Quando il lettore proclama un brano della Scrittura, in un certo senso egli fa ‘risuscitare’ quella parola che nello scritto era come morta; con il suo ministero egli la rende viva e attuale.
1. Dalla paraliturgia e alla liturgia della Parola
Prima del concilio si erano introdotte le cosiddette ‘paraliturgie’: si trattava di celebrazioni il cui elemento centrale era la parola di Dio. In ambito catechistico vi erano le celebrazioni catechistiche, anch’esse imperniate sulla proclamazione della parola di Dio. Si trattava sempre di celebrazioni che non erano seguite immediatamente da un sacramento. Venivano così chiamate per distinguerle dalla vera celebrazione liturgica.
Ben presto dopo il concilio questa terminologia venne a cadere e s’incominciò a parlare semplicemente di ‘liturgia della Parola’, un termine che compare sia come prima parte di una celebrazione sacramentale sia quando si tratta di una celebrazione non seguita da un rito sacramentale. Questo mutamento di vocabolario sta a indicare una diversa comprensione del fatto: si vuole dire che il rito della proclamazione della Parola ha in se stesso un valore liturgico, è un evento di salvezza in quanto stabilisce quel dialogo tra Dio e l’uomo che porta alla salvezza.
2. La Parola di Dio rivive nella celebrazione
Quando il lettore proclama un brano della Scrittura, in un certo senso egli fa ‘risuscitare’ quella parola che nello scritto era come morta; con il suo ministero egli la rende viva e attuale. Questo processo è così descritto nelle Premesse al Lezionario:
La parola di Dio vien pronunziata nella celebrazione liturgica non soltanto in un solo modo, né raggiunge con la medesima efficacia il cuore dei fedeli: sempre però nella sua parola è presente il Cristo, che attuando il suo mistero di salvezza, santifica gli uomini e rende al Padre un culto perfetto. Anzi, l’economia e il dono della salvezza, che la parola di Dio continuamente richiama e comunica, proprio nell’azione liturgica raggiunge la pienezza del suo significato; così la celebrazione liturgica diventa una continua, piena ed efficace proclamazione della parola di Dio. Pertanto la parola di Dio, costantemente annunziata nella liturgia, è sempre viva ed efficace per la potenza dello Spirito Santo, e manifesta quell’amore operante del Padre che giammai cessa di operare verso tutti gli uomini (OLM 4, in EV VIl/lOO4).
Prendendo in esame i corsivi, posti da noi nel testo, possiamo rilevare che in una liturgia della Parola:
– Cristo è presente nella sua Parola;
– la sua Parola è efficace;
– la sua Parola ‘richiama’, ‘manifesta’, ‘comunica’ e ‘attua’ il mistero della salvezza.
3. La proclamazione della Parola: un rito
La parola del Signore non risuona oggi nell’assemblea nella sua attualità fenomenologica, non c’è un Gesù in carne e ossa, reincarnato, che parla al suo popolo. Oggi noi abbiamo un rito, quello che viene detto ‘liturgia della Parola’, con ministri, gesti, un luogo, un libro. Non è una messinscena allo scopo di una maggiore incidenza comunicativa, ma un rito simbolico.
4. Un rito che attesta la presenza del Signore
Questo rito attua e rivela la presenza del Signore in mezzo ai suoi. Il concilio Vaticano II ci insegna che «Cristo è presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella chiesa si legge la Sacra Scrittura» (SC 7 in EV I/9). Egli è colui che par la e insieme colui di cui si parla. Tutto viene rapportato a lui:
La chiesa annunzia l’unico e identico mistero di Cristo ogni qual volta nella celebrazione liturgica proclama sia l’Antico che il Nuovo Testamento. Nell’ Antico Testamento è adombrato il Nuovo, e nel Nuovo si disvela l’Antico. Di tutta la Scrittura, come di tutta la celebrazione liturgica, Cristo è il centro e la pienezza: è quindi necessario che alle sorgenti della Scrittura attingano quanti cercano la salvezza e la vita (OLM 5, in EV VII/1005).
5. Un rito che attesta il dialogo tra Dio e l’uomo
In forza della reciproca presenza – di Cristo e di noi – si attua un reale dialogo con Dio. Infatti:
La proclamazione liturgica della parola di Dio… non è tanto un momento di meditazione e di catechesi, ma è il dialogo di Dio col suo popolo, dialogo in cui vengono proclamate le meraviglie della salvezza e continuamente riproposte le esigenze dell’Alleanza… Dio infatti, nel comunicare la sua Parola, attende la nostra risposta: risposta che Cristo ha già dato per noi con il suo’ Amen’ (cfr. 2 Cor 1,20-22), e che lo Spirito Santo fa risuonare in noi in modo che ciò che si è udito coinvolga profondamente la nostra vita (OLM 6, in EV VII/1006).
6. Un rito che ripresenta il mistero
Nel rito della proclamazione non si attualizza solo una presenza del Signore, ma, in qualche modo, vengono ripresentati i misteri oggetto della celebrazione. Molte omelie dei Padri: testimoniano che la proclamazione liturgica della Scrittura non si riduce a un puro raccontare, ma è orientata alla ripresentazione del mistero (1). Infatti:
la stessa celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente sulla parola di Dio e da essa prende forza, diventa un nuovo evento e arricchisce la parola stessa di una nuova efficace interpretazione (OLM 3, in EV VII/l003).
7. Un rito che opera la salvezza
Nel mondo biblico la parola è colta sempre come qualcosa che ‘racchiude potere’; non significa solo ma è, opera: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi tornano senza aver irrigato la terra, ma fecondano la terra e la fanno germogliare. . ., così è anche della parola; essa non torna a me, ma produce ciò che vuole e raggiunge tutto ciò per cui l’ho inviata» (Is 55,10; cfr. Sal 147,15-19).
Quello che è detto della parola di Dio nel contesto biblico, si può dire della proclamazione liturgica della Parola: essa è evento ed evento salvifico. Nel Rito degli esorcismi viene affermato che «la proclamazione del vangelo, è segno della presenza di Cristo» e che il Signore «mediante la proclamazione della sua parola nella chiesa, viene incontro alle sofferenze degli uomini» (n. 24, in EV XVII/1659), cioè opera la liberazione da Satana.
8. Un rito con valore ‘sacramentale’
Così intesa possiamo dire che la proclamazione della Parola nella sua forma rituale è un evento che attualizza il mistero di Cristo in ordine alla salvezza, ha una forma sacramentale (2); non è solo un messaggio con lo scopo di catechizzare, ma realizza un contatto vivo e personale con il Figlio di Dio, Parola incarnata.
1) Cfr. MASSIMO DI TORINO, Sermoni, Biblioteca Ambrosiana – Città nuova, Milano – Roma 1991, 454-456.
2) Cfr. A. MILANO, La Parola nell’Eucaristia. Un approccio storico teologico, Dehoniane, Roma 19905.
(in Rivista di Pastorale Liturgica, n. 250, p. 11)