Un giovane discepolo, quasi un “figlioccio” di Pietro — considerato il suo segretario e da lui battezzato — ma anche uno dei collaboratori di Paolo. Un grande privilegio quello che ha avuto Marco, l’autore dell’omonimo Vangelo.
Nato da un’agiata famiglia ebrea, di lui si sa solamente quello che c’è negli Atti degli apostoli e in qualche lettera scritta da Pietro e Paolo. Marco è legato ai due apostoli che conobbe a Gerusalemme. Non fu quindi uno dei primi discepoli di Gesù, ma lo divenne successivamente a seguito della predicazione dei dodici. Qualcuno lo identifica con il figlio della vedova Maria, che indossando un semplice lenzuolo seguì Gesù dopo il suo arresto nel giardino degli Ulivi. È proprio Marco a narrarlo nel suo Vangelo. Per questo alcuni studiosi ritengono che quel giovane sia proprio lui, parente del proprietario del Cenacolo. Egli fu costretto a fuggire perché le guardie del Sinedrio volevano arrestarlo. Quando provarono ad afferrarlo, riuscì a svincolarsi ma rimase nudo, lasciando nelle mani dei suoi inseguitori il lenzuolo che lo avvolgeva.
Nel 44, quando Paolo e Barnaba, parente del giovane, rientrarono a Gerusalemme da Antiochia, dove erano stati mandati dagli apostoli, vennero ospitati in casa di Marco, il cui vero nome era Giovanni. Così lo chiamavano i suoi concittadini ebrei. Marco era il nome scelto per presentarsi nel mondo greco-romano. Fu un testimone di quanto Paolo e Barnaba raccontavano sulla diffusione del Vangelo ad Antiochia e quando vi ritornarono, Marco andò con loro. Accompagnò Paolo anche nel suo viaggio a Cipro. Nell’anno 66, quando Paolo scrisse a Timoteo dalla prigione romana, troviamo un riferimento a lui: «Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero» (2 Tm 4, 11). Non sappiamo se Marco riuscì ad arrivare in tempo a Roma, però lo troviamo nell’Urbe in compagnia di Pietro, che aveva seguito anche nei suoi viaggi in Oriente.
La basilica romana a lui dedicata, a due passi da piazza Venezia, è stata eretta proprio dove l’evangelista aveva la sua casa e dove viveva. Essa è la testimonianza della sua presenza a Roma. Negli Atti degli apostoli troviamo il riferimento a questa abitazione, quando Pietro, liberato miracolosamente dalla prigione, vi si rifugiò: «Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera». Pietro cita Marco anche nella sua prima lettera, quando scrive: «Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in Babilonia; e anche Marco, mio figlio» (1 Pt 5, 13).
Durante la predicazione di Pietro nella capitale dell’impero, Marco divenne il suo “stenografo”, colui che raccolse le sue catechesi, che divennero la fonte preziosa per scrivere il suo Vangelo. Siamo negli anni tra il 50 e il 60. Marco trascrisse le predicazioni di Pietro destinate al popolo di Roma, senza elaborarle o interpretarle. Per questo conservano la brillantezza di un racconto destinato alla gente. Marco scrisse in greco, la lingua più diffusa al tempo. D’altronde, l’obiettivo era raggiungere quante più persone possibile per conquistarle a Cristo.
Il suo Vangelo è schematico e lineare. In esso proclama che Gesù è il Figlio di Dio e annuncia la sua Crocifissione e Risurrezione. Gesù viene riconosciuto come Signore anche dai demoni, viene rifiutato e frainteso dalle folle, dai capi, dai discepoli.
Dopo la morte di Pietro non abbiamo più notizie di Marco. Una tradizione vuole che si sia recato in Egitto, dove fondò la Chiesa d’Alessandria. Un’altra dice che, prima di rientrare in Egitto, passò per Aquileia, dove convertì Ermagora, che divenne il primo vescovo della città. Partendo da Aquileia, una tempesta lo spinse sulle isole realtine, il primo nucleo di Venezia, e nel sonno vide un angelo che gli annunciò che avrebbe dormito in quella terra nell’attesa della risurrezione.
La tradizione colloca la sua morte ad Alessandria d’Egitto, forse per martirio, sotto l’imperatore Traiano. Le sue reliquie vennero portate a Venezia nell’828 da due mercanti, Rustico da Torcello e Buono da Malamacco, e collocate in una cappella in attesa della costruzione della basilica a lui dedicata, terminata nell’832 e consacrata il 25 aprile 1094. Nel 1071 fu proclamato patrono principale di Venezia.
Il suo culto intrise talmente gli organismi della Serenissima che il simbolo di Marco, un leone alato che porta tra gli artigli un libro in cui è scritta la frase: Pax tibi marce evangelista meus, è diventato anche lo stemma della città lagunare. San Marco è venerato dalle Chiese cattoliche e ortodosse orientali e, in particolare, dalla Chiesa copta, che lo considera il suo apostolo.