È l’Italia migliore, quella che guarda al futuro con speranza negli occhi e nel cuore, quella che non ha mai smesso di credere nella potenza dello stare insieme nel nome di qualcosa, o Qualcuno, di più grande, è questa Italia luminosa che a metà pomeriggio del giorno di Pasquetta 2022 a Roma ha cominciato a sciamare in piazza San Pietro, davanti a una Basilica di San Pietro innaffiata da uno splendente sole di primavera. L’Italia “ragazza”, l’Italia dei ragazzi e del loro chiassoso pellegrinare, si è data appuntamento con il Papa nel giorno del Lunedì di Pasqua: #Seguimi è lo slogan scelto per l’incontro degli adolescenti italiani con Francesco.
Gli 80mila dodici-diciannovenni arrivati da tutta Italia fanno venire in mente l’ultimo grande incontro pubblico del 2018, che vide insieme il Pontefice e i giovani italiani. In mezzo, da allora a ora, c’è il grande dramma collettivo della pandemia, con la potente immagine del Papa che in completa solitudine usciva sul sagrato di San Pietro, il 27 marzo 2020. In questi ultimi anni, come più volte sottolineato da don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, sono stati proprio gli adolescenti a patire in maniera più profonda le ferite lasciate dalle restrizioni legate alla diffusione del virus. Ed è un segno di profezia che la Chiesa italiana, in questa Pasqua 2022, abbia deciso di ripartire proprio dai ragazzi, dagli adolescenti e da coloro che si spendono senza riserve ad accompagnarli nel loro cammino di crescita.
Non poteva che essere una festa ad aprire il grande incontro con papa Francesco. Un momento speciale che nel cui programma a spiccare è la presenza del cantante Blanco, vincitore dell’ultimo Sanremo. A presentare l’evento Andrea Delogu assieme a Gabriele Vagnato, la cui allegria ha emozionato e divertito i ragazzi. Con loro sul palco anche Giovanni Scifoni, Michele La Ginestra e il giovane cantante Matteo Romano. Hanno emozionato tutti, inoltre, i racconti dell’esperienza della comunità di Nembro, particolarmente segnata dalle conseguenze del Covid-19 nella prima fase della pandemia.
“Blu celeste” è il brano di Blanco che ha fatto scendere più di qualche lacrima tra i ragazzi e i loro accompagnatori, una canzone scritta per la perdita di una persona cara.
17.30. Dopo la festa, la Veglia: l’arrivo del Papa ha acceso la piazza con l’entusiasmo corale dei ragazzi, che hanno accolto il Successore di Pietro a una voce, con un unico grande abbraccio. Il Pontefice è passato in mezzo ai giovani pellegrini, quasi a volerli salutare uno a uno, inclusi i tantissimi che hanno dovuto fermarsi in via della Conciliazione e seguire tutto dai maxischermi. La papamobile, infatti, è passata anche in mezzo a loro, oltrepassando, quindi, i confini dello Stato della Città del Vaticano.
18.00. L’importanza del momento è stata ben riassunta nelle parole del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, che ha salutato a nome dei presenti e di tutta l’Italia il Pontefice, ricordando le difficoltà vissute durate il lungo periodo della pandemia: “La gioia di oggi non deve far dimenticare, a noi e a loro, la fatica e la sofferenza dei mesi trascorsi – ha detto il porporato –. Non sono dei grandi spensierati i ragazzi che stanno davanti a Lei. Hanno sofferto, molto, durante gli ultimi due anni: più degli adulti sono spesso piombati in una solitudine che nessuna tecnologia ha potuto evitare. Eppure e nonostante tutto, ci hanno sorpresi. Se oggi siamo qui – ha proseguito Bassetti –, lo dobbiamo a questi ragazzi! Immagino che le loro paure, le loro ansie, i loro dubbi non si siano dissolti nel giro di qualche giorno: sono qui per il bisogno intenso di un incontro bello, importante, da ricordare in futuro. Qui vorrebbero capire che le loro domande sono accolte da qualcuno e che il mistero della vita può continuare a esercitare il suo fascino su di loro. Ora – ha aggiunto il cardinale – hanno bisogno della parola di un Padre, la sua, che annunci loro che il Signore Gesù può farci vivere ancora una volta l’esperienza gioiosa della Risurrezione”.
