Si tratta di compiere un’opera di “ossigenazione spirituale”, cioè di suscitare domande sul senso ultimo della vita. C’è agitazione crescente attorno a Natale. L’ombra della pandemia si allunga su un giorno che sarà inevitabilmente diverso da quelli precedenti. Diverso in ciò che non è l’essenziale.
La pubblicità intensifica la pressione perché, ad avviso degli esperti, in tempi difficili e incerti questa sofisticata comunicazione può produrre un effetto tranquillizzante.
C’è un diffuso timore, in parte comprensibile, di non riuscire a comperare o fare qualche cosa che si faceva prima. Si ripresenta, senza scadere in moralismi, il confronto tra l’avere e l’essere, tra il dominare e il custodire, tra il possedere e il donare.
C’è chi prevede reazioni per gli spostamenti degli orari delle Messe della notte di Natale che, come tutte le messe, non sono assembramenti vocianti bensì assemblee oranti e pensanti.
Qualcuno in una agitazione economica e politica, che i media si impegnano a rendere ancor più turbolenta, richiama seppur frettolosamente la dimensione spirituale del Natale.
Il richiamo affiora imprevisto in un luogo dove si usano a ben altri linguaggi e tra le crepe di un diffuso pensiero orizzontale. A una lettura attenta, quell’aggettivo sembra accennare al senso della vita, della sofferenza, della festa.
Non va dunque scartato, qualcuno lo raccoglie e lo trasforma in un messaggio educativo e alternativo a quelli che, sgomitando, occupano grandi spazi nei media.
Scriveva Alberto Monticone, già presidente dell’Azione cattolica italiana, intellettuale e parlamentare: “Là dove c’è gente che sta insieme in tutte le forme della solidarietà umana, dal nucleo familiare a quello della comunità civile sino alla comunità politica, là c’è un posto, ci sono dei luoghi, dove una persona che ha scelto il primato dello spirituale, del religioso e dell’ecclesiale, può disinteressatamente, senza contropartite, con amore alla gente, trovarsi a suo agio”.
Hanno oltre 30 anni queste parole ma sembrano scritte per l’oggi, scritte per un Natale strattonato dai cambi di colore delle aree contagiate, dall’apertura di negozi e piste sciistiche, da cenoni più o meno affollati.
Non si tratta di contestare, si tratta piuttosto di compiere un’opera di “ossigenazione spirituale”, cioè di suscitare domande sul senso ultimo della vita, di far percepire il mistero dell’uomo, di accompagnare la ricerca della verità e della felicità.
E’ dunque l’“ossigenazione spirituale” il compito anche per l’oggi di credenti e pensanti che non aspettano che la tempesta cessi per vivere, ma vivono nel bel mezzo della tempesta. E nel mezzo della tempesta c’è Natale, con il respiro sereno e profondo della notte di Betlemme.