“Gli omosessuali sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo”. Non dice che costituiscono una famiglia, ma è giusto dare una copertura legale; lo dice il Pontefice in un docufilm presentato al Festival di Roma

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“Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo“. Lo afferma papa Francesco nel docufilm “Francesco“ di Evgeny Afineevsky, presentato oggi in anteprima mondiale al Festival del cinema di Roma, nella sezione Eventi Speciali. Inutile ribadire che l’invito del Papa ha come sempre carattere universale e non si riferisce necessariamente all’Italia, dove peraltro una legge simile è già stata approvata.

Nel lungometraggio, che domani, giovedì, sarà insignito, nei Giardini Vaticani, del Premio Kinéo, giunto alla 18ma edizione, il Papa interviene sul tema anche con una telefonata a una coppia di omosessuali italiani che gli avevano indirizzato una lettera. Andrea Rubera e Dario Di Gregorio, tre figli piccoli a carico avuti con la “gestazione per altri” in Canada, avevano chiesto al Papa come superare l’imbarazzo legato al loro desiderio di portare i figli in parrocchia alle lezioni di catechismo. La risposta di papa Francesco è stato inequivocabile: i bambini vanno accompagnati in parrocchia superando eventuali pregiudizi e vanno accolti come tutti gli altri. Andrea Rubera è presidente di “Nuova proposta”, associazione di cristiani lgbt di Roma. Molto bella poi la testimonianza di Juan Carlos Cruz, vittima e attivista contro gli abusi sessuali, presente al Festival di Roma insieme al regista. «Quando ho incontrato Papa Francesco mi ha detto quanto fosse dispiaciuto per quello che era successo. ‘Juan, è Dio che ti ha fatto gay e comunque ti ama. Dio ti ama e anche il Papa poi ti ama’».

 

Parole che stupiscono solo chi dimentica la coerenza e la linearità degli interventi di papa Francesco in questi anni sul tema omosessualità.
L’intervento più circostanziato nell’Esortazione postsinodale Amoris laetitia (n. 250), dove scrive tra l’altro: “Desideriamo innanzi tutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Nello stesso passaggio l’invito alla Chiesa ad accompagnare gli omosessuali affinché “possono avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita”.

Nessuna confusione col matrimonio​ tra uomo e donna

Non va però dimenticato che nel paragrafo immediatamente successivo il Papa prende le distanze da qualsiasi rischio di confusione tra matrimonio e unioni civili, sottolineando come “non esista fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia (AL 251).

Concetto che papa Francesco torna a ribadire decine e decine di volte. Il 28 dicembre 2014, per esempio, parlando all’Associazione delle famiglie numerose, parla di “maternità e paternità come dono di Dio“, a sottolineare che l’accoglienza e il rispetto che si devono alle persone omosessuali non possono in alcun modo intaccare la verità e la centralità della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Ci sembra corretto ricordarlo nel momento in cui questa nuova presa di posizione sui diritti da riservare alle persone omosessuali – ineccepibile alla luce del Vangelo – rischia di essere letta come volontà implicita di rivedere il magistro sul matrimonio. Non è così. E non avrebbe alcun senso ipotizzarlo.

E basta rileggere con attenzione Amoris leatitia (aprile 2016) per rendersene conto. Tornando alla questione omosessualità, la frase forse rimasta più celebre rimane quella pronunciata il 28 luglio 2013: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Si tratta di un passaggio della conferenza stampa sull’aereo di ritorno dal viaggio apostolico in Brasile, in occasione della XXVIII Giornata mondiale della Gioventù. Uno scandalo? Anche nei confronti delle persone omosessuali Francesco non dimentica che “la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio” (AL 311). D’altra parte, nelle occasioni in cui ha manifestato il suo pensiero sul tema gay, il Papa ha accennato spesso alle parole del Catechismo, pur in modo informale, lasciando intendere che al centro ci devono sempre essere le persone, il loro vissuto, le loro fragilità, le loro speranza, e non l’applicazione di leggi morali “come fossero pietre che si scagliano contro la vita delle persone” (AL, 305).

