Che ruolo ha la Parola di Dio nella vita quotidiana? La ascoltiamo abbastanza? Ci lasciamo sollecitare da essa? È stato recentemente pubblicato il Motu Proprio “Aperuit illis”, con il quale papa Francesco ha istituito la Domenica della Parola. Un richiamo a mettere al centro della vita personale e comunitaria la Parola di Dio, che converte e orienta le scelte di vita. La prof.ssa Rosanna Virgili è biblista e scrittrice.
Papa Francesco con il Motu Proprio ha istituito la Domenica della Parola di Dio. Ogni domenica, durante la S. Messa si ascolta la Parola di Dio. Una domenica dedicata particolarmente alla Parola, ci ricorda forse che a volte siamo ascoltatori “smemorati”?
Certamente ma non solo. Da una statistica fatta qualche tempo fa risulta che all’uscita della Messa domenicale solo il 14% dei fedeli ricorda il contenuto delle letture appena ascoltate. Credo che questo basti per confermare il suo dubbio. Ma ci sono anche altre ragioni per cui i cattolici sono piuttosto digiuni della Parola di Dio: la mancanza di un rapporto diretto e condiviso con essa e del tempo necessario per riflettervi, meditare, capire. Non basta il quarto d’ora settimanale della liturgia della Parola ma occorrono momenti di serio impegno per la sua conoscenza e comprensione.
Che valenza ha per l’ecumenismo la scelta di celebrare la Domenica della Parola di Dio la III Domenica del Tempo Ordinario, quando si prega per l’unità dei cristiani?
Come è scritto nel Motu Proprio, «non si tratta di una mera coincidenza temporale: celebrare la Domenica della Parola di Dio esprime una valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a un’unità autentica e solida». Francesco lo dice chiaramente: la Scrittura è fonte di comunione e strada maestra per tutti i cristiani che vogliano essere testimoni autentici della fede. È scritto nel libro degli Atti: “coloro che venivano alla fede erano un cuore solo e un’anima sola” (4,32). E ancora nel Vangelo di Giovanni: “tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21) raccomanda Gesù ai suoi discepoli. L’unità è la cartina di tornasole della fede cristiana.
In un mondo “pieno” di parole, come si può capire quale è la Parola che ci da’ vita e incarnarla nel quotidiano? Lei che è una donna sposata, in che modo ci riesce?
Per capire quale parola ci dia vita basta pensare a ciò che resta nella nostra memoria e nel nostro cuore tra tante parole che scivolano via il momento dopo che le abbiamo sentite. Basta riflettere su quale parola ha cambiato, trasformato, consolato, riscattato la nostra storia personale, familiare e comunitaria. La Parola è più preziosa del pane specialmente nella vita coniugale e familiare. Noi e i nostri figli abbiamo più bisogno di una parola vera, che ci sia luce, amica, alleata nelle pieghe della vita, piuttosto che di cibo materiale o di sport o di vacanze. Il motivo per cui non distinguiamo la qualità della Parola da quella delle tante altre parole che occludono i nostri orecchi è che non conosciamo la Parola. Abbiamo un’idea preconcetta della Bibbia ed anche – in molti casi – del Vangelo. Pensiamo che vi si trovino solo storie di santi, lontani dai comuni mortali, cose da sacrestia, invece, v’è raccontata la vita con tutti i suoi limiti, le sue ombre e le sue sconfitte. Ma anche con le sue potenzialità, le sue risorse d’amore e di speranza.
Nel testo viene citato l’episodio dei discepoli di Emmaus: a volte, come loro, abbiamo bisogno che qualcuno ci spieghi le scritture. Qual è il modo migliore di accostarsi ad esse?
Innanzitutto facendosi guidare da persone che la frequentano con fede, scienza, e conoscenza. Coloro che hanno il ministero del Lettorato, ma anche dei laici, come dice chiaramente il Motu Proprio: “È fondamentale che non venga meno ogni sforzo perché si preparino alcuni fedeli ad essere veri annunciatori della Parola con una preparazione adeguata, così come avviene in maniera ormai usuale per gli accoliti o i ministri straordinari della Comunione. Alla stessa stregua, i parroci potranno trovare le forme per la consegna della Bibbia, o di un suo libro, a tutta l’assemblea in modo da far emergere l’importanza di continuare nella vita quotidiana la lettura, l’approfondimento e la preghiera con la Sacra Scrittura, con un particolare riferimento alla lectio divina” (AI 3).
Al termine del Motu Proprio il papa fa un richiamo alla concretezza dell’amore, la carità verso il prossimo. L’ascolto della Parola ci deve portare sempre ad amare il prossimo?
L’ascolto è un atto di libertà così come lo è ogni relazione. Il verbo da usare, quando parliamo di “amore” non è il verbo “dovere”. Perché proprio la Parola ci insegna che l’amore stesso di Dio è un atto di libertà e di gratuità e non un obbligo. La Parola biblica è una parola in dialogo, non un ricettario di comportamenti. Dio dice: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore…”; “amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è imposizione, perché l’amore viene dall’anima e dall’intelligenza, dal corpo e dal cuore. La Parola ci insegna la bellezza, il valore sublime, la ricchezza inestimabile, la gioia dell’amore, specialmente verso i più poveri, per cui noi, umani adulti e liberi, tra tante diverse opzioni possibili faremo certamente quella migliore: quella di amare sempre!