Un Mercoledì delle Ceneri all’insegna del digiuno, in ascolto della Parola di Dio, soprattutto come momento di preghiera importante per invocare la pace – come ha chiesto papa Francesco – in particolare per la martoriata Ucraina. Saranno questi semplici gesti di oggi «che ci aiuteranno ancora di più ad essere in comunione con chi soffre o ha subito un lutto o un grave torto o vive situazioni di grande desolazione e vulnerabilità».
Il gesuita belga Jean Louis Ska già docente di esegesi biblica al Pontificio Istituto Biblico di Roma vede nell’indicazione di papa Francesco per l’appuntamento odierno non solo un’occasione per partecipare con senso di contrizione e penitenza al tradizionale rito di imposizione delle Ceneri ma anche la via privilegiata, in particolare tramite il digiuno, per andare alle radici di ciò che il Vangelo suggerisce a ciascuno, anche a chi non è credente.
«La pratica dell’astinenza dal cibo – è l’osservazione del biblista, specializzato nel commento e studio dei primi cinque libri della Scrittura, il Pentateuco – era nel Dna anche delle società primitive. Fa parte di un patrimonio condiviso dell’umanità. Basti pensare come questa usanza sia condivisa con noi cristiani, anche per esempio, dagli induisti, dai buddisti o dai musulmani. Spesso queste pratiche sono state usate per attirare l’attenzione delle divinità, anche pagane, e così provocare da parte di questi “dei” una reazione in favore di chi soffre e chi è in difficoltà o per chiedere particolari grazie come l’uscita da disastri naturali».
Dal suo osservatorio, padre Ska rievoca anche i casi di uso distorto di queste pratiche narrate proprio nell’Antico Testamento. «Basti pensare al capitolo 18 del primo Libro dei Re dove i profeti di Baal fanno dei sacrifici, si lacerano per ottenere dal loro dio Baal il dono della pioggia…..».
Tornando all’appuntamento di oggi – a giudizio di padre Ska – potrà aiutarci a entrare nel mistero della Parola di Dio. E non solo. «La stessa liturgia del Mercoledì delle Ceneri, come recita il Libro di Isaia, ci dice in fondo che è necessario accompagnare l’atto del digiuno a scelte e gesti importanti di giustizia, di solidarietà e di carità verso gli altri. Questo richiamo di Isaia ci riporta a ricercare uno stile e impegno di fraternità in fondo del tutto simile a quello che si viveva già nelle prime comunità cristiane, come ci testimoniano gli Atti degli Apostoli là dove sottolineano che tra di loro “nessuno era nel bisogno”», proprio in virtù di quell’atteggiamento.
Per ottenere dal Signore il sostegno di grazie che stiamo cercando e invocando da Lui è però importante, spiega l’esegeta belga, imparare a vivere in modo autentico il digiuno. «Mi viene spesso in mente – è l’argomentazione dello studioso – il passo del Vangelo di Luca (5, 33-39) dove Gesù dice ai discepoli: “Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo Sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo Sposo sarà tolto: allora in quei giorni digiuneranno”.
Credo che solo entrando nel mistero dello “Sposo che sarà tolto” potremmo comprendere a pieno l’atto del digiuno così da partecipare al dolore di chi sta peggio di noi, come nel caso di chi vive il dramma della guerra o della malattia». Un esercizio che può simboleggiare quasi un “esame di coscienza” per sentirci in sintonia con chi vive situazioni drammatiche e apparentemente prive di speranza e di luce. Come nel caso della “vicina” Ucraina.
«È proprio così – sottolinea – credo che il gesto del digiuno per invocare la pace nel mondo sia un modo per non essere indifferenti verso chi soffre e vive condizioni di grande infelicità. Allora il periodo della Quaresima può rappresentare l’occasione per prendere a cuore queste situazioni. Il digiuno può essere uno di quei modi – anche alla luce della Scrittura – per dimostrare che siamo toccati da quello che accade in altre parti del mondo e non rimanere indifferenti, come chi invece continua la sua vita come “se nulla fosse” magari danzando o andando a bere o mangiare in eccesso».
In questo senso gli insegnamenti e i messaggi di Francesco si muovono sugli stessi binari della Scrittura. «Lo stesso fatto che papa Bergoglio abbia voluto invitare i non credenti ci vuole in fondo dire – è la riflessione finale di padre Ska – che tutti facciamo parte della stessa umanità. E tutti siamo membri dello stesso Pianeta. Il digiuno e il vivere con coscienza il tempo liturgicamente forte della Quaresima rappresentano per noi cristiani, come ci dice il Vangelo, l’occasione per essere “sale della terra” per gli altri. Cioè persone che hanno sapore, sapide, e quindi cariche di significato, per il resto dell’umanità».