Una santità “attuale”, come ha sottolineato il presidente della Cei, il cardinal Matteo Zuppi al Consiglio permanente del gennaio scorso, citando Minzoni e don Lorenzo Milani come esempi di preti che «hanno resistito al Male e creato il bene in situazioni tanto difficili». «Così vivono e muoiono i preti – ha aggiunto nella sua introduzione ai lavori del Consiglio episcopale –. Questa memoria incoraggia noi preti italiani, che talvolta ci interroghiamo sul tanto lavoro e ci sentiamo quasi abbattuti. Ci inseriamo in una lunga catena di servitori del Vangelo e del popolo italiano che si sono spesi con fedeltà e creatività sociale e pastorale».
«Quella di don Minzoni è una santità molto chiara», spiega il postulatore della causa di beatificazione, padre Gianni Festa, dell’Ordine dei predicatori: «C’è molto materiale storico. E anche il magistero si è espresso sul suo ministero sacerdotale. Quello che emerge dai documenti che ho iniziato a studiare è l’immagine di un sacerdote che non si è tirato indietro, non ha ceduto a compromessi. Radicato nella storia, attento a quel che stava accadendo sia nella Chiesa che nella società, non è stato un sacerdote disincarnato. Un uomo libero, che ha difeso l’umano e la fede, sporcandosi la tonaca».
Parte quindi l‘iter, che avrà come primo appuntamento ufficiale l’apertura della fase diocesana dell’inchiesta diocesana. A quel punto, don Minzoni potrà essere chiamato “servo di Dio”, e verrà anche composta una preghiera per la sua beatificazione. L’obiettivo è concludere questi primi passaggi nell’anno del centenario.
L’inchiesta diocesana, prosegue padre Festa, prevede la raccolta delle prove documentarie sulla vita e sulla santità del servo di Dio: «Le testimonianze, essendo passati così tanti anni, potranno riguardare solo la sua fama di santità». Una volta chiusa l’inchiesta diocesana, il materiale verrà mandato a Roma dove verrà vagliato dal Dicastero delle cause dei santi. Si procederà alla scrittura della cosiddetta “positio”, il dossier relativo alla causa di beatificazione che raccoglie tutto il materiale emerso nella fase diocesana, lo organizza e presenta il profilo del candidato per dimostrarne la santità, un documento sul quale, al termine del processo, dopo teologi e storici, si pronuncerà il Papa.
Le strade da percorrere per impostare la causa, spiega padre Festa, sono diverse: si potrebbe puntare sulle sue ‘virtù eroiche’ di sacerdote, sull’offerta dell’esistenza, «dato che don Minzoni sapeva benissimo che proseguendo per la strada intrapresa avrebbe messo a rischio la sua vita», oppure, ed è la strada al momento più probabile, sul martirio, «in difesa di Dio e dei suoi giovani».
«Un parroco missionario tra i ragazzi e i giovani è un grande esempio per noi oggi», è il commento dell’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni alla notizia del nulla osta alla causa di beatificazione. «Finalmente possiamo partire per un percorso di valorizzazione ecclesiale e di riconoscimento di una vocazione di totale consacrazione a Dio e ai più poveri – conclude monsignor Ghizzoni – : i giovani e i piccoli, bisognosi di formazione spirituale, morale, umana».