Francesco al capitolo generale dei religiosi fondati da San Gaetano Thiene: «Siate uomini consacrati, uomini di Vangelo, ma uomini. La peste più grande in una comunità religiosa, è quando i fratelli non si prendono cura l’uno dell’altro anzi quando incomincia il chiacchiericcio. La rigidità è una perversione che viene proprio dal clericalismo e sotto qualsiasi rigidità c’è putredine, sempre»
Vi accolgo in occasione del vostro Capitolo Generale: il 164°. Quanto cammino c’è dietro questo 164, quanta strada percorsa con la provvidenza di Dio! E quanto grande allora dev’essere la gratitudine!
Ringrazio il Preposito Generale per le sue parole e gli auguro un buon proseguimento del servizio, nel quale è stato confermato. Nel tema che guida i vostri lavori di questi giorni, la parola che risalta è missione: “Teatini per la missione…”.
Apprezzo questa scelta, sintonizzata con l’orientamento fondamentale della Chiesa, alla quale il Signore Risorto ha impresso il dinamismo di “uscita” per l’evangelizzazione, che coinvolge ogni cristiano e ogni comunità (cfr Evangelii gaudium, 20).
La missione ha anche ispirato la redazione del nuovo documento per la Curia Romana.
Per voi, in particolare, tale dinamismo si coniuga con il carisma di San Gaetano Thiene e dei cofondatori, che possiamo riassumere come una fraternità sacerdotale apostolica, fortemente radicata nella vita spirituale e nella carità concreta con i bisognosi.
Nella vita di San Gaetano – come in quella di molti altri santi e sante – ci colpisce vedere come a un certo punto si verifichi un “salto di qualità”, che, in termini biblici, chiameremmo piuttosto una “vocazione nella vocazione”, o una “seconda conversione”. Si tratta del passaggio da una vita già buona e stimata a una vita santa, piena di quel “più” che viene dallo Spirito Santo.
Questo salto di qualità è ciò che fa crescere non solo la vita personale di quell’uomo o di quella donna, ma anche la vita della Chiesa. È quello che, in un certo senso, la “riforma”, purificandola e facendo emergere la sua bellezza evangelica. A questa testimonianza, a questo “Vangelo vivo” possiamo e dobbiamo sempre rifarci per andare avanti nel cammino personale e comunitario, ben sapendo che «per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 19).
Anche San Gaetano Thiene ci dimostra che «ogni santo è una missione». Ogni santo e santa è «un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo» (ibid.). E quello che è chiesto a noi non è tanto di imitare in senso letterale – Colui che tutti dobbiamo imitare in realtà è Gesù Cristo –, ma di assumere da quel santo o quella santa il “metodo”, per così dire, il dinamismo spirituale con cui ha vissuto il Vangelo, per cercare di tradurlo nel nostro contesto attuale.
Questo è anche ciò che vi siete proposti con l’obiettivo generale del vostro Capitolo. Lo cito: “Attualizzare il carisma teatino, per rispondere alle sfide attuali a partire dalla nostra identità”.
E all’identità punta il primo obiettivo specifico. Su questo naturalmente non devo insegnarvi nulla. Solo vorrei sottolineare un aspetto essenziale della testimonianza di San Gaetano: la riforma deve incominciare da sé stessi. Egli, quando venne a Roma a lavorare nella curia papale, si accorse del degrado spirituale e morale purtroppo diffuso. È la mondanità, sempre lì c’è la radice, la mondanità che provoca un degrado spirituale e morale. E mentre lui portava avanti il suo lavoro di ufficio, frequentava l’oratorio del Divino Amore, coltivando la preghiera e la formazione spirituale; e poi andava in un ospedale ad assistere gli ammalati. Questa è la strada: cominciare da sé stessi a vivere più a fondo e coerentemente il Vangelo. Tutti i santi ci indicano questa via. Sono loro i veri riformatori della Chiesa.
O meglio: è lo Spirito Santo che forma e riforma la Chiesa, e lo fa mediante la Parola di Dio e mediante i santi, che mettono in pratica la Parola nella loro vita. Sempre cominciare da sé. Il vostro secondo obiettivo specifico è la comunione. Anche qui, guardando a San Gaetano, vediamo che lo Spirito non lo ha spinto a fare da solo, a percorrere un cammino individuale. No. Lo ha chiamato a formare una comunità di chierici regolari, per vivere il Vangelo secondo la forma di vita degli Apostoli.
Nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate – che mi raccomando di leggere un’altra volta, farà bene sempre! A me fa bene leggerla, perché uno si dimentica quello che ha scritto per gli altri – ho ricordato alcune «comunità sante» che «hanno vissuto eroicamente il Vangelo» (n. 141).
E ad esse si potrebbe certamente aggiungere quella dei vostri cofondatori. Ma di solito nelle famiglie e nelle comunità religiose la vita cristiana è fatta di tanti gesti quotidiani. «La comunità che custodisce i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che la va santificando secondo il progetto del Padre» (ibid., 145).
C’è una frase lì che voglio sottolineare: i membri si prendono cura gli uni degli altri.
Fratelli, la peste più grande in una congregazione religiosa, in una comunità religiosa, è quando i fratelli non si prendono cura l’uno dell’altro, anzi quando incomincia il chiacchiericcio. Per favore, mandate via ogni forma di chiacchiericcio. Siate uomini consacrati, uomini di Vangelo, ma uomini. Se tu hai qualcosa contro l’altro, abbi i “pantaloni” di dirgli in faccia questo, dirgli in faccia le cose o tacere.
O quell’altro criterio, dirlo a chi può porre rimedio, cioè i superiori. Ma non fare dei gruppetti, perché questa è la spiritualità del “tarlo”, che fa cadere la forza di una comunità religiosa. Niente chiacchiericcio per favore.
E, infine, il terzo obiettivo che vi proponete è proprio la missione: “Discernere i segni dei tempi per annunciare e vivere il Regno di Dio in mezzo agli uomini”. In base al carisma fondativo, la vostra missione non è ad gentes.
San Gaetano ha evangelizzato Roma, Venezia, Napoli, e lo ha fatto soprattutto attraverso la testimonianza della vita e le opere di misericordia, praticando il grande “protocollo” che Gesù ci ha lasciato con la parabola del giudizio finale, Matteo 25 (vv. 31-46). Lui e i suoi compagni hanno servito e fatto crescere quella Chiesa che è “ospedale da campo” di cui anche oggi c’è bisogno.
Vi incoraggio ad andare avanti sulle loro orme, con docilità allo Spirito, senza schemi rigidi – state attenti alla rigidità, perché la rigidità è una perversione che viene proprio dal clericalismo, è un’altra cosa brutta, e sotto qualsiasi rigidità c’è putredine, sempre –, ma ben saldi nelle cose essenziali: la preghiera, l’adorazione, la vita comune, la carità fraterna, la povertà e il servizio ai poveri. Tutto questo con cuore apostolico, con l’ansia buona, evangelica di cercare prima di tutto il Regno di Dio.
Cari fratelli, come sapete, tra le città evangelizzate da San Gaetano c’è anche Buenos Aires! La festa di San Cayetano, il 7 agosto, ha là una grande partecipazione popolare. La gente lo venera e lo prega come il “patrono del pane e del lavoro”.
Alla sua intercessione e a quella della Madonna affido il vostro cammino. Di cuore benedico voi, tutti i vostri confratelli e il vostro impegno di comunione e di missione. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me.
Grazie! Ho chiesto di portare qui uno studio breve, fatto da poco tempo da un Nunzio Apostolico sul chiacchiericcio.
Mi è venuto in mente dopo questo discorso. Credo che farà bene che ognuno se ne porti un esemplare a casa, gratuito!