Il Sinodo dei vescovi. Nel briefing in Sala stampa il punto sui lavori. Proposte concrete.

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Moltissime proposte concrete, basate sulle diverse esperienze e condivise nella piena trasparenza, contro ogni tipo di abuso e per una maggiore responsabilità del laicato, donne e giovani in particolare. Sono le linee essenziali che stanno emergendo nei lavori sinodali e che stamani sono state rese note nel briefing per i giornalisti nella Sala stampa della Santa Sede, iniziato alle 13.30 e introdotto dal vice direttore Cristiane Murray.

Sheila Pires, segretario della Commissione per l’informazione, ha anzitutto fatto il punto «dei lavori di questa mattina — nona congregazione generale, svoltasi alla presenza di Papa Francesco — e anche di sabato mattina e venerdì pomeriggio», dedicati alla sezione “percorsi” dell’Instrumentum laboris, riguardante i temi: «processi decisionali», «trasparenza, rendere conto, valutazione».

In particolare «è stato molto importante ascoltare — ha riferito Pires — su tali questioni esperienze provenienti dalla Cina, dalla penisola arabica, dall’Amazzonia, dalle isole Seychelles e dal Sahel». E proprio queste esperienze «hanno evidenziato i problemi come, ad esempio, la difficoltà nel trovare un’armonia tra le tradizioni cristiane e i riti locali o con le normative civili locali sul matrimonio». Questo avviene anche perché, si è detto in Aula, «la Chiesa in passato ha trascurato le diversità e la complementarietà tra le culture». Allo stesso tempo «sono stati offerti spunti e suggerimenti sulla base di realtà già esistenti, come ad esempio la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia che, al suo interno, dà voce a diverse realtà, o le esperienze della Chiesa africana che mostra grande vitalità».

In diversi interventi, ha rilevato Pires, «si è parlato molto dell’importanza di coinvolgere i bambini nella vita della Chiesa, per non parlare solo di bambini ma con i bambini». Altri punti indicati sono stati la valorizzazione dei catechisti, l’importanza «di ascoltare i giovani perché, a volte, si decidono temi e argomenti quando invece loro sono interessati ad altro». Inoltre «si è parlato anche di includere le scuole cattoliche nel processo di evangelizzazione e formazione, poiché rappresentano un’importante risorsa per la Chiesa. In alcune parti del mondo tuttavia — è stato fatto notare — lo Stato si è impossessato di queste scuole e vengono imposte agende contrarie all’insegnamento della Chiesa».

«È stato molto applaudito un intervento sulle violenze subite da donne religiose, anche in formazione: non solo abusi sessuali ma anche di potere, di coscienza e spirituali» ha fatto presente Pires. «Si è detto che ci sono religiose che lavorano duramente soprattutto per raggiungere i più vulnerabili, ma le stesse donne quando si confrontano con questioni legate ad abuso sessuale o di altro genere non riescono ad esprimere la propria preoccupazione» e «per un atteggiamento patriarcale della società restano in silenzio». A tale proposito è stato proposto «di introdurre procedure e sistemi nelle diocesi e nelle Conferenze episcopali per affrontare queste problematiche». E «un’altra proposta è quella di rivedere le politiche contrattuali, per garantire dignità alle consacrate, ma anche in generale ai laici».

Sempre riguardo le donne, negli interventi, ha concluso Pires, «è stato rilevato che nella maggior parte dei seminari manca una presenza femminile di consacrate o laiche nella formazione dei sacerdoti, così come manca la presenza di laici esperti. La partecipazione delle donne invece — è stato sottolineato — è “fondamentale” perché loro possono vedere cose che altri non vedono, garantiscono una formazione equilibrata, arricchiscono il programma generale per i futuri preti».

Nel suo intervento nel briefing Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione e presidente della Commissione per l’informazione, si è riallacciato «al tema di una maggiore presenza dei laici e delle donne: ampio spazio in queste ultime tre congregazioni generali è stato dato al tema dei processi decisionali, i cosiddetti processi di decision making decision taking». A riguardo, ha detto, «è stata ribadita più volte la necessità di istituire board di laici, autorevoli ed esperti, per evitare un sovraccarico di pesi per chi detiene ruoli di responsabilità». Ed è stata anche «evidenziata l’importanza di istituire consigli o comunque organismi che possono essere d’ausilio ai vescovi o a coloro che hanno incarichi».

«Da questo punto di vista, è stato detto in alcuni interventi — ha riferito Ruffini — che molte delle decisioni sbagliate in passato sui casi di abusi su minori nella Chiesa sono state prese da vescovi probabilmente isolati o sotto pressione. Si è proposto pertanto di introdurre nelle diocesi dei comitati consultivi di cui può disporre il vescovo, non solo per rafforzare la tutela e la prevenzione, ma anche nell’eventualità in cui bisogna reintegrare o far recuperare la credibilità a sacerdoti accusati ma poi giudicati innocenti». Infatti, si è detto in Aula, «c’è molta resistenza quando la persona viene trovata innocente». Ma «con l’ausilio di un board composto da psicologi, genitori di bambini abusati, operatori sociali, assistenti, sarebbe più semplice restituire la credibilità e la giustizia a un sacerdote innocente».

