Una volta che è stato stabilito il quantitativo di tempo (un’ora o dieci minuti), i Padri insistono che quel tempo sia sempre nello stesso momento del giorno. È quell’ora lì, sono quei dieci minuti lì che costituiscono l’appuntamento a cui non si può mancare, perché esso deve diventare l’asse stabile nelle ventiquattro ore della giornata, in modo che prima di quel momento quasi inconsciamente si sia orientati a vivere quel tempo lì, e dopo quel tempo lì le altre cose si riempiano di luce. Un’altra indicazione pratica che danno i Padri antichi è che sia sempre nello stesso luogo.
Quindi: lo stesso quantitativo di tempo, nello stesso momento della giornata, nello stesso luogo. È una regola molto, molto semplice!
1 – Lectio
Che cosa fare in questo tempo?
L’ho già detto: si potrà scrivere il testo, si potrà tradurre il testo da una lingua ad un’altra, si potrà semplicemente fare l’analisi elementare del testo (grammaticale, logica eccetera), purché quei minuti siano spesi unicamente a cercare di capire il senso letterale del testo. A seconda poi delle capacità culturali, si potrà proseguire e dedicare questo tempo, ad esempio, all’analisi strutturale del testo stesso, oppure a sottoporre il testo a una lettura storico-critica, utilizzando gli strumenti e le tecniche che si possono avere a portata di mano. Tutto questo, sempre e unicamente, per capire il senso letterale del testo. Questa è lectio. Quando si parla di lectio, si parla di questo.
L’unica cosa da cercare è tentare di riuscire a capire che cosa dice il testo nella sua letteralità.
2 – Meditatio e Oratio
E il resto? Il resto non viene in questo momento qui. Il senso allegorico, cioè la comprensione di fede del testo, si aggiungerà come dono gratuito del cammino di fede.
Se si è credenti, se ci si accosta al testo da credenti, non magari in quel momento lì, in cui si fa propriamente la lectio, ma durante le altre ore della giornata, mentre si lavora, mentre si cammina, il Signore gratifica.
Egli gratifica con una specie di comprensione del testo, che nasce dalla possibilità di connettere il testo studiato, approfondito letteralmente, con memorie che emergono dall’interno.
Ho parlato di Amalek, ho parlato di Mosè che ha le mani aperte verso il cielo e ho detto che nella tradizione Amalek è il simbolo del male e Mosè è il simbolo di Cristo crocifisso che intercede per noi. Queste e simili cose emergeranno da sole come una sorta di rivivificazione di testi già presenti nell’esperienza di preghiera personale, di vita sacramentale liturgica o della conoscenza delle Scritture, ricevute in modi più o meno espliciti fin da bambini.
Queste cose emergeranno. Il testo letto con attenzione diventa, infatti, come una specie di torcia elettrica puntata nel buio che mette in luce delle cose che non si sapeva neppure di avere.
Quando arriva questo momento dell’ incontro si può parlare di meditatio ma il senso che ne viene fuori non è uguale per tutti, così come non è uguale per tutti il cammino di fede. Per qualcuno emerge un testo biblico, per qualcun altro un testo diverso, per un altro ancora emerge un’esperienza di preghiera liturgica o di carità profonda vissuta all’ interno della Chiesa. Illuminato dal testo, tutto ciò diventa come una esplosione, come un contatto tra due poli elettrici che sprizzano scintille.
Nasce così ciò che si chiama oratio.
Non è preghiera, ma una specie di illuminazione interiore, che mette a nudo la verità personale di ciascuno. Oppure, se la memoria è legata a un’esperienza della Chiesa, a un’esperienza della gente, nasce una illuminazione molto concreta: improvvisamente si scopre un peccato, oppure, al contrario, una via di uscita o di salvezza.
Quasi sempre questa oratio genera compunzione del cuore o anche impulso a dire: « Grazie » a Dio, ma anche a dire: « No », non posso avallare quello che si fa per risolvere i problemi della comunità, i problemi del mondo.
Si sente il bisogno di testimoniare che la Parola di Dio dice altro. Queste sono cose grosse e, naturalmente, queste cose diventano tanto più importanti quanto più colui che si lascia illuminare dalla Parola è in situazione di incidere sugli altri. Pensate ai pronunziamenti del cardinale Carlo Maria Martini: è uno che fa la lectio divina quotidianamente e alcune volte si vede benissimo che non può fare a meno di parlare e di dire: « No, la Parola di Dio non ci permette di dedurre queste conclusioni ». Ecco perché fare il cammino della lectio divina non significa estraniarsi dalla storia, ma significa sentire la responsabilità che nasce dalla Parola, di annunziare ciò che la Parola intende dire ai cristiani e al mondo.
3 – Contemplatio
Quando tutto questo diventa quotidianità, allora si raggiunge la cosiddetta contemplatio.
La contemplazione è uno stare continuamente con la Parola.
È ciò di cui si parla nel brano del vangelo, in cui Gesù racconta una parabola per indicare che bisogna pregare sempre, chiedere sempre e non stancarsi mai.
La preghiera continua è l’obiettivo della lectio divina.
Non significa fare preghiere continuamente, ma identificarsi con la Parola. Quanto più ti lasci illuminare dalla Parola, tanto più diventi luminoso di Parola. Perciò diventi un contemplativo; acquisti un occhio nuovo, capace di non fermarsi alla superficie dei fatti, alla superficie delle cose, ma di entrare nella profondità guardando tutto alla luce della Parola, senza lasciarsi fuorviare da interessi più o meno giustificabili, ma lasciando parlare unicamente, appunto, la Parola di Dio.
Abbiamo, dunque, riassumendo, la sequenza di quattro gradini: lectio, meditatio, oratio, contemplatio.
Questo è il cammino che fanno i monaci. Questo è il cammino che tentiamo di fare anche noi. Anche se può sembrare che si tratti di una scuola biblica; constatate, comunque, che si tratta di una lettura della Bibbia compiuta e completata da credenti. Spesso però noi facciamo anche una collatio.
Che cosa è una collatio? La collatio è la raccolta di tutto ciò che la lectio personale ha prodotto dentro di noi. Il sabato sera, ad esempio, noi monaci, monache e laici mettiamo in comune il frutto della lectio. Non ci raduniamo per un dibattito, non ci raduniamo per ascoltare una lezione di esegesi. Se a casa o in cella abbiamo fatto lectio è giusto che ne parliamo, è un dovere parlarne. Ma se non abbiamo fatto la lectio in precedenza è meglio semplicemente tacere e ascoltare. E ritorniamo all’ascolto. Ecco, tutto il cammino della lectio divina si può sintetizzare in una parola soltanto: « ascolto ». Ricorderete tutti la preghiera quotidiana di ogni pio ebreo: Shema` Israel, « Ascolta, Israele. Il Signore tuo Dio è uno solo. Il Signore è uno » (Dt 6,4).
(G. Innocenzo Gargano, L’incontro con il Vivente, Edizioni Paoline, 2004 Milano)