Questo vocabolo deriva dal greco Eptfaneia, cioè “manifestazione”, e ci dice abbastanza chiaramente come la festa che indica è destinata ad onorare l’apparizione di Dio in mezzo agli uomini, il primo manifestarsi dell’umanità e divinità di Gesù Cristo al mondo pagano.
L’Epifania celebra principalmente la venuta dei Magi, visti come “primizie delle genti”, con la conseguente manifestazione di Gesù quale Signore di tutti i popoli. La divinità-regalità di Gesù viene messa in risalto dalla visita solenne di esponenti autorevoli di un popolo totalmente estraneo al mondo ebraico e mediterraneo, dall’offerta dei loro doni e dalla adorazione degli stessi.
Secondo il Vangelo di Matteo i Magi (non precisati nel numero), guidati in Giudea da una stella (la “stella cometa”), portano in dono a Gesù Bambino, riconosciuto come “Re dei Giudei”, l’oro (in omaggio alla sua regalità), l’incenso (in omaggio alla sua divinità) e la mirra (come anticipazione della sua futura sofferenza redentrice).
I Magi successivamente sono stati interpretati come “Re Magi” per l’influsso del passo di Isaia 60,3 e sono stati attribuiti loro i nomi di Melchiorre (semitico), Gaspare (camitico) e Baldassarre (giapetico), proprio per indicare l’universalità della salvezza portata dal Bambino Gesù.
L’Epifania: festa di luce
Quella luce che a Natale è brillata nella notte illuminando la grotta di Betlemme, dove restano in silenziosa adorazione Maria, Giuseppe ed i pastori, oggi risplende e si manifesta a tutti. L’Epifania è quindi essenzialmente festa di luce, simbolicamente indicata dalla stella che guidò il viaggio dei Magi.
La vera sorgente luminosa è però Cristo. Nel mistero del Natale, infatti, è la luce di Cristo che si irradia sulla terra, diffondendosi come a cerchi concentrici. Anzitutto sulla santa Famiglia di Nazareth, poi sui pastori di Betlemme, che, insieme con Maria e Giuseppe, rappresentano quel “resto d’Israele”, i poveri, gli anawim, ai quali è annunciata la Buona Novella. Infine il fulgore di Cristo raggiunge i Magi, che costituiscono le primizie dei popoli pagani.
Ma che cos’è questa luce? È solo una suggestiva metafora, oppure all’immagine corrisponde una realtà?
L’apostolo Giovanni scrive nella sua Prima Lettera: “Dio è luce e in lui non ci sono tenebre” (1 Gv 1,5); e più avanti aggiunge: “Dio è amore”. Queste due affermazioni, unite insieme, ci aiutano a comprendere che quella luce, spuntata a Natale, che oggi si manifesta alle genti, è l’amore di Dio, rivelato nella Persona del Verbo incarnato. Attratti da questa luce-Gesù, giungono i Magi dall’Oriente.
Nel mistero dell’Epifania, dunque, due movimenti: l’uno è un movimento di irradiazione verso l’esterno, che viene ad illuminare le tenebre del mondo, l’altro è un movimento di attrazione verso il centro, che porta a compimento il movimento già inscritto nell’Antica Alleanza. La sorgente di tale dinamismo è Dio.
Il farsi uomo del Figlio di Dio, il suo entrare nella storia è il momento culminante dell’autorivelazione di Dio a Israele e a tutte le genti. Nel Bambino di Betlemme Dio si è rivelato nell’umiltà della “forma umana”, nella “condizione di servo”, anzi di crocifisso (cfr Fil 2, 6-8).
È il paradosso cristiano. Proprio questo nascondimento costituisce la più eloquente “manifestazione” di Dio: l’umiltà, la povertà, la stessa ignominia della Passione ci fanno conoscere come Dio è veramente.
La manifestazione ai Magi non aggiunge qualcosa di estraneo al disegno di Dio, ma ne svela una dimensione perenne e costitutiva, che cioè “i Gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” (Ef 3, 6).
