La Chiesa sinodale italiana vive il passaggio dalla fase narrativa a quella sapienziale. In questo mese di luglio sarà reso pubblico lo strumento per raccordare il discernimento operativo locale con quello nazionale. La connessione sarà tra i referenti diocesani che si sono formati nei due anni della fase narrativa (l’ascolto e i cantieri di Betania), e il Comitato nazionale e i Vescovi. La Chiesa italiana chiede allo Spirito Santo il dono della «sapienza», che è la grazia di poter vedere ogni cosa con gli occhi di Dio.
CINQUE COSTELLAZIONI.
Qualche profeta di sventura aveva scommesso che il cielo della sinodalità sarebbe rimasto nel buio più completo. Invece tante piccole stelle si sono accese grazie alle narrazioni della vita del popolo di Dio, e quelle condivise e più luminose di altre hanno tracciato costellazioni.
Una costellazione è un gruppo di stelle che formano una linea o una figura immaginaria sulla sfera celeste. Convenzionalmente il cielo è diviso in 88 costellazioni, per mappare le stelle. Per secoli sono state un prezioso punto di riferimento per i navigatori e gli esploratori.
La Chiesa italiana nel cielo della sinodalità ha tracciato cinque costellazioni, che brillano del sensus fidei del popolo di Dio: «1. La missione secondo lo stile di prossimità; 2. I linguaggi, la cultura, la proposta cristiana; 3. La formazione alla fede e alla vita; 4. La corresponsabilità; 5. Le strutture». Forse in Italia si tratta della prima esperienza concreta in cui il dono della dignità battesimale partecipa attivamente alla definizione del cammino comunitario, un discernimento operativo per riuscire ad «individuare i passi da compiere, i ponti da costruire con pazienza» nelle acque agitate dell’umanità. L’esercizio della sinodalità di fatto è la cartina al tornasole della continuità tra identità cristiana e appartenenza ecclesiale. È una condivisione di responsabilità, una chiamata a non essere cristiani di facciata e di registro battesimale.
Questo coinvolgimento è evidente nella composizione del Comitato nazionale del sinodo. Sono state valorizzate le regioni ecclesiastiche, non solo come elemento amministrativo e legale per l’episcopato, ma come realtà comunitaria vissuta, raccordo e comunicazione fra le diocesi, fra le diocesi e le parrocchie e fra le parrocchie e le famiglie.
NORMALIZZARE O AFFRONTARE LA REALTÀ?
La tentazione di questa fase potrebbe essere quella di «normalizzare» e «tranquillizzare». Imbrigliare lo Spirito in documenti astratti, «sapienti», da chiudere in un cassetto, che semplificano, che non vogliono affrontare la complessità, il «casino», «el follón». C’è profezia nelle parole del Papa rivolte ai referenti diocesani del cammino sinodale, lo scorso 25 maggio: «Cari fratelli e sorelle, proseguiamo insieme questo percorso, con grande fiducia nell’opera che lo Spirito Santo va realizzando. È Lui il protagonista del processo sinodale, Lui, non noi! … È Lui soprattutto che crea l’armonia, la comunione nella Chiesa. … Quando sono entrato uno di voi mi ha detto un’espressione molto argentina [«aquí es un follón»], che non ripeto, ma ha una bella traduzione in italiano, che forse lui dirà [«è un casino»]… Una cosa che sembra disordinata… Pensate al processo degli Apostoli la mattina di Pentecoste: quella mattina era peggio! Disordine totale! E chi ha provocato quel “peggio” è lo Spirito: Lui è bravo a fare queste cose, il disordine, per smuovere… Ma lo stesso Spirito che ha provocato questo ha provocato l’armonia». La Chiesa guidata da Papa Francesco in ascolto dello Spirito Santo ci invita a cambiare ritmo, ad accordarci con nuove armonie.
Il cardinale Zuppi ha più volte affermato che la scelta sinodale è irreversibile, e siamo consapevoli che ci saranno turbolenze con annuvolamenti e tempeste. Non sempre si potrà guardare il cielo e sarà necessario riferirsi ai punti cardinali, che orientano nella giusta direzione anche quando il cielo è pieno di nuvole, nella consapevolezza che la Chiesa sinodale è la recezione della Chiesa conciliare.
UNA SCELTA IRREVERSIBILE
Facciamo nostre le parole di Benedetto XVI (Udienza generale, 10 ottobre 2012, A cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II e all’apertura dell’anno della fede): «Guardando in questa luce alla ricchezza contenuta nei documenti del Vaticano II, vorrei solo nominare le quattro Costituzioni, quasi i quattro punti cardinali della bussola capace di orientarci.
La Costituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium. …
E la Chiesa, corpo di Cristo e popolo pellegrinante nel tempo, … come esprime la Costituzione dogmatica Lumen gentium.
