«Finirono i sette anni di abbondanza… e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese, ma in tutta la terra d’Egitto c’era il pane. Poi anche tutta la terra d’Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egiziani: “Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà”» (Genesi 41, 53-55). «E oggi / E adesso siamo noi quel popolo che è spinto dalla carestia. / E gridiamo verso Dio, / per chiedergli di che vivere. / Ma egli ci dice: Andate da Gesù, e fate quello che vi dirà» (Charles Peguy).
Gli ultimi capitoli della Genesi ci presentano la splendida e nota storia di Giuseppe, venduto a mercanti che andavano in Egitto dai suoi dieci fratelli maggiori, invidiosi perché era il preferito del padre Giacobbe, per la sua veste dalle lunghe maniche e per i suoi strani sogni.
La sua vicenda va di male in peggio. Reso schiavo, è venduto a Potifar, comandante delle guardie del faraone; viene accusato ingiustamente di violenza dalla moglie dello stesso Potifar che si era invaghita di lui e non sopportava il fatto che lui rifiutasse la sua seduzione e rimanesse casto; è fatto prigioniero, facendosi interprete di sogni dei suoi compagni di cella, ma poi dimenticato.
In questa disavventura, di circa tredici anni, il Signore fu sempre con Giuseppe. Egli si accorge di non essere abbandonato, e scorge un disegno provvidenziale che lo condurrà al cospetto di un faraone angosciato dopo una notte di sogni — le sette vacche grasse e le sette vacche magre — in cerca di qualcuno che possa interpretarli. Quel qualcuno è Giuseppe. Esce di prigione, risolve senza indugiare l’enigma e annuncia sette anni di abbondanza e sette di carestia. Il faraone è talmente affascinato da questo giovane da affidargli il governo del popolo, rendendolo secondo dopo di lui.
Negli anni di abbondanza la politica agraria ed economica di Giuseppe rende l’Egitto previdente in vista della carestia. Il grano è in grandissima quantità, come la sabbia del mare, incalcolabile. All’inizio della carestia, quando il popolo griderà al faraone per avere pane, egli risponderà: «Andate da Giuseppe, fate quello che vi dirà».
Il versetto appena citato contiene un significativo aggancio con le due creature più care a noi cristiani: la vergine Maria e san Giuseppe. Le parole: «Andate da Giuseppe», nel latino Ite ad Joseph le troviamo applicate proprio allo sposo di Maria, scritte sotto le statue che lo raffigurano o sopra gli altari nelle chiese a lui dedicate.
A Giuseppe, sognatore, custode di Maria, di Gesù e della Chiesa, ci affidiamo sempre e in questa “carestia”, perché lui, come padre di famiglia, ci porti ancora il pane necessario per il quotidiano. Mi piace pensare che quando Gesù ragazzo si rivolgeva a Maria per chiederle qualcosa di particolare, ricevesse da lei la risposta: «Va’ da tuo padre, fa’ quello che lui ti dirà», come un proverbio da ripetere con un sorriso, consapevole che per alcune cose più importanti c’è bisogno della parola di un padre.
Eppure un giorno quelle parole Maria le dirà ai servi di Cana, quando lei si accorgerà della “carestia” di vino capace improvvisamente di rovinare la festa di nozze dell’umanità. Non sappiamo da quanto tempo Giuseppe avesse lasciato la vita terrena, quando Maria si ritrovò a quel matrimonio (forse pensando con nostalgia al suo). Ma quelle parole, le ultime di Maria nel vangelo — «Fate quello che lui vi dirà» (Giovanni 2, 5) — pronunciate sempre indicando Giuseppe, ora sente di dirle per la prima volta indicando il “nuovo Giuseppe” che sta portando una sovrabbondanza di Pane nuovo (e di Vino nuovo) perché l’umanità non perisca mai più, neanche nei tempi di carestia. Ecco allora che in quei mezzi versetti della Genesi e del Vangelo di Giovanni, ritroviamo la risposta al grido dell’uomo di ogni tempo. Troviamo la risposta al grido di oggi, in questa pandemia che ci fa sentire improvvisamente smarriti, impotenti, vulnerabili.
Andiamo allora da Giuseppe, che sogna l’abbondanza della Misericordia di Dio; e andiamo da Maria, che custodisce nella fede ogni cosa nel cuore, anche nel tempo della carestia della croce. Li troveremo insieme, a indicarci Gesù, per fare quello che lui ci dirà. E lui ci dirà parole d’amore, perché possiamo agire affinché l’amore, in ogni tempo, non rimanga solo una parola.
di Paolo Ricciardi