La strada maestra che farà uscire l’ecumenismo dall’attuale fase di crisi e di ristagno sarà proprio quella dell’ecumenismo spirituale, inteso come esperienza spirituale condivisa.
Il Concilio Vaticano II, nella sua dimensione pastorale, dialogante e misericordiosa, ha dato molta importanza alla spiritualità, alla preghiera come mezzo per avvicinarsi a Dio e ai fratelli.
«Ecumenismo vero non c’è senza interiore, conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall’abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità. Perciò dobbiamo implorare dallo Spirito divino la grazia della sincera abnegazione, dell’umiltà e mansuetudine nel servizio e della fraterna generosità di animo verso gli altri […]. Perciò con umile preghiera chiediamo perdono a Dio e ai fratelli separati, come pure noi rimettiamo ai nostri debitori. Si ricordino tutti i fedeli che tanto meglio promuoveranno anzi vivranno in pratica l’unione dei cristiani, quanto più studieranno di condurre una vita più conforme al vangelo. Pertanto con quanta più stretta comunione saranno uniti col Padre, col Verbo e con lo Spirito Santo, con tanta più intima e facile azione potranno accrescere la mutua fraternità» (Unitatis redintegratio, n. 7).
«Questa conversione del cuore e questa santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani, si devono ritenere come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale. È infatti consuetudine per i cattolici di radunarsi di frequente a recitare insieme la preghiera per l’unità della Chiesa, con la quale ardentemente alla vigilia della sua morte lo stesso Salvatore pregò il Padre “Perché tutti siano uno” (Gv 17,21). In alcune speciali circostanze, come sono le preghiere che vengono indette “per l’unità”, e nei congressi ecumenici è lecito, anzi desiderabile che i cattolici si associno nella preghiera con i fratelli separati. Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’unità, sono una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati “Poiché dove sono due o tre adunati nel nome mio, ci sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20)» (Unitatis redintegratio, n. 8).
Giovanni Paolo II ribadì varie volte e con estrema chiarezza la priorità della preghiera e l’importanza dell’ecumenismo spirituale nella sua enciclica Ut unum sint del 1993 (n. 15s; 21s.; 24-27).
Così pure Benedetto XVI, il quale nel novembre 2010 ricordava: «L’azione ecumenica ha un duplice movimento. Da una parte la ricerca convinta, appassionata e tenace per trovare tutta l’unità nella verità, per escogitare modelli di unità, per illuminare opposizioni e punti oscuri in ordine al raggiungimento dell’unità. E questo nel necessario dialogo teologico, ma soprattutto nella preghiera e nella penitenza, in quell’ecumenismo spirituale che costituisce il cuore pulsante di tutto il cammino: l’unità dei cristiani è e rimane preghiera, abita nella preghiera.
Dall’altra parte, un altro movimento operativo, che sorge dalla ferma consapevolezza che noi non sappiamo l’ora della realizzazione dell’unità tra tutti i discepoli di Cristo e non la possiamo conoscere, perché l’unità non la “facciamo noi”, la “fa” Dio: viene dall’alto, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo di amore che è lo Spirito Santo; è un prendere parte all’unità divina. E questo non deve far diminuire il nostro impegno, anzi, deve renderci sempre più attenti a cogliere i segni e i tempi del Signore, sapendo riconoscere con gratitudine quello che già ci unisce e lavorando perché si consolidi e cresca».
Che cos’è dunque l’ecumenismo spirituale? È cercare la volontà di Dio insieme, tramite la preghiera, il sacrificio, il servizio. L’ecumenismo spirituale è il cuore stesso dell’ecumenismo, perché la conversione del cuore e della mente, il rinnovamento interiore, la santità di vita e la sequela del Vangelo, la preghiera privata e comune sono al centro di ogni vera attività ecumenica.
È infatti nel cuore di ogni persona che nasce l’urgenza di prendere sul serio la chiamata evangelica all’unità.
Il Signore Gesù disse: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35); ciò comporta che i cristiani riprendano a incontrarsi e ad amarsi. Sono importanti i dialoghi teologici, ma il dialogo della carità è la via centrale dell’ecumenismo, non una via laterale o parallela. Al contrario è l’alveo che le fonda e raccoglie ogni altro percorso. Il patriarca ortodosso Atenagoras diceva: «L’orgoglio ci ha separati, l’amore ci unirà».