Il 26 giugno 2016, durante la conferenza stampa sull’aereo di ritorno dal viaggio apostolico in Armenia, torna sul tema. «Io ripeterò la stessa cosa – a proposito degli omosessuali – che ho detto nel primo viaggio, e ripeto anche quello che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: che non vanno discriminati, che devono essere rispettati, accompagnati pastoralmente. Si possono condannare, non per motivi ideologici, ma per motivi – diciamo – di comportamento politico, certe manifestazioni un po’ troppo offensive per gli altri. Ma queste cose non c’entrano con il problema: se il problema è una persona che ha quella condizione, che ha buona volontà e che cerca Dio, chi siamo noi per giudicarla? Dobbiamo accompagnare bene, secondo quello che dice il Catechismo”. E subito dopo ha aggiunge: “Io credo che la Chiesa non solo debba chiedere scusa a questa persona che è gay, che ha offeso, ma deve chiedere scusa anche ai poveri, alle donne e ai bambini sfruttati nel lavoro”.

Papa Francesco riparla del rapporto tra Chiesa e gay il 21 maggio 2018, incontrando un omosessuale cileno, Juan Carlos, come riferisce il quotidiano spagnolo “El Pais”. Queste le parole di Francesco: «Juan Carlos, che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei”. Juan Carlos Cruz fu vittima di don Fernando Karadima, parroco pedofilo che oggi ha 87 anni e che è stato all’origine dello scandalo che ha scosso la Chiesa cilena. I suoi abusi, in particolare, sarebbero stati nascosti dalle gerarchie, fra queste dal vescovo di Osorno, Juan Barros.

Il 26 agosto 2018, sull’aereo di ritorno da Dublino dove si è tenuto l’Incontro mondiale delle famiglie, papa Francesco spiega: “Cosa direi io a un papà che vede che suo figlio o sua figlia ha quella tendenza? Io gli direi anzitutto di pregare: prega. Non condannare, dialogare, capire, fare spazio al figlio o alla figlia. Fare spazio perché si esprima. Ma io mai dirò che il silenzio è il rimedio: ignorare il figlio o la figlia con tendenza omosessuale è una mancanza di paternità e maternità. Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia, così come sei; io sono tuo padre e tua madre, parliamo. E se voi, padre e madre, non ve la cavate, chiedete aiuto, ma sempre nel dialogo, sempre nel dialogo. Perché quel figlio e quella figlia hanno diritto a una famiglia e la famiglia è questa che c’è: non cacciarlo via dalla famiglia”.

E non è tutto. Papa Francesco parla di omosessualità anche il 28 maggio 2019, incontrando un gruppo di persone che partecipano al programma della Bbc chiamato Pilgrimage: “Siamo tutti esseri umani, abbiamo dignità, se una persona ha una tendenza o un’altra,questo non toglie la sua dignità di persona“, dice tra l’altro Francesco.

E poi di nuovo il 30 settembre dello stesso anno, ricevendo in udienza il gesuita padre James Martin, autore del libro del 2017 “Costruire un ponte: Come la Chiesa cattolica e la comunità LGBT possono entrare in una relazione di rispetto, compassione e sensibilità (Marcianum press 2017).

Infine il 16 settembre scorso, accogliendo al termine dell’udienza generale del mercoledì un gruppo di genitori con figli lgbt, sottolinea: “Il Papa ama i vostri figli così come sono. E anche la Chiesa li ama”. In quell’occasione accetta in dono una copia del libro “Genitori fortunati” (le storie delle famiglie che fanno parte dell’associazione tenda di Gionata) e una maglietta arcobaleno con una frase del Vangelo di Giovanni: “Nell’amore non c’è timore”.