Nominato delegato pontificio ad nutum Sanctae Sedis, con pieni poteri, è stato lui a consegnare il “decreto singolare” a firma del cardinale Pietro Parolin nel quale si chiedeva l’allontanamento del fondatore (insieme a Lino Breda, Goffredo Boselli e Antonella Casiraghi) dalla comunità
“Siamo ancora in una fase iniziale, anche se il decreto è stato accettato”. A parlare per la prima volta da quando è scoppiato il “caso” Bose è padre Amedeo Cencini, che dal 13 maggio scorso non ha più lasciato la comunità piemontese fondata da padre Enzo Bianchi. Nominato delegato pontificio ad nutumSanctae Sedis, con pieni poteri, è stato lui a consegnare il “decreto singolare” a firma del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità e approvato in forma specifica dal Papa, nel quale si chiedeva l’allontanamento di Bianchi, di Lino Breda, Goffredo Boselli e di Antonella Casiraghi. Da allora il canossiano, 72enne, psicoterapeuta, esperto delle problematiche psicologiche della vita sacerdotale e religiosa, non si è più mosso da Bose e non ha detto pubblicamente una sola parola sulla vicenda.
La situazione a Bose resta tesa. Per ora Enzo Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi non hanno abbandonato il monastero. Molti fratelli e sorelle di Bose considerano il decreto “un’ingiustizia”. A non dire una sola parola è anche l’attuale priore Luciano Manicardi, mentre Bianchi quattro giorni fa ha twittato: “Amiche e amici che mi avete scritto, grazie! Per ora non vi dico altro. Ormai vecchio non so prevedere il mio breve domani. Pregate per me, un uomo che ha tentato di diventare un cristiano”.
La vicenda resta avvolta dal mistero. Tutto è iniziato con la visita apostolica: “In seguito a serie preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede che segnalavano una situazione tesa e problematica nella Comunità per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno”. Papa Francesco ha inviato a Bose proprio Cencini con padre Abate Guillermo León Arboleda Tamayo e madre Anne-Emmanuelle Devéche, badessa di Blauvac. Un’’ispezione’ durata un mese alla fine della quale i visitatori “hanno consegnato alla Santa Sede la loro relazione, elaborata sulla base del contributo delle testimonianze liberamente rese da ciascun membro della comunità”. Dopo quattro mesi è arrivato il decreto accettato inizialmente solo da Lino Breda.
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