Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi. Cosa significa? Si può intendere così: Natale con quelli con cui sei nato, i cosiddetti ‘tuoi’, Pasqua con quelli con i quali sei rinato, e dove e con chi sei rinato dipende dai casi della tua vita. Il Natale è dunque un ritorno, torni a casa, torni con i primi che hai conosciuto, nascendo. E tornando misuri quanto sei cambiato, in bene o in male. Il Natale è un riesame della vita. E della storia: misuri anche quanto son cambiati quelli tra cui vivi, ti domandi se li riconosci ancora, o non più. È un momento necessario, per ogni uomo e per ogni popolo. Un esame di coscienza.
Ogni volta che arriva Natale, e che ne parlo da qualche parte, mi torna in mente l’aneddoto del Manzoni che ci scrisse uno dei suoi ‘Inni sacri’. Probabilmente è un aneddoto di cui ho già parlato qui. Ma è imprescindibile, ci torno sopra, scusatemi. Manzoni sentiva che il Natale è la più importante delle feste cristiane, contiene tutte le altre, perciò voleva che il suo inno sacro dedicato al Natale fosse migliore degli altri, il più bello, ma non gli parve tale, ne rimase deluso, e ci scrisse sotto « Cecidère manus», mi son cadute le mani, non ce l’ho fatta. È possibile che anche sotto questo articolo io capisca di dover mettere «Cecidère manus». Se lo metterò, voi non lo vedrete, ma io sì.
Festa importante quant’altre mai nella cristianità, il Natale e è importante quant’altre mai nella nostra civiltà. Eppure veniamo da battaglie combattute di recente, e che lasciano sempre un segno: c’è stato chi voleva cancellare il Natale, non ricordare quel che ricorda, fare di quel giorno una tabula rasa, perché ormai in mezzo a noi ci sono tanti uomini che vengono da un’altra storia, in cui il Natale non c’è, e imbattersi nel Natale potrebbe turbarli, dunque abolendo il Natale faremmo verso di loro un atto di protezione, cioè di amore. In realtà, accogliere uno in casa vuol dire mettere a sua disposizione quel che in quella casa c’è, a partire dal cibo. Perché possa vivere e restare.
Erodoto parla di un popolo, gli Sciti, che per impedire ad altri popoli di entrargli in casa bruciava tutto, abitazioni e città. La Russia dello zar fece così con Napoleone. Noi faremmo così con quelli che arrivano qui se distruggessimo quello che abbiamo e quello che siamo. È bene che chi viene qui veda le nostre case e le nostre città che festeggiano il Natale, e, «se mai continga» (direbbe Dante, cioè avvenga) che vada a imparare nelle nostre scuole, legga il ‘Natale’ del Manzoni e ci ragioni sopra.
Il Natale è l’inizio della nostra storia. Da quel giorno contiamo gli anni. Se cancelliamo quella data, da dove partiamo? Ab urbe condita. dalla fondazione di Roma?
A ogni Natale ricordiamo il Natale precedente, e facciamo il paragone. Adesso abbiamo un problema nella nostra vita, un grave problema, e non riusciamo a liberarcene. Siamo sprofondati in una pandemia. Oggi i morti son più di ieri, ieri eran più dell’altro ieri. Un virus ci uccide. Ma c’è in mezzo a noi una parte della popolazione che sostiene una tesi paradossale, antisociale e antiscientifica: il virus non esiste. Eppure noi che leggiamo non leggiamo d’altro, dalla mattina alla sera. C’è dunque tra noi gente che non legge o non capisce e non ben agisce? Ecco, questo è il problema.