Constatare la gloria pubblica tributata ad un santo ragazzino, ma santo gigantesco, in questi momenti di grande scorno per la Chiesa è una delle ironie della storia, o un mistero di Dio, fate voi. Carlo Acutis morì all’età di 15 anni a Monza, il 12 ottobre del 2006, per una leucemia fulminante, che lo sorprese senza spegnergli una gioia sconveniente in chi sta per morire. Molti segni poco normali avevano cosparso il suo cammino in vita e poi erano coincisi con il soggiorno del suo corpo in un loculo ad Assisi, la città dove nella basilica di San Francesco sarà proclamato beato il 10 ottobre alle 16 e 30 in diretta tivù. (A proposito, non si ancora chi userà la formula di rito e scoprirà la sua immagine ufficiale di beato. Nel programma figura ancora il prefetto per le cause dei santi, ma ormai Angelo Becciu è cardinale decaduto e non è più abilitato a conferire aureole. Sarebbe un colpo fantastico se arrivasse invece direttamente il Papa, lasciandosi molti diavoli a casa sua, in Vaticano). Quali segni? Guarigioni istantanee in chi si accostò a Carlo chiedendogli una preghiera per un tumore inesorabile. Quindi, dopo il trapasso da una malformazione congenita, un caso impossibile: un pancreas risanato in un bimbo, per grazia chiesta e ottenuta da Carlo l’anniversario della sua morte, certificato da medici atei, come esigono le regole di arruolamento alle schiere celesti previste dalla Santa Sede. Altre faccende per taluni inquietanti e poco esteticamente congrue, ma di sicuro poco frequenti, sono state constatate in Messico e in Giappone in riferimenti a un suo intervento dopo il decesso.
La madre – In continuità con la mostra sui “miracoli eucaristici” da lui allestita poco prima della malattia, aveva avuto assicurazioni da Gesù che ci sarebbero stati “segni” simili. Lo ha raccontato a Stefano Lorenzetto sua madre, Antonia Salzano, donna coltissima, che il figlioletto ha strappato da un certo agnosticismo tirandola fuori per i capelli. Ostie candide, arrossate dal sangue e tessuti cardiaci palpitanti, gruppo sanguigno AB, lo stesso della Sindone. Finché un anno fa, come prescrive il protocollo canonico per i candidati alla beatificazione, la salma di Carlo fu esumata. Questo suo corpo risultò incorrotto, assolutamente intatto! Non un modo di dire. Alto m 1,82 come da carta di identità, pesante esattamente 70 kg, gli stessi verificati al momento del decesso all’ospedale San Gerardo in Brianza. Solo la pelle si era scurita come capitò ad esempio per Teresa di Lisieux (la piccola Teresa, 1883-1897) e prima a Bernadette Soubirous (la veggente di Lourdes). Da ieri questo strano spettacolo è oggetto dello sguardo di chi si reca ad Assisi. Sarà così fino al 17 ottobre. Per evitare esplorazioni da entomologi curiosi, il volto è stato coperto con un calco di cera. Ma che quel corpo lì sia intatto, è testimoniato da professori che nulla hanno che fare con l’incenso e le candele. Miracolo? La scienza saprà identificare ragioni dentro le leggi della fisica e della chimica: non è che si possa risalire, da questo fenomeno di certo piuttosto raro, alla mano divina. Ma accidenti quanta roba inspiegabile intorno a Carlo, inspiegabile e per giunta carica di promesse felici. Non è macabro venerare un corpo destinato alla resurrezione, le reliquie non sono marciume, ma muffa primaverile, scriveva Giovanni Testori. Irrazionalità e magia contro ragione e intelligenza? Mi permetto di eccepire. È il razionalismo che nega il divino asserendo sia un assurdo o impossibile. Razionalismo sta alla ragione come la polmonite ai polmoni. Buttare via il grande forse – mi permetto di sostenerlo – è, questo sì, irrazionale. La categoria suprema della ragione che cos’ è se non quella della possibilità? Sappiamo così poco, e se i credenti sono attraversati da un sacco di dubbi, sarebbe onesto che lo ammettessero in senso opposto atei e agnostici. Intanto conviene spiegare chi era (ed è) Carlo. Nato a Londra nel 1991 da genitori che si trovavano da quelle parti per ragioni di lavoro, si rivelò presto un genio. Non è del tutto vero che il Cielo scelga solo pastorelli ignoranti, come amano ripetere i miscredenti alludendo alla loro facile manipolazione: predilige i puri di cuore, quello sì. A sei anni Carlo trafficava con il computer risolvendo quesiti matematici. A nove anni applicandosi a libri del Politecnico imparò a congegnare programmi informatici. Enfant prodige del web. Moderno? Arci-post-moderno. La scienza sa poco e balbetta, la fede apre le profondità del cosmo e della storia. Chi gli ha messo questo seme, dati i genitori aridi sul punto? Forse la tata polacca, Beata, devota di papa Wojtyla. Carlo a tre anni voleva entrare in ogni chiesa a salutare Gesù, nei parchi raccoglieva fiorellini per la Madonna.
Tra i senzatetto – Chiese di anticipare la prima comunione a 7 anni. I genitori sorpresi lasciarono procedesse secondo i suoi desideri. Carlo ogni sera partiva da casa con contenitori termici per cibi e bevande, comprava coi suoi risparmi sacchi a pelo: andava a curare i barboni all’Arco della Pace a Milano. Serviva alle mense dei poveri in viale Piave dai cappuccini. Dava una mano a Baggio alle suore di Madre Teresa. Sul web comunicava la sua fede senza predicozzi, con semplicità, influencer di Dio. Nessun modernismo nelle questioni della fede: popolare popolare, come chiedeva don Bosco. La solidità dolce della eucaristia, la gioia traboccante, l’ammirazione totale per Giovanni Paolo II e poi per Benedetto XVI. Finché arrivò la malattia. Lui ebbe consapevolezza prima che fosse diagnosticata. Amava tutto e tutti. In tutto vedeva Dio, in tutti vedeva Gesù. Era certo di star per morire. Disse ai genitori con allegria. «Offro queste sofferenze per il Papa, per la Chiesa e per andare dritto in paradiso senza passare dal purgatorio». La mamma si spaventò e chiamò un luminare, il professor Vittorio Carnelli. Esami, diagnosi infausta: leucemia mieloide acuta M3. Carlo ne fu informato dagli ematologi. Reagì con dolcezza e commentò: «Il Signore mi ha dato una bella sveglia». In questo mondo pieno di anime morte, sta suonando la sveglia in certe stanze. Parafrasando Hemingway: essa suona per me. E pure molto in alto.