Il Signore Gesù è, nello stesso tempo e inseparabilmente, “luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele” (Lc 2, 32), come, ispirato da Dio, esclamerà l’anziano Simeone prendendo il Bambino tra le braccia, quando i genitori lo presenteranno al tempio. I Magi adorarono un semplice Bambino in braccio alla Madre Maria, perché in Lui riconobbero la sorgente della duplice luce che li aveva guidati: la luce della stella e la luce delle Scritture. Riconobbero in Lui il Re dei Giudei, gloria d’Israele, ma anche il Re di tutte le genti.
L’Epifania: festa della Chiesa
Nel contesto liturgico dell’Epifania si manifesta anche il mistero della Chiesa e la sua dimensione missionaria. Essa è chiamata a far risplendere nel mondo la luce di Cristo, riflettendola in se stessa come la luna riflette la luce del sole. Nella Chiesa hanno trovato compimento le antiche profezie riferite alla città santa Gerusalemme: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce… Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (Is 60, 1-3).
Questo dovranno realizzare i discepoli di Cristo: ammaestrati da Lui a vivere nello stile delle Beatitudini, dovranno attrarre, mediante la testimonianza dell’amore, tutti gli uomini a Dio: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5, 16). Ascoltando queste parole di Gesù, noi, membri della Chiesa, non possiamo non avvertire tutta l’insufficienza della nostra condizione umana, segnata dal peccato. È Cristo, Lui solo, che donandoci lo Spirito Santo può trasformare la nostra miseria e rinnovarci costantemente. È Lui la luce delle genti, lumen gentium, che ha scelto di illuminare il mondo mediante la sua Chiesa (cfr Conc. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 1).
“Come potrà avvenire questo?”, ci chiediamo anche noi con le parole che la Vergine rivolse all’arcangelo Gabriele. E proprio Lei, la Madre di Cristo e della Chiesa, ci offre la risposta: con il suo esempio di totale disponibilità alla volontà di Dio (Lc 1, 38), Ella ci insegna ad essere “epifania” del Signore, nell’apertura del cuore alla forza della grazia e nell’adesione fedele alla parola del suo Figlio, luce del mondo e traguardo finale della storia.
STORIA DELLA FESTA DELL’EPIFANIA
Fin dal III secolo i cristiani iniziarono a commemorare con il termine Epifania le manifestazioni divine (come i miracoli, i segni, le visioni, ecc.) di Gesù. In particolare, tra queste manifestazioni si sottolinearono l’adorazione da parte dei Magi, il Battesimo di Gesù ed il primo miracolo avvenuto a Cana.
In realtà in Oriente il termine epifania indicava inizialmente la festa del Natale del Signore, la sua prima apparizione nella carne. Lo storico Epifanio nella seconda metà del IV secolo ci dà la prima notizia della festa ortodossa dell’Epifania: intesa come celebrazione della venuta del Signore, essa è la festa della contemplazione della nascita umana e perfetta incarnazione di Gesù. Al tempo di S. Giovanni Crisostomo la festa celebrata ad Antiochia ed in Egitto assunse per oggetto non solo la nascita, ma anche il Battesimo di Cristo.
Quando la festa dell’Epifania entrò in Occidente, cambiò di significato: essa venne a celebrare la “rivelazione di Gesù al mondo pagano”, proponendo il prototipo della venuta dei Magi a Betlemme per adorare il neonato Redentore.
Come l’Occidente è stato influenzato dalla festa orientale dell’Epifania, così quando la festa del Natale è entrata in Oriente ha rotto il significato primitivo dell’Epifania, la quale è divenuta prevalentemente festa del Battesimo di Gesù.
Sintetizzando, oggi nelle chiese cristiane ortodosse la Nascita di Gesù si celebra il 6 gennaio, a causa di una differenza fra calendario gregoriano, in uso in occidente dal 1581, e il calendario giuliano precedente, ancora in uso in certe chiese ortodosse. Esse inoltre commemorano la venuta dei Magi nel giorno stesso del Natale, mentre nella festa dell’Epifania ricordano il Battesimo di Cristo nel Giordano.
In Occidente da quando i decreti della Santa Sede obbligarono tutte le Chiese a celebrare, insieme con Roma, il mistero della Natività il 25 dicembre, il 6 gennaio non fu completamente privato della sua antica gloria.