… La Costituzione sulla divina Rivelazione Dei Verbum: la Parola vivente di Dio convoca la Chiesa e la vivifica lungo tutto il suo cammino nella storia.
E il modo in cui la Chiesa porta al mondo intero la luce che ha ricevuto da Dio … tema di fondo della Costituzione pastorale Gaudium et spes».
LA TENTAZIONE DI INGABBIARE LO SPIRITO SANTO.
La tentazione di ingabbiare lo Spirito Santo, era già avvenuta in occasione del Concilio Vaticano II.
Gli accurati documenti preparatori mostravano l’atteggiamento dei pescatori che volevano gettare le reti vicino alla riva in acque tranquille, senza rischiare il mare aperto, mentre il mondo era in tempesta; apportando piccoli miglioramenti «cosmetici» con un linguaggio e con uno schema psicologico e mentale vecchio stampo nel pensarsi Chiesa. L’arrivo a Roma di un’onda di umanità, per la prima volta nella storia, proveniente da tutto il mondo, con domande vere, piene di speranza, e che chiedevano risposte reali per il bene del popolo di Dio, fece staccare le ancore delle false sicurezze. Da una situazione statica e consolidata, ci fu una presa di coscienza del dinamismo della vita umana, con l’apertura a molteplici relazioni. Chi ebbe il coraggio di addentrarsi in questo mare, spinto dal vento dello Spirito Santo, intraprese un lavoro straordinario, che ora la Chiesa sinodale porta avanti.
IN TUTTE LE EVOLUZIONI C’È UNA FASE CAOTICA.
In tutte le evoluzioni c’è una fase caotica, «un casino», che significa aprire il cuore ad elementi di imprevedibilità. Bisogna riconoscere le traiettorie senza meccanismi strategici e favorire intrecci dinamici fra il livello locale e quello nazionale in modo bidirezionale. L’unidirezionalità porta alla normalizzazione, a pretendere che tutto sia sotto controllo.
La relazione introduttiva alla 77a assemblea nazionale dei vescovi mostra le connessioni che si sono create, e la possibilità di individuare le giuste leve che consolidino un habitus sinodale, atto ad affrontare le domande difficili che stimolano la trasparenza, la fiducia, la reciprocità.
LA PRIMA DOMANDA DIFFICILE.
La prima domanda difficile che noi poniamo è cosa si ha intenzione di fare per coinvolgere con amore e pazienza quel terzo del popolo di Dio italiano (circa 80 diocesi) che non ha partecipato a questo evento dello Spirito, e il ruolo che in questo potrebbero avere le regioni ecclesiastiche. Solo facendosi domande difficili la Chiesa genera un sano processo di riforma. È importante continuare a fortificare questo cammino, come nuovo «sistema immunitario della Chiesa italiana», che ha scoperto proprietà che non sapeva di avere: eterogeneità, capacità di ascolto, prossimità verso tutti, volontà di fare chiarezza e difesa dei deboli. Questo esercizio aiuta ad essere sempre vigili, ad evitare le trappole del successo mondano, della grande eresia del contarsi, del raggiungere obiettivi da mostrare come trofei, dell’autocelebrazione, e soprattutto del nascondere le problematiche.
IL RUOLO DEI VESCOVI.
I vescovi italiani hanno compreso meglio il popolo che il Signore ha dato loro in custodia, finalmente sollevati dalla fatica di dover essere responsabili da soli del loro gregge. Sembra che si sia innescato in loro un cambio antropologico: come direbbe il Piccolo Principe, i nostri pastori non sono più soltanto dei geografi statici, immersi nei loro grandi registri, che ascoltano i resoconti dei viaggiatori, e segnano sulle carte le montagne, i fiumi e gli oceani delle loro diocesi. Insieme al popolo di Dio loro affidato, sono esploratori, scopritori di nuove esperienze e di sentieri aperti nella vita quotidiana per poter seguire con umiltà più da vicino Gesù, essere capaci di uscire dagli schemi con creatività per aiutare e guidare all’incontro con il Signore.
UN QUADRO PIENO DI SPERANZA.
È un quadro pieno di speranza. Ma ci sono ancora elementi da raccordare nel tempo. Ad esempio, guardando le fotografie dei tavoli dell’assemblea generale riunita lo scorso 25-26 maggio, abbiano notato nel tessuto pastorale composto da tutte le componenti del popolo di Dio, che quando l’ordito maschile è sacerdotale, la trama è una donna laica; quando la trama è una consacrata l’ordito è un laico. Sono pochissime le diocesi coraggiose che si sono affidate completamente ai laici. Si tratta di dare più fiducia alle famiglie, che sono la sorgente della Chiesa italiana alla quale ancora non si è attinto a piene mani.