Luca è il primo a collocare la nascita di Gesù all’interno della storia.
Le indicazioni che dà però non sono precise e hanno fatto molto discutere gli studiosi.
Il suo intento non è tanto quello della precisione storica, quanto quello di inserire la nascita di Gesù nella storia universale.
Una premessa: quella che gli evangelisti trasmettono è una verità e questa è uguale per tutti; il modo di trasmetterla è diverso. Ogni evangelista, secondo la comunità cui si rivolgeva, secondo il piano teologico che aveva, presentava questa verità in modo differente. Un esempio è proprio la nascita di Gesù: la verità che vogliono trasmettere è l’amore di Dio per tutti e che gli uomini ritenuti lontani da Dio, in realtà, sono i primi a percepirne la presenza. Questa è la verità che vogliono mostrare. I modi, il “come”, sono diversi.
Se in Matteo i protagonisti della nascita di Gesù sono i maghi venuti dall’oriente, nel Vangelo di Luca sono i pastori. Personaggi differenti ma uniti da una stessa condizione: le persone considerate più lontane da Dio perché pagane (maghi) e impure (pastori), sono avvolte dall’amore di quel Dio che «ha mostrato che non si deve dire profano o impuro nessun uomo» (At 10,28). Pertanto la verità è storica (l’amore universale di Dio), il fatto è teologico (maghi/pastori).
Pastori
I pastori erano persone disgraziate, emarginate. Erano considerati ladri e criminali. Per il Talmud erano considerati “non persone” e si diceva: «Se per strada trovi un pastore che è caduto in un dirupo, non tirarlo fuori». Vivendo con gli animali, si diceva, erano diventati come loro. Ovviamente non potevano recarsi in sinagoga o al tempio, per cui erano l’emblema del peccatore impuro, per loro non c’era nessuna possibilità di salvezza. Quando sarebbe arrivato il Messia, pastori e pubblicani, sarebbero stati i primi a essere eliminati.
Luca smentisce l’idea di un Dio che giudica e castiga. Ecco la bella notizia: quando Dio incontra i peccatori, li avvolge con la luce del suo amore. I pastori questo non lo sanno, e, infatti, «sono presi da grande timore», perché sapevano quello che li aspettava, «ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore»». Per loro è venuto al mondo, per l’ultimo, per chi è disperato (senza speranza), disgraziato (senza grazia).
Toccare
Dio entra nella storia. Da quel giorno nessuno può più accusare Dio di godersi l’immensità dei cieli. Dio è cosi innamorato dell’uomo da diventare uno di noi. Che bello! In fondo avrebbe potuto scegliere mille altri modi per raccontarsi. La nostra carne è stata scelta da Dio come luogo per rivelarsi. Un Dio che si fa toccare: in un mondo dove l’uomo si sente intoccabile, Dio sceglie di farsi toccare. Ma la cosa che mi lascia sempre senza fiato è il “come”. Tra le infinite possibilità Dio sceglie una piccola adolescente e un giovane carpentiere. Sceglie una città sconosciuta e una stalla. È così che Dio viene ad abitare tra gli uomini. Avrebbe potuto scegliere di meglio non credete? Chi ha creato dal nulla l’Universo, ha bisogno di una ragazzina per sopravvivere. Incredibile vero? Sì, Dio è così. Amico lettore, se vuoi capire fino in fondo questa pagina di vangelo, devi togliere la melassa con la quale abbiamo avvolto il Natale. Altro che festa dei buoni sentimenti, altro che festa per i bambini. A ben pensarci non c’è molto da festeggiare e non a caso, per alcuni secoli, i primi cristiani si guardarono bene dal festeggiare la nascita di Gesù. Un bambino che nasce solo, in mezzo a una strada, nell’indifferenza del mondo. Luca racconta un Dio che si fa uomo nell’indifferenza degli uomini. Il Natale può essere, un gran business, una bella farsa, dove facciamo finta che Gesù nasca di nuovo, oppure un evento forte, decisivo per la nostra vita. La differenza la fa il nostro cuore.
Presepe
Amico lettore, ti sei mai soffermato a guardare un presepe? Certo che sì. Che cosa hai notato? Vari personaggi, ognuno intento nel suo lavoro: il panettiere, il pescivendolo, la lavandaia, i pastori e molti altri. La farina per imbiancare le montagne, uno specchio per il lago, la grotta e l’immancabile cometa (che il vangelo non riporta). Io osservo sempre una cosa: tranne Maria e Giuseppe quasi mai nessuno è rivolto verso il bambino, ognuno indaffarato nei suoi lavori. Sai cosa penso? Penso che sia andata proprio così. La sua nascita è avvenuta nella totale indifferenza, proprio come oggi. Ognuno corre per la sua strada, bada alle sue cose, si lamenta per il lavoro, se la prende con i politici, prepara il menù per i giorni di festa, spera di trascorrere alcuni giorni di riposo… E Dio è lì, in quella culla improvvisata. Gesù è nato e continua a nascere nell’indifferenza dell’uomo. Eppure, da quel giorno in cui Dio ha varcato la soglia del tempo, tutto è cambiato, nulla è come prima. La storia non sarà più la stessa. Il Suo primo respiro ha segnato l’inizio della nostra era, siamo nel “dopo Cristo”, è Lui che fa la differenza.
Profezia
Luca non sta commemorando un ricordo, ma celebrando una profezia. Natale non è la festa della bontà ma il giudizio di Dio sul mondo. Da quella notte il senso della storia ha cambiato direzione: non dobbiamo più sforzarci di raggiungere Dio perché è Lui che è venuto incontro. Dio sceglie il punto più basso perché nessun uomo sia più in basso. E se lo rifiutiamo? Viene e ci abbraccia lo stesso perché Lui non teme nessuna stalla. Lui è nato in mezzo a delinquenti (pastori) e morirà in mezzo a delinquenti (i due ladroni) perché più nessuno possa sentirsi lontano, abbandonato.
Quanta fede ha avuto Dio affidando suo figlio nelle mani di una giovane adolescente. Dio ha avuto fede in Maria perché ha fede nell’uomo.
La domanda, però, nasce spontanea: perché il Natale? Perché ha scelto di incarnarsi? Non poteva godersi la sua immensità? Amico lettore, l’ha fatto per amore. Dio si è fatto uomo perché l’uomo si potesse far Dio. Natale fa venire le vertigini. Si sogna in grande, si sogna da Dio. Cristo nasce perché io nasca. Non dimentichiamolo: per Dio siamo tutti figli unici, amati, cercati, voluti. La nascita di Gesù vuole la nostra nascita e vuole che noi nasciamo diversi e nuovi. L’incarnazione è lì a ricordarci che il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo e ogni storia umana è storia sacra.
Un’ultima cosa: che bello sapere che nasce per tutti. Per chi l’ha atteso e per chi non ne vuol sapere di Dio. Per chi lo sente vicino, perché come Lui abita la periferia della storia e per chi lo sente lontano, lassù nei cieli. Per chi sta cercando di fare un passo verso di Lui e per chi non riesce a vedere che Lui ne ha già fatti cento nella sua direzione. Per chi è nella gioia e per chi, dopo anni, farà Natale senza suo marito, sua moglie. Per chi vive in solitudine i periodi di festa e per chi finalmente stringe tra le braccia un figlio atteso.
La bella notizia del Natale? Dio si fa toccare; stanco di essere frainteso ha scelto di raccontarsi. Ora sappiamo che Dio è amore, solo amore.