Allora, grazie a te, grazie a questa lettera di trascinarci nella spirale infinita della rivelazione del mistero di Dio e del suo disegno di salvezza.
La solennità con cui tu inizi la tua lettera ai Romani testimonia l’importanza che attribuisci alla comunità cristiana che vive nella capitale dell’impero. Hai talmente tante cose da dire a questi nuovi cristiani che questa lettera di circostanza è diventata un testo faro della nostra cultura occidentale.
È una chiave della conversione di Agostino d’lppona, è una chiave della riflessione teologica di Anselmo di Canterbury e di molti altri, è una chiave della riforma di Martin Lutero, è una chiave della riflessione del concilio Vaticano I e Vaticano II, è una chiave del movimento che è sfociato nella Traduzione Ecumenica della Bibbia, è una chiave della riflessione di alcuni pensatori contemporanei davanti alla modernità e alla globalizzazione.
Non c’è dubbio, la lettera ai Romani è un monumento, e un monumento immenso!
Allora, grazie a te, grazie a questa lettera di trascinarci nella spirale infinita della rivelazione del mistero di Dio e del suo disegno di salvezza, grazie a te di manifestarci con tanta forza e vigore come Cristo è venuto nel mondo prendendo la condizione degli uomini per compiere il disegno eterno dell’amore divino e aprire per noi la via della salvezza.
Veramente è giusto e buono rendere gloria e offrire il nostro rendimento di grazie al Padre Santo, Dio eterno e onnipotente per mezzo di Cristo!
Grazie a te, Paolo, perché ci dici con forza e bellezza che la condizione del battezzato è quella del figlio: «Tu sei il mio figlio diletto, in te mi compiaccio». Tu hai vissuto pienamente cosciente della condizione che era la tua. (Cfr Mt 3,17).
Che cos’è di più indicibile e di più sconcertante che vedere Dio che ci riconosce come figli suoi propri, cosa c’è di più rivoluzionario!
Tutti noi battezzati, non soltanto possiamo vivere un legame d’intimità totale con Dio, ma siamo anche, su questa terra i rappresentanti della sua autorità e gli ambasciatori della sua gloria.
Ma più ancora, grazie della distanza che tu hai saputo prendere in confronto ai tuoi limiti, alle tue prove, ai tuoi fallimenti. Chi di noi accetta di vantarsi dei suoi fallimenti, dei suoi insuccessi?
Per te sono altrettante occasioni di vantarti perché in essi vedi dispiegarsi la potenza di Dio.
Chi altro se non te ci indica anche con certezza come accettare di vivere nella nostra carne fragile e umiliata dalle prove e dal peccato?
Grazie a te perché ci dici la fierezza di essere apostolo e ci chiami all’obbedienza della fede, della vera fede, non della fede che dubita costantemente perché mette Dio a livello delle probabilità, ma una fede certa, libera e gioiosa, totalmente cosciente della vicinanza di Dio come Padre che ci perdona e ci libera con il dono del suo Spirito nel Cristo morto e risorto.
Con te Paolo, comprendiamo veramente che, rinnovati e trasformati dallo Spirito Santo, viviamo la vera libertà di Figli di Dio,
Grazie per la tua affermazione, chiara, netta e precisa del tuo esser giudeo, grazie della tua profonda conoscenza della tradizione dell’Antico Testamento.
Senza ricorrere all’Alleanza come potremmo comprendere quello che è il fondamento della vita sociale, morale e religiosa?
Come potremmo comprendere la singolarità dei legami che uniscono Dio all’umanità?
Come potremmo comprendere l’assoluta fedeltà di Dio: viviamo davvero con la coscienza che la sua chiamata e i suoi doni sono irrevocabili?
Il tuo giudaismo ci fa comprendere che siamo pagani, che a nessun titolo potremmo pretendere di accedere all’eredità e ai privilegi di Israele.
Siamo davvero salvati per grazia, siamo salvati fin da prima della creazione del mondo perché l’amore di Dio è totalmente generoso.
Nella totale gratuità riceviamo la molteplicità dei doni spirituali che servono a formare l’unico Corpo del Cristo.
Grazie perché ti presenti a noi con l’unica fierezza e l’unico titolo di gloria di annunciare il vangelo in un clima di disinteresse e di gratuità che riflette quello del Signore a tuo riguardo. Con te ci rendiamo ben conto che l’evangelizzazione non ha niente a che fare con un annuncio disincarnato.
Di fatto si ascolta di più e meglio un testimone che non un maestro! Per annunciare il vangelo tu ci mostri come bisogna in primo luogo viverlo in prima persona perché sia la vita stessa che ne parla. Ci dici come vivere sotto il triplice sguardo di Dio, dei fratelli credenti e delle persone del mondo. Ci inviti con forza a ricercare la pace con tutti, e non lasciarci vincere dal male ma a vincerlo con la pratica del bene.
Grazie dello sforzo fantastico e geniale che è stato il tuo pensare il passato, il presente e l’avvenire dell’umanità a partire dall’avvenimento centrale della morte e risurrezione del Cristo. Hai saputo liberarti dall’attaccamento alle tradizioni del passato senza farti schiavo di una razionalità pretenziosa, incapace di accettare ciò che le sfugge L’essenziale tu lo hai trovato nell’avvenimento della morte e risurrezione di Cristo e nella sua capacità di trasformare gli esseri umani. L’itinerario che ci inviti a percorrere è quello che va dalla fede all’amore, un itinerario che non può non aprirsi all’universalità.
Grazie perché ci ricordi con tanta insistenza di guardare verso la gloria futura. Dai così una nuova dimensione alle nostre esistenze. Le sofferenze che oggi sono le nostre, non sono proporzionate alla gloria futura, anche se le sono legate, la gloria che si manifesterà allora supererà infinitamente le sofferenze sopportate. La risurrezione sarà la manifestazione della realtà della nostra condizione di figli di Dio.
Nell’attesa tutta la creazione soffre e geme con noi ma questi gemiti e queste sofferenze sono paragonabili a quelli della donna che partorisce e sono dunque colmi di fede e di speranza, di quella fede e di quella speranza che permettono a Dio di agire nella vita di ciascuno e nell’universo creato. Si, grazie di indicarci che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.
Non può esserci sofferenza o dolore che siano semplicemente sterili se sono vissuti nella speranza e nell’attesa della piena redenzione e della gloria promessa. Senza questa certezza diventa impossibile camminare nell’esistenza con serenità. Siamo figli di Dio e non esseri anonimi ed estranei all’amore del Padre. In noi abita lo Spirito di Dio che viene in aiuto alla nostra debolezza, egli è la fonte dell’unica consolazione: non esiste nulla che possa capovolgere il disegno di Dio e vanificarlo. Nulla può separarci dall’amore che Dio ha per noi in Cristo Gesù.
Grazie a te, Paolo, per questa pietra preziosa che è la tua lettera ai cristiani di Roma. Ciascuna delle sue molteplici sfaccettature ci rimanda un fascio della luce increata. Quale non sarà la nostra sorpresa e la nostra pienezza nell’eternità quando tutti questi fasci di luce si combineranno insieme per permetterci di contemplare Dio Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo così come Egli è e come continuamente agisce nel nostro mondo per salvarlo.
Dom Giacomo Brière o.c.s.o.
Abate dell’Abbazia delle Tre Fontane, Roma