Non è la prima volta che papa Benedetto si trova al centro di un iconoclastico furore mediatico che, sorprendentemente, ha origine nel suo paese di provenienza, la Germania. Il primo violento attacco arrivò nel 1985 quando, su richiesta di san Giovanni Paolo II, la congregazione per la dottrina della fede, di cui Ratzinger era prefetto, pubblicò un testo piuttosto severo sulla teologia della liberazione. Ricordo che qualche tempo dopo io ero a Basilea per la riunione annuale dei responsabili nazionali della rivista Communio. In un intervallo dei lavori ci ritrovammo alcuni tra i più giovani presenti e finimmo per manifestare il nostro sconcerto per quanto accadeva. Dopo averci ascoltato il padre von Balthasar, richiamò l’ attenzione su di sé e disse in tono solenne: «Voi non capite. Si sta immolando per la Chiesa». Questo monito mi è rimasto impresso e mi è tornato ancora una volta in mente al leggere la lettera del papa emerito.
Il secondo violento attacco arrivò subito dopo l’ elezione a Pontefice. Giornalisti di tutto il mondo si mossero per dimostrare le possibili connessioni con il nazismo del pontefice appena eletto. Ovviamente non ne trovarono, tanto più che il papà del pontefice era un poliziotto antinazista ed era andato n pensione prima del tempo per non avere a che fare con le SS. Poi ci furono le dimissioni cui fecero seguito supposizioni di ogni genere. Anche in questo caso riporto un ricordo personale. Dopo alcuni mesi andai in visita presso il monastero Mater Ecclesiae. A conclusione dell’ incontro con il Papa emerito durante la quale fu più affabile del solito gli dissi: «Molti la considerano uno sconfitto dalla storia che vive in angoscia l’ ultimo periodo della sua vita. Io, invece, vedo qui un uomo pacificato e sereno». Mi rispose: «Cosa vuole. Ho sotto di me il cupolone e mi sento in comunione con la Chiesa universale. Ho qui i miei libri, i fedeli compagni di una vita. Il mio paradiso è già iniziato».
Gli attacchi, tuttavia, non erano finiti. Qualche anno fa, nel 2018, pubblicò un testo sul dialogo ebrei e cristiani. Ancora i tedeschi non persero l’ occasione: il papa emerito era d’ intralcio al dialogo ebrei-cristiani. In Italia una nota rivista cattolica da me consultata si rifiutò di pubblicare il testo. Decisi allora di pubblicarlo sotto forma di libro con la san Paolo. In breve alla presentazione dell’opera presso l’ università lateranense erano presenti il rabbino capo di Vienna che aveva preso le difese del papa nell’ area linguistica germanica, il rabbino di Roma Di Segni, il capo dell’ unione delle comunità ebraiche d’ Italia. E non mi risulta che alcuno di quelli che si erano scagliati contro papa Benedetto abbia mai chiesto scusa.
CHIEDIAMOCI PERCHÈ TANTO ASTIO CONTRO IL PAPA EMERITO
Da ultimo i casi di pedofilia nella diocesi di Monaco. E’ l’ attacco più atroce, anche quello più difficile da respingere per un uomo che sta per compiere 95 anni. Viene accusato di aver omesso di prendere provvedimenti contro dei sacerdoti accusati di pedofilia negli anni in cui fu arcivescovo di Monaco. Il fatto grave è che gli avvocati incaricati di svolgere le indagini si ergono anche a giudici e quando il papa tenta di difendersi gli danno del bugiardo. Per Ratzinger in questo caso parlano l’ impegno a combattere la pedofilia negli anni del suo pontificato, la commovente lettera inviata ai vescovi irlandesi con l’ invito a fare pulizia e a chiedere il perdono, i numerosi incontri con le vittime di abusi. Ricordo le parole di una vittima in occasione di un incontro con il papa. A chi gli chiedeva cosa gli aveva detto il pontefice rispose: “Niente. Abbiamo pianto insieme”. Quanto all’ accusa di bugia è la più assurda. Il suo moto episcopale era Collaboratori della verità e sia da cardinale che da pontefice ha sempre cercato di restare fedele a tale proposito Non a caso mons. Gaenswein ha intitolato un volume di recente pubblicato dalla Ares Testimoniare la verità , facendo evidentemente riferimento al papa emerito di cui è segretario.
La risposta più convincente l’ ha data papa Benedetto nella lettera resa nota ieri: “Nell’ intimo continua comunque a persistere la profonda appartenenza all’ arcidiocesi di Monaco”. In tutti questi attacchi papa Benedetto non si è mai tirato indietro. Vi ha messo la faccia e ancora una volta vale quanto disse von Balthasar: “Si sta immolando per la Chiesa”. Tutti concordiamo che da qualche tempo la Chiesa è in difficoltà. Papa Benedetto cominciò a lamentare quel che papa Francesco chiama la mentalità mondana molto presto da cardinale e da Papa. Questa sua affermazione ha dato molto fastidio sia ad alcuni chierici, sia a gruppi laicali che gravitano intorno alle istituzioni ecclesiastiche soprattutto in Germania e sono più clericali degli stessi chierici.
Insieme allo spirito di appartenenza va anche ricordato lo spirito di sacrificio. Un caro amico di papa Benedetto, Henri de Lubac, fu a lungo estromesso dall’ insegnamento. Negli anni in cui non poteva insegnare scrisse un’ opera, Meditazione sulla Chiesa, nella quale affermava: “Si può criticare la Chiesa, in qualche caso bisogna anche farlo. Lo si deve fare, tuttavia, con le lacrime agli occhi perché è la nostra madre”. Credo che quanti hanno accusato così alla leggera papa Benedetto dovrebbero meditare a lungo su questa affermazione.
Dopo aver confessato di provare il ribrezzo e l’ angoscia sperimentati da Gesù nell’ orto di Getsemani il Papa emerito ricorda di aver l’ animo lieto guardando al Padre che l’aspetta pronto ad accoglierlo. Anche in questo caso posso confermare che non si tratta solamente di una bella frase ad effetto, bensì di un sentimento vissuto. Ho avuto modo di visitare il Papa emerito il 28 giugno dello scorso anno, vigilia del settantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Restai colpito e soprattutto edificato dalla sua gioia che sembrava quella del primo giorno della sua ordinazione sacerdotale.Scriveva il cardinal Ratzinger nella sua autobiografia pubblicata dalla San Paolo: “Era una splendida giornata d’ estate, che resta indimenticabile…Un piccolo uccello, forse un’ allodola si levò dall’ altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso; per me fu come se una voce dall’ alto mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta”. Da quell’ incontro io uscii ricordando proprio questo testo che m sembra ancora pertinente.
Papa Benedetto guarda ormai agli eventi terreni con gli occhi rivolti verso l’ alto, verso la casa del Padre. La sua lettera è un testamento spirituale diretto, a mio avviso, soprattutto ai sacerdoti, ai tanti che son fedeli ed anche a quelli che hanno sbagliato. C’ è la colpa anche grandissima, ma c’ è anche il perdono, l’ annuncio d salvezza per tutti gli uomini portato da Gesù.