La crisi attuale dai molteplici risvolti, proseguono i vescovi, rappresenta un giudizio ma anche una grande occasione che non ci si può permettere di sprecare. «Certo, essendo la situazione in evoluzione, non è possibile formulare programmi “ad ampio respiro” e indicare con precisione le cose da cambiare e quelle da assumere oggi e per l’immediato futuro». In questo tempo di pandemia, viene evidenziato nella scheda, «la Chiesa si è trovata a vivere un passaggio di grave difficoltà e insieme l’apertura di inattese possibilità», facendo emergere con più evidenza tutte le problematiche pastorali, teologiche e spirituali «con cui essa si confronta da decenni». Ecco allora una delle chiavi di lettura della pandemia: «Ripensare la pastorale e ad accelerare quel rinnovamento prospettato dal concilio e continuamente sollecitato da Papa Francesco, il quale ci dice, in molti modi, di ripensare le pratiche pastorali in nome di un cambiamento d’epoca che stiamo vivendo e nella direzione di una Chiesa “in uscita”».
Questa è dunque la strada da seguire, per annientare quel senso di smarrimento che ha portato, osservano i vescovi, a forme di “pseudoliturgia selvaggia” con sacerdoti che, nei social, hanno fatto «un uso improprio della liturgia o di alcuni aspetti cultuali». È anche vero però, rimarcano i presuli, che «nei giorni della pandemia si sono aperti nuovi spazi di celebrazione che potrebbero essere valorizzati» per rafforzare così il tessuto delle varie comunità ecclesiali. Doveroso quindi, si puntualizza nel documento, prendersi cura delle relazioni personali cercando i fedeli singolarmente, «con la discrezione necessaria, ma anche con la cordialità e l’interessamento sincero. Abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza delle relazioni all’interno, tra collaboratori, praticanti; abbiamo bisogno di creare in parrocchia un luogo dove sia bello trovarsi. Ai nostri presbiteri bisogna dire che è emersa in questo tempo una forte domanda di ascolto che va recepita». L’importanza dell’incontro, del legame: è qui che si piantano i semi fruttiferi per una nuova e più profonda umanità. «Se il vuoto di questi giorni ha fatto crescere in noi la nostalgia dell’amicizia, delle relazioni, perché non ci bastano le relazioni virtuali — aggiungono i presuli — allora chiediamo allo Spirito di farci tornare in comunità, non per riprendere il ritmo forsennato delle tante attività ma per curare meglio la qualità delle relazioni». In base a tali considerazioni presbiteri, religiosi e operatori pastorali vengono invitati «a superare le resistenze e ad “investire” su quello che lo Spirito in questo tempo dice alle nostre Chiese».