di Lund che è un principio operativo.
Esso si può riassumere in questa espressione, per offrire al mondo una testimonianza comune: il desiderio di unione è maggiore delle divisioni, e pertanto si è «convinti che dovremmo fare insieme tutto ciò che può essere fatto insieme e fare separatamente solo ciò che deve essere fatto separatamente». Manifestare insieme i valori del Regno: pace, solidarietà e giustizia, senza lasciarsi prendere da lentezza, incertezza ed indifferenza. Così si mette in evidenza che quando il popolo di Dio agisce insieme affiora l’autenticità dell’essere cristiani.
Se tutto questo ha valore nell’urgenza della guerra, deve però diventare un modo di vivere abituale di tutti i cristiani. Il principio di Lund è importante perché traduce in criterio operativo la comunanza di fede esistente fra le chiese, e invita fattivamente ad esprimere i caratteri di koinonia reale; inoltre, l’esperienza mostra che spesso alcune difficoltà, che alle menti sembrano insormontabili, si appianano nella comune azione, come afferma l’ecumenista Geoffrey Wainwright: «Solvitur ambulando», ossia talvolta procedendo insieme si trova la via di soluzione. La sinodalità è anche questo: camminare insieme ed «essere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza» (Gaudete et exultate 89).
Papa Francesco sostiene che «l’unità è superiore al conflitto». «E se in qualche caso nella nostra comunità abbiamo dubbi su che cosa si debba fare, “cerchiamo ciò che porta alla pace” (Rm 14,19)» (Gaudete et exultate 88). Il discernimento sinodale sta dando prova che non è «dall’alto», si muove liberamente, e mostra che «lo Spirito soffia dove vuole», e in poche settimane ha preso una nuova via dall’ascolto della gente che pone al centro la pace e la solidarietà.
«Non è facile costruire questa pace evangelica che non esclude nessuno, ma che integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate, quelli che chiedono attenzione, quelli che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri interessi. È duro e richiede una grande apertura della mente e del cuore, poiché non si tratta di “un consenso a tavolino o [di] un’effimera pace per una minoranza felice”, né di un progetto “di pochi indirizzato a pochi”. Nemmeno cerca di ignorare o dissimulare i conflitti, ma di “accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo”. Seminare pace intorno a noi, questo è santità». (Gaudete et exultate 89).
Offerti all’attenzione del popolo di Dio e letti nella loro completezza, il principio della gerarchia delle verità e quello di Lund possono richiamare, in chiave contemporanea, la sentenza patristica: «lex orandi – lex credendi – lex agendi o lex vivendi». L’antichissima provenienza di questo apoftegma ci aiuta a valorizzare la bontà del processo sinodale. Pregare insieme, credere insieme e vivere insieme: operatori di pace sempre, nella vita di tutti i giorni da oriente ad occidente.