In mezzo ai veloci cambiamenti odierni, come mantenere vivo il cuore dell’esperienza cristiana di chi nel giorno del Signore incontra il Risorto e nel suo nome si riunisce come sua assemblea? Come uscire dalla sola risposta a generici bisogni del sacro e annunciare la gratuità della chiamata all’adesione alla fede, radice della fraternità ecclesiale? Questi i due interrogativi intorno ai quali si è sviluppata la riflessione di mons. Brambilla: «Il riferimento cristologico-pasquale è il dato di fede ineliminabile che deve ispirare anche le nuove “strategie” di pastorale dell’assemblea, della domenica e dell’eucaristia».
Il vescovo di Novara ha poi proseguito riflettendo sul tema Riuniti per celebrare “nel suo nome”: la confessione e il rendimento di grazie. «L’agire di Dio ha (super)esaltato Gesù crocifisso, contrastando l’agire degli uomini; il Risorto è gratificato di un Nome con cui partecipa alla gloria divina; questo comporta una duplice reazione: il riconoscimento universale e la confessione pasquale». Il vescovo ha poi proseguito la prima parte della sua relazione: «Celebrare riuniti “nel suo nome” significa riconoscere la centralità della Pasqua: nascono a questo proposito due possibili distorsioni che potremmo denominare la spettacolarizzazione o la sacralizzazione del celebrare».
«Tre cose sono irrinunciabili: la prima riguarda la bellezza, che non deve essere estetizzante; la seconda riguarda la ministerialità che non deve diventare pretesa della presenza di tutti; la terza riguarda le forme espressive, che non devono essere spettacolari e rumorose oppure barocche e trionfalistiche» – ha riflettuto riguardo il rischio di spettacolarizzare la liturgia.
Non meno presente quello della sacralizzazione della celebrazione: «Un celebrante che fosse anche un perfetto esecutore delle rubriche – ha spiegato il vescovo di Novara – potrebbe aver perso il senso del mistero di Dio e della partecipazione della gente; un altro celebrante potrebbe svincolarsi completamente da esse per sentirsi spontaneo, allontanandosi ugualmente dal senso del dono di Dio e dall’attenzione orante dell’assemblea. In ogni caso, è decisivo che il prete e la comunità partecipino nella comunione più profonda alla ritualità della propria chiesa. Ogni ferita al rito è una lacerazione inferta alla Chiesa»
Riuniti per celebrare “il suo nome”: con la bocca e il cuore è stato il fulcro della seconda parte della riflessione del vescovo Brambilla: «La duplice formula di confessione-acclamazione, nominale e verbale, è significativamente riferita a due organi dell’uomo, la bocca e il cuore, che hanno un densissimo significato antropologico, che sarebbe vano spartire solo tra esterno e interno dell’uomo». Proseguendo poi: «L’acclamazione fatta con la bocca apre la porta del cuore; e la confessione che parte dal cuore affiora sulle labbra del culto rituale perché attui la verità del culto spirituale: con la bocca si acclama nella celebrazione liturgica che “Gesù è Signore”».
Mons. Brambilla ha quindi concluso con un riferimento al Credo: “Credo in Dio”: «Questo bel “in”, con cui l’io esce da sé per andare verso Dio. “Riuniti per celebrare nel suo nome è la sorpresa finale di questa mattina: l’io personale e persino l’io della comunità, di questa comunità, esce da se stesso e va verso Dio perché incontrandolo la possa inviare nel mondo».
Brambilla: “Una vita senza liturgia è una vita desolata”
“Dobbiamo fare in modo che la celebrazione domenicale, l’eucarestia in particolare, e attorno ad essa tutte le devozioni del sacro, siano luoghi di nutrimento spirituale. Luoghi dove uno dice ‘vado a rigenerarmi’, luoghi dove sia l’aspetto della parola che della preghiera, confessione, gestualità, introducano la persona in un’altra dimensione della vita”. In queste immagini e metafore, monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, sintetizza uno degli obiettivi della 71.ma Settimana Liturgica Nazionale che ha preso il via oggi, fino al 26 agosto prossimo, a Cremona.
Dopo la lettura del messaggio di Papa Francesco, a firma del Segretario di Stato Pietro Parolin, a monsignor Brambilla è affidata la Lectio inaugurale di questa tre giorni che – dopo lo stop dello scorso anno, a causa della pandemia – riunisce sacerdoti, diaconi, laici e religiosi per riflettere sul tema “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome. Comunità, liturgie e territori”.
Mons. Franco Giulio Brambilla è stato ordinato sacerdote nel 1975. Ha insegnato Sacra Scrittura, Teologia spirituale e Antropologia teologica nel seminario di Seveso fino al 1985. Nella sezione parallela del seminario di Venegono Inferiore. Ha insegnato Cristologia e Antropologia teologica. È stato vicedirettore della stessa sezione del seminario dal 1986 al 1993 e poi direttore dal 1993 al 2003. In seguito è diventato direttore del Ciclo istituzionale della Facoltà Teologica fino al 2006. È stato professore ordinario di Cristologia e Antropologia teologica alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e preside della stessa facoltà dal 2006 al 2012. II 13 luglio 2007 Papa Benedetto XVI lo ha nominato vescovo ausiliare di Milano e vescovo titolare di Tullia. È stato ordinato vescovo nella Cattedrale di Milano dall’arcivescovo di Milano card. Dionigi Tettamanzi, il 23 settembre 2007, che lo ha scelto come vicario episcopale per la cultura. Il 24 novembre 2011 è stato nominato vescovo di Novara, succedendo al card. Renato Corti. Ha fatto l’ingresso in diocesi il 5 febbraio 2012. È stato membro della Commissione episcopale per la Dottrina della fede e la Catechesi della CEI fino al 2015 e presidente del Comitato per gli Studi superiori di teologia e Scienze religiose fino al 2014. Dal 2015 al 2021 è stato eletto vicepresidente della CEI per il Nord Italia e nominato tra i membri del Sinodo ordinario sulla famiglia dell’ottobre 2015.