«Ognuno di noi conosce persone che, pur non essendo pienamente integrate nella vita della Chiesa, avrebbero qualcosa di importante da dire. A volte le situazioni dolorose o tristi della vita possono averle allontanate o relegate in un ambito di silenzio forzato, ma sono persone rimaste interiormente vicine al Signore: chiediamo a Lui occhi per vedere e dare voce anche a costoro». Lotta al Covid: «Serve un surplus di responsabilità da parte di tutti»
Un prete che ha lasciato, un amico divorziato, una donna abusata, il giovane disilluso: a queste e a mille altre possibili situazioni probabilmente ha pensato il cardinale Gulatiero Bassetti quando ha scritto l’ultimo paragrafo dell’introduzione che ha letto all’assemblea generale straordinaria della Cei (Roma, 22-25 novembre): «Ognuno di noi conosce persone che, pur non essendo pienamente integrate nella vita della Chiesa, avrebbero qualcosa di importante da dire. A volte le situazioni dolorose o tristi della vita possono averle allontanate o relegate in un ambito di silenzio forzato, ma sono persone rimaste interiormente vicine al Signore: chiediamo a Lui occhi per vedere e dare voce anche a costoro».
Forse per cogliere la sfida che la Chiesa italiana ha di fronte con il cammino sinodale che ha intrapreso, conviene partire da queste parole. Dalla ricerca di strade nuove per «tenere il diaframma del cuore il più aperto possibile, per consentire a chi vuole di lasciare un’impronta di luce: anche a chi vive nell’ombra, suo malgrado. Attraverso il Cammino sinodale abbiamo l’occasione, come pastori, di mostrare il volto misericordioso della Chiesa». È stato il Sinodo il tema preponderante del discorso del capo dei vescovi italiani, centrato su alcuni punti chiave. Prima di tutta la necessità di una nuova collegialità, di un «nuovo respiro»: la vita ordinaria – «La chiamata del Signore a predicare il Vangelo e la comunione stabile tra di noi, cum Petro et sub Petro» – è il «respiro di sempre», che va allargato con un coinvolgimento qualitativamente diverso dell’intera comunità. Occorre «far maturare la collegialità che viviamo tra di noi», ha detto Bassetti ai confratelli vescovi, «verso la sinodalità di tutti i soggetti ecclesiali. Abbiamo l’opportunità di coinvolgere tutti i credenti, anche quelli più tiepidi, facendoli sentire non accessori o meri destinatari, ma essenziali della vita della Chiesa». Il Sinodo dunque come «l’occasione per apprendere un nuovo “respiro ecclesiale”, quello del popolo di Dio protagonista insieme con il suo pastore».
Per questo motivo il cardinale ha insistito tanto sulla fase dell’ascolto, che riguarderà certamente «gli organismi già esistenti e previsti dal Codice, come il Consiglio presbiterale o il Consiglio pastorale diocesano» e «i laici, i presbiteri e coloro che vivono una specifica esperienza ecclesiale nei movimenti e nelle associazioni laicali», ma chiederà a ogni diocesi di esercitare la propria creatività per allargare i confini. Bassetti ha chiesto chiaramente di non aspettarsi suggerimenti dal centro su come fare: «Ciascun Vescovo ha facoltà di elaborare ad hoc forme, appuntamenti, contesti, organismi per rendere questa fase di ascolto la più vitale e proficua possibile». L’orizzonte è chiaro: «L’ascolto che ci è richiesto all’inizio del Cammino sinodale non è un gesto strategico né un pro forma». Consapevoli che il primo ascolto richiesto è quello dello Spirito. «Mi pare di vedere nel Cammino sinodale una grande occasione di crescita non solo per noi pastori, ma per la Chiesa nel suo complesso. Si tratta di modificare la direzione del pensiero: non c’è più chi parla soltanto e chi ascolta soltanto; tutti siamo in ascolto gli uni degli altri, e soprattutto in ascolto dello Spirito. Tutti siamo in cammino di crescita».
Questa assemblea dei vescovi è la seconda del 2021. «Dopo l’interruzione dovuta alla pandemia da Covid19 nel 2020, abbiamo come sentito il bisogno di serrare i ranghi per accrescere quella sintonia tra di noi e quella unità di intenti, che ci devono contraddistinguere come Chiesa in Italia», ha detto Bassetti. Che ha accennato alle preoccupazioni di fronte all’aumento dei contagi: «Serve un surplus di responsabilità da parte di tutti»: proprio adesso è necessario fare quello sforzo ulteriore che ci aiuterà a superare il secondo inverno difficile nel nostro Paese e in tutto il mondo. La divisione in fronti contrapposti indebolisce sia la tenuta della società sia il cordone sanitario che ci ha permesso di salvaguardare i più fragili e di contenere significativamente il numero delle vittime».
Il cardinale ha ricordato alcune ferite aperte nella società e nella Chiesa, richiamando il tema degli abusi («le persone che sono state vittime di abusi fisici e psicologici, anche nei nostri ambienti. Sono persone segnate da ferite che richiedono molto tempo e fatica per guarire»); i migranti e rifugiati («la situazione della Libia. Penso ora a quanto sta avvenendo nei confronti dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, e a quelli che dalle coste del Magreb si avventurano nel Mediterraneo); le aspettative deluse dei giovani («Ogni anno in Italia in migliaia fanno le valigie per cercare fortuna altrove. Molti stentano a trovare lavoro qui oppure sono demotivati a tal punto da rinunciare a cercare un’occupazione o a studiare per raggiungerla. Non possiamo assistere a una situazione sociale e ambientale che rischia di tarpare le ali ai nostri ragazzi e di impoverire molti territori, destinati a spegnersi senza un ricambio generazionale!»).
Infine, dopo aver ricordato i vescovi defunti in questo anno, quelli che sono andati in pensione e quelli di recente nomina, ha accennato agli impegni presi dalla Chiesa italiana nella recente settimana sociale di Taranto («che i temi affrontati a Taranto siano oggetto di approfondimento e diventino occasione per fare scelte concrete anche a livello ecclesiale; possano essere, allo stesso tempo, una speranza per alcuni territori dell’Italia, particolarmente provati»).
Non è mancato il ringraziamento a papa Francesco che ha annunciato la sua presenza all’incontro con i Vescovi del Mediterraneo, che si terrà a Firenze dal 23 al 27 febbraio 2022.« Il Papa testimonia così la sua premura e attenzione a un’iniziativa importante, perché coinvolgerà le comunità civili ed ecclesiali del Mediterraneo. Si tratta di un altro tassello nella costruzione di una “cultura comunitaria”».
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