“Io mi sento di ringraziarli questi ragazzi – ha detto ancora il porporato -: un vecchio di ottant’anni come me, davanti a uno spettacolo del genere non può che commuoversi. Mi permetto di sognare anche per le Chiese che sono in Italia. Abbiamo tanti difetti, Santo Padre, e il cammino è lungo e faticoso. Ma il nostro è un popolo buono, che non ha mai del tutto abbandonato le sue radici cristiane. Chissà che questi ragazzi, oggi, ci aiutino davvero a riprendere le fila del Vangelo, dentro questa storia”
18.05. Durante il canto iniziale un gruppo di adolescenti accompagnato da un diacono ha portato in processione il cero pasquale, l’Evangelario, e un pane cotto dalla comunità di adolescenti di Villa San Francesco di Facen di Pedavena (Belluno).
18.10. Al centro della veglia di preghiera e riflessione assieme al Papa, poi, c’è il brano evangelico tratto dal ventunesimo capitolo di Giovanni, con l’incontro dei discepoli con Gesù sul lago di Tiberiade dopo la risurrezione. Un brano che termina proprio con il dialogo tra Cristo e Pietro e l’invito di Gesù “Seguimi”.
18.15. Il racconto di Giovanni 21 è al centro della “lectio”, la forma più antica di meditazione collettiva appartenente alla tradizione della Chiesa, ma con una formula rivista e rinnovata. La lettura di questo passaggio evangelico, infatti, è affidata alla testimonianza personale di quattro ragazzi: Alice, Samuele, Sofia e un altro Samuele.
Le testimonianze dei ragazzi in piazza San Pietro, sono state introdotte da Michele La Ginestra. “Abbiamo parlato insieme su questo brano del Vangelo e ora saranno loro a raccontarci cosa dice loro questo racconto dell’incontro con il Risorto sul lago di Tiberiade”.
“Io ho avuto un momento veramente buio, intorno ai 13 anni, quattro anni fa – ha raccontato infine Samuele di Muggiò -; mi sono dovuto operare per una malattia molto grave al cuore… ho passato molto tempo in ospedale: ero arrabbiato, scontroso e non me ne fregava niente della fede. Ma mia madre non mollava, ogni sera ed ogni mattina mi costringeva a pregare… io lo facevo controvoglia, non ne capivo il significato… però, poi sono tornato in oratorio e lì ho capito che c’era Gesù ad aspettarmi”.
“Dopo il Covid ho avuto un momento di vero sconforto, di apatia, non avevo voglia di vivere – ha confidato Sofia -. Ogni tanto mi ritrovavo a frequentare gli amici della parrocchia, ma non mi interessava, mi annoiavo, non riuscivo a smuovermi; poi un giorno ho incontrato un ragazzo, che non frequentava l’ambiente, ma aveva una gran voglia di vivere, e mi ha donato speranza con poche semplici parole. Mi ha aiutato a veder le cose da una prospettiva diversa, a vedere il bicchiere mezzo pieno, invece che mezzo vuoto. Forse come gli apostoli avevo solo bisogno di qualcuno che mi facesse guardare il mondo con occhi diversi”.
“Io ho avuto un momento veramente buio quando è morta mia nonna – ha raccontato Alice tra le lacrime -. Lei è sempre stata presente, nella mia vita è stata un punto di riferimento importante, e all’improvviso è scomparsa, lasciando un vuoto enorme dentro di me. Io avevo degli impegni come educatrice, ma ho trovato difficile svolgere il mio ruolo con i ragazzi del catechismo, non riuscivo ad essere più allegra, comunicativa, gioiosa. Poi, pian piano, anche grazie al confronto con una persona, Rebecca, ho compreso quanto sia stato importante per me ricevere da nonna il suo conforto, il suo sorriso, la sua dolcezza ed ho deciso di mettercela tutta per donare agli altri quello che avevo ricevuto da lei. Ho capito che Dio in ogni momento della vita vuole che stiamo bene, fa il tifo per noi”.
“Sono sempre stato timido e chiuso – ha detto Samuele, di Reggio Emilia -, non ho grande interesse a manifestarmi con gli altri. Il rapporto colla fede è altalenante, mi distraggo facilmente, e tante volte non capisco come mettere in pratica, nella vita di tutti i giorni, i precetti cristiani. Ultimamente, però, sono riuscito ad uscire da guscio grazie all’incontro con una persona speciale, ed a frequentare altri ragazzi, e questa cosa mi ha permesso di respirare una nuova aria, ho capito che non posso trovare la soluzione dei miei problemi cercando solo dentro di me, ma aprendomi nel rapporto con gli altri… ecco, forse nell’altro, negli amici, trovo ora un qualcosa di più che riesce a farmi stare bene”.
18.37. Dopo la lettura di un passaggio di un testo del cardinale Carlo Maria Martini, la voce di Mattia Piccoli ha emozionato e colpito l’intera piazza San Pietro. “Sono qui per raccontarvi la mia storia – ha detto il ragazzo di 12 anni, premiato il 14 dicembre 2021 con l’attestato di Alfiere della Repubblica dal presidente Mattarella per aver aiutato il padre colpito a 40 anni da Alzheimer precoce -: all’inizio ero un normale bambino di sei anni, pensavo solo a giocare e tutto andava bene; ma già da un po’ di tempo avevo notato che il mio papà non sembrava più lui, mi pareva diverso e a volte si dimenticava di fare le cose più importanti come venire a prendermi a scuola o andare a fare la spesa. Io non capivo proprio cosa stava succedendo al mio papà ma il 19 dicembre 2016, ci venne data la notizia che avrebbe cambiato le vite della mia famiglia: a mio papà venne diagnosticato l’Alzheimer precoce. Non avevo capito che tipo di malattia fosse, così un giorno la mamma iniziò a raccontarmi la devastazione che porta questo tipo di malattia soprattutto nei casi così giovanili. Da quel giorno il mio compito non avendo aiuti esterni, è stato quello di dare aiuto a mio papà nelle cose quotidiane che non riusciva più a fare da solo, come farsi una doccia, legarsi le scarpe oppure dargli conforto quando non sapeva dove si trovava. Non ho mai fatto nulla controvoglia o per obbligo, ho voluto aiutare mio papà come atto di amore, pensando a tutto quello che lui aveva fatto per me.
Spesso le persone mi chiedono dove trovo la forza nei momenti più bui e io non ho mai risposto a questa domanda – ha proseguito Mattia -, ma davanti a voi, devo confessare che la forza mi viene grazie alla mia famiglia: al coraggio di mia mamma, all’appoggio di mio fratello e perfino dal mio grande papà che ha sempre aiutato le persone e mi ha insegnato il valore della solidarietà. Anche la fede cristiana mi ha tante volte aiutato quando sono triste e mi sento giù, perché mi manca tanto il mio papà di una volta e infatti, ricordo quando tutti assieme ci ritrovavamo in chiesa ad accendere una candela, confidando che le nostre richieste venissero esaudite o come era felice il mio papà quando cantava con il coro parrocchiale. Spero che la benedizione di Papa Francesco possa aiutare la mia famiglia ma soprattutto il mio papà”.
18:42. “Voi non avete l’esperienza dei grandi ma avete qualcosa che i grandi alle volte hanno perduto, voi avete il fiuto della verità“: sono le parole forti che il Papa ha rivolto agli 80mila adolescenti in piazza San Pietro. “Questa piazza attendeva da tempo di riempirsi del vostro entusiasmo – ha detto Francesco -. E alla piazza è successo quello che succede a tutti con il digiuno: aveva fame e si è riempita di più – ha aggiunto riferendosi al gran numero di presenti -. Il racconto del Vangelo che abbiamo ascoltato, inizia nel buio della notte – ha poi proseguito, leggendo solo in parte il testo del discorso preparato per esprimersi a braccio -: i discepoli non pescano nulla, ma Gesù, che appare sul fare dell’alba, dice loro di gettare le reti alla loro destra. Questo può aiutarci a pensare ad alcuni momenti della nostra vita, quando ci sentiamo nudi, inermi, soli. Quante volte vi siete sentiti soli, quante volte avete avuto paura: non bisogna vergognarsi di dire “ho paura del buio”, le paure vanno dette, si devono esprimere per poterle cacciare via. Il buio ci mette in crisi ma dipende da come noi gestiamo queste situazioni: le crisi vanno illuminate per poterle vincere. Voi non avete l’esperienza dei grandi ma avete qualcosa che i grandi alle volte hanno perduto, voi avete il fiuto della verità. Vi auguro di avere il fiuto di Giovanni e il coraggio di Pietro. Non abbiate paura della vita, abbiate paura piuttosto della morte del cuore. La vita è bella, è per essere data agli altri. È importante che voi andiate avanti – ha concluso il Pontefice -: illuminate le paure, vincete lo scoraggiamento con il coraggio di prendere la mano di chi abbiamo vicino e ce la tende, e non perdete il fiuto della verità. I bambini chiamano la mano della mamma, così anche noi chiamiamo la mano di Maria: vi aiuti lei a rispondere con fiducia: sono qui Signore, cosa devo fare? Sono qui per fare del bene. Lei vi insegni a dire “eccomi” e a non avere paura”.