Il prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, monsignor Arthur Roche, è preoccupato per la prontezza con cui i nuovi sacerdoti, appena usciti dal seminario, si affrettano a celebrare con il messale romano del 1962.
Due anni fa, la Congregazione avrebbe avviato discussioni tra i suoi membri per discutere di questo problema. “Tutti erano del parere che la formazione nei seminari in generale e nella vita della Chiesa fosse del tutto insufficiente”, ha affermato il prefetto della liturgia.
È in questo contesto che si iscrive l’istruzione che i Vescovi diocesani devono consultare la Santa Sede prima di autorizzare i sacerdoti appena ordinati a celebrare secondo il messale in vigore prima della riforma liturgica. Questa esigenza è stata introdotta la scorsa estate dalla Traditionis Custodes, che ha fortemente limitato la celebrazione della liturgia tradizionale.
La Costituzione sulla Liturgia, magna charta della Congregazione per il Culto Divino
Mons. Roche ha sottolineato che vede il compito della sua Congregazione nel continuare ad attuare la costituzione sulla liturgia del Concilio Vaticano II, la Sacrosanctum Concilium. Questa costituzione è la magna charta della Congregazione per il Culto Divino.
L’obiettivo del Papa è assicurare l’unità nella Chiesa. Ciò comporta la fine dell’impressione di due chiese con due diverse liturgie. “Certo, papa Francesco, come i suoi predecessori, ha a cuore coloro per i quali è difficile”. Per questo esiste ancora la possibilità di utilizzare il messale del 1962. “Ma non è la norma. È semplicemente una concessione pastorale.”
Secondo The Tablet, l’intervista è stata condotta prima dell’annuncio del decreto con il quale il Papa autorizzava la Fraternità San Pietro a celebrare la liturgia tradizionale senza le restrizioni imposte dalla Traditionis Custodes.
Monsignor Roche, d’altra parte, ha sottolineato che la maggioranza dei vescovi sostiene la restrizione della vecchia Messa. L’inasprimento delle disposizioni del motu proprio, che la Congregazione aveva pubblicato a dicembre sotto forma di Responsa ad dubia – risposte alle domande – ha fatto seguito a domande concrete dei vescovi, ha poi spiegato.
Questa interessante intervista mostra ancora una volta – se fosse necessario – quanto il nuovo prefetto della Congregazione per il Culto Divino sia un acerrimo nemico della liturgia tradizionale. Ma rivela anche che il movimento che porta i sacerdoti di recente ordinazione a questa liturgia deve essere abbastanza forte perché la Santa Sede sia costretta a tali misure draconiane.