«Sulla stessa scia — ha proseguito il prefetto — si è ribadito che la trasparenza è un elemento fondamentale nella Chiesa sinodale, soprattutto negli ambiti della tutela e delle finanze. Questa trasparenza, è stato sottolineato in altri interventi, deve sempre equilibrarsi con la riservatezza, il rispetto della privacy e delle informazioni sensibili».

Ruffini ha riferito che durante i lavori si è parlato anche del tema della accountability, soffermandosi «sul significato del rendere conto: tutti conveniamo, è stato detto, sulla necessità di rendere conto, tuttavia ci si è domandati a chi dobbiamo rendere conto, al mondo, all’opinione pubblica, ai giornalisti?». A volte, infatti, «le nostre agende pastorali e i criteri dell’essere Chiesa vengono dettati da istanze che non sono esattamente quelle del Vangelo». Perciò «la priorità è rendere conto anzitutto a Dio, alla comunità, per non cadere nelle trappola di rendere conto, appunto, a istanze non evangeliche». E, ha aggiunto Ruffini, è necessario «rendere conto alla Chiesa, e non a un qualsiasi contesto umano, secondo i principi del Vangelo. Non siamo un consiglio di amministrazione, ma il corpo mistico di Cristo, il popolo santo di Dio». E poi, ha proseguito, «rendere conto ai più poveri, membra fragili di Cristo, che ci giudicano a partire da come viviamo». Inoltre, è stato suggerito di valorizzare «le realtà sinodali già esistenti in diocesi, parrocchie, Conferenze episcopali» e «si è detto pure di imparare dalle Chiese nuove, come quelle in Africa e non imporre loro la realtà di Chiese in Occidente» che spesso sono in articulo mortis. Ed è poi «giunta la proposta di rendere obbligatori i Sinodi diocesani».

Il prefetto ha riferito che si è fatto riferimento anche «all’esempio della vita consacrata che sperimenta da anni forme di sinodalità: su questo punto è stato citato il discernimento dei monaci martiri di Tibhirine che hanno deciso di restare in Algeria in un contesto di sofferenza, di violenze e offrire la loro vita non solo e non tanto per obbedire al superiore, ma dopo aver compiuto ognuno un cammino interiore in maniera sinodale».

Inoltre sul tema di un possibile aggiornamento del Diritto canonico si è detto che il Codice non è un «triste strumento costrittivo» ma «espressione della fede cattolica». «Il rispetto della legge della Chiesa è il miglior modo di combattere il clericalismo — è stato affermato — e il diritto è scudo che protegge i più deboli».

«Interessante», ha detto Ruffini, «anche l’intervento sull’esperienza pastorale di una Chiesa africana che da alcuni anni ha iniziato a organizzare assemblee domenicali senza sacerdoti, assenti per la vastità delle parrocchie o la lontananza tra un villaggio e l’altro. Si tratta di assemblee in cui i fedeli si riuniscono sotto la responsabilità di catechisti o di laici autorevoli per ascoltare la parola di Dio e ricevere la comunione».

Ancora è tornato l’appello a evitare ogni forma di clericalismo, ha concluso. «L’antidoto — è stato detto in alcuni interventi — è la vicinanza tra i vescovi, con i sacerdoti, con Dio, con il popolo. Rapporti dinamici e mai statici, che prevedono un coinvolgimento diretto nei processi decisionali. Su questo punto, in particolare, si è detto che anche la parola “consultivo” nella Chiesa significa l’obbligo di ascoltare e di tenere conto». Inoltre, «in più interventi è stato anche ribadito che è necessario, quando si prende una decisione, spiegare le motivazioni per cui chi ha ruoli di responsabilità ha deciso di agire in modo contrario al parere comune, sottolineando punti di forza e debolezza nei processi decisionali». E proprio «su quest’ultimo punto in particolare, in un intervento, è stata ricordata la formula di san Cipriano: “Niente senza la responsabilità personale del Vescovo, niente senza il consiglio dei presbiteri, niente senza il consenso del popolo di Dio”».

Preghiere per la pace in  Medio Oriente e per l’Oceania

Con l’invito del cardinale segretario generale Mario Grech a pregare per i popoli del Medio oriente affinché Dio doni loro la pace sono ripresi stamane, lunedì 14 ottobre, i lavori dell’assemblea sinodale nell’Aula Paolo VI. Dopo le pause di sabato pomeriggio e dell’intera giornata di domenica, si è svolta oggi la nona Congregazione generale. L’arcivescovo metropolita di Perth, Timothy John Costelloe, presidente delegato di turno, ha guidato una preghiera per l’Oceania: quindi ai canti di introduzione in lingua italiana e inglese, sono seguite la lettura di un passo del Vangelo di Luca da parte di Grace Wrakia, coordinatrice nazionale della famiglia lasalliana in Papua Nuova Guinea, e un’orazione recitata da Manuel Beazley, rappresentante dell’etnia maori nella diocesi neozelandese di Auckland: entrambi sono membri partecipanti al Sinodo non insigniti del munus episcopale. Al termine, la violinista ceca Alžbeta Stračinová ha eseguito un brano musicale. I lavori sono stati caratterizzati dagli interventi liberi, secondo l’agenda stabilita; mentre nel pomeriggio, alle ore 16, il programma prevede la nona Sessione dei circoli minori e l’elaborazione dei loro resoconti.

Gli interventi di due vescovi, uno rwandese e uno lettone, e di una suora latinoamericana