Educare alla pace, come veri «pellegrini di speranza». E prendersi cura della terra, della città, della gente, stremate da mille fatiche, ferite, ingiustizie, e sempre più bisognose di riposo. Ma prendersi cura anche di quanti si dedicano al bene degli altri, in particolare nell’ambito socio-sanitario e in quello educativo, praticando professioni «particolarmente faticose e inadeguatamente retribuite». Condonare i sempre più pesanti debiti dei poveri. Ma senza dimenticare «il debito dei ricchi», perché la «ricchezza onesta è una responsabilità sociale». E chiamando a conversione «chi accumula ricchezze maledette», quelle «procurate con l’usura, lo spaccio di droga, la vendita della pornografia, la creazione di dipendenza dal gioco d’azzardo». Ecco gli ambiti nei quali «uomini e donne di buona volontà» possono compiere «passi coraggiosi e interventi significativi per aggiustare il mondo», prendendo «spunto dalla ricorrenza del Giubileo». Chiama all’alleanza fra generazioni, cittadini, istituzioni, società civile e Chiesa, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, nel Discorso alla città e alla diocesi pronunciato oggi nella Basilica di Sant’Ambrogio, come tradizione in occasione dei Primi Vespri per la solennità del patrono della città e della Chiesa milanese.
“Lasciate riposare la terra. Il Giubileo 2025, tempo propizio per una società amica del futuro”, è il titolo della riflessione offerta da Delpini nell’antica basilica gremita da amministratori pubblici, politici e altre persone impegnate nel servizio del bene comune. Un servizio che chiama allo stile e alla pratica dell’alleanza, insiste il presule. Che annuncia: «In occasione del cinquantesimo anniversario di Caritas Ambrosiana impegno la diocesi di Milano perché, insieme a tutti coloro che hanno una responsabilità in questo ambito, venga promossa un’opera significativa su un tema particolarmente urgente come quello della casa per tutti». C’è anche la Chiesa, dunque, in questa alleanza per il bene comune. Che invoca una peculiare, feconda spiritualità. In ogni ambito. Così è nell’educazione alla pace, che «ha bisogno di una spiritualità che sa pregare, che riconosce in Dio l’unico Padre e dunque coltiva il seme di fraternità che è seminato in ogni uomo e in ogni donna, sotto ogni cielo». Così è nell’educazione ecologica, dove «è irrinunciabile una spiritualità che rivolga il pensiero a Dio e lo senta alleato del bene comune, Padre sollecito e provvidente per tutti».
Quanti «segni di stanchezza», oggi. «La gente è stanca di una vita senza senso», «di un lavoro che non basta a vivere», di una politica ridotta a «successione irritante di battibecchi» e di una comunicazione che «ingigantisce il male e ignora il bene». E stanca è la terra, stremata dalle guerre e da uno sfruttamento che la avvelena e che «arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri». E stanca è la città, sfiancata dal degrado e dall’avidità. Ebbene: l’Anno Santo 2025 – voluto da papa Francesco, che invita tutti a «essere pellegrini di speranza» – si offre come «occasione per prestare ascolto al grido di sofferenza che si leva dai popoli e dalla terra». Il Giubileo, sottolinea Delpini, «contiene un messaggio di giubilo, di gioia, di sollievo che deve interpretare la stanchezza della gente, della terra, della città come appello, provocazione, indicazione di cammino». Di fronte a tensioni che paiono inconciliabili – «sviluppo contro sostenibilità, crisi ambientale contro crisi sociale, dimensione globale contro quella locale» – serve «un punto di vista più alto, di tipo culturale e spirituale», serve operare «tutti insieme attraverso uno sguardo “contemplativo”, l’unico in grado di imprimere alla realtà umana, sociale, politica ed economica una direzione che componga aspetti vitali che da soli si presentano in termini conflittuali».
Con questo sguardo l’arcivescovo invita ad accostarsi a sfide cruciali come la cura per la terra e per la città, l’educazione alla pace (che chiede «un impegno costante per estirpare le radici dell’odio e della violenza sparse dappertutto e che talora esplodono tragicamente tra le pareti domestiche e nelle vie della città»), la «cura per il servo buono e fedele» (quanti sono impegnati nell’opera educativa e nell’ambito socio-sanitario, che meritano gratitudine, stima, sostegno delle istituzioni, paghe giuste). E il condono dei debiti, gesto giubilare per eccellenza.
Ci sono «i debiti dei poveri», che chiedono «forme di alleanza, di mutuo soccorso, di ripensamento del sistema bancario, perché troppa gente è disperata e troppe situazioni favoriscono l’immissione di denaro sporco e condannano a entrare negli ingranaggi perversi dell’usura». E ci sono «i debiti dei ricchi»: perché «la ricchezza onesta è una responsabilità sociale». Da praticare creