Francesco incontra i vaticanisti e chiede scusa per la fatica cui li sottopone. Poi ricorda che è un lavoro faticoso perché fondato «sulla solida roccia della responsabilità nella verità, non sulle sabbie fragili del chiacchiericcio e delle letture ideologiche»
Un compito che richiede «la costanza e la pazienza di seguire giorno dopo giorno le notizie che arrivano dalla Santa Sede e dalla Chiesa, raccontando una istituzione che trascende il “qui e ora”, e le nostre stesse vite». E che costa sacrificio «nel seguire il Papa in giro per il mondo e nel lavorare spesso pure la domenica e i giorni di festa». Il Papa chiede «scusa per le volte in cui le notizie che in diverso modo mi riguardano vi hanno sottratto alle vostre famiglie». Ma invita anche giornalisti a «riflettere sul faticoso mestiere di vaticanista nel raccontare il cammino della Chiesa, nel costruire ponti di conoscenza e di comunicazione invece che solchi di divisione e di diffidenza».
Fa l’identikit del vaticanista prendendo a prestito le parole di Luigi Accattoli, a lungo giornalista del Corriere della sera, che ha definito questo «un mestiere veloce fino a risultare spietato, due volte scomodo quando si applica a un soggetto alto come la Chiesa, che i media commerciali inevitabilmente portano al loro livello […] di mercato». «In tanti anni di vaticanismo ho appreso l’arte di cercare e narrare storie di vita, che è un modo di amare l’uomo […]. Ho imparato l’umiltà. Ho avvicinato tanti uomini di Dio che mi hanno aiutato a credere e a restare umano. Non posso dunque che incoraggiare chi voglia avventurarsi in questa specializzazione giornalistica».
E ringrazia, prima di concludere chiedendo «pregate per me, ma a favore», per «la delicatezza che tante volte avete nel parlare degli scandali nella Chiesa: ce ne sono e tante volte ho visto in voi una delicatezza grande, un rispetto, un silenzio quasi, dico io, “vergognoso”: grazie di questo atteggiamento». Così pure ringrazia «per lo sforzo che fate nel mantenere questo sguardo che sa vedere dietro l’apparenza, che sa cogliere la sostanza, che non vuole piegarsi alla superficialità degli stereotipi e delle formule preconfezionate dell’informazione-spettacolo, le quali, alla difficile ricerca della verità, preferiscono la facile catalogazione dei fatti e delle idee secondo schemi precostituiti. Vi incoraggio ad andare avanti in questo cammino che sa coniugare l’informazione con la riflessione, il parlare con l’ascoltare, il discernimento con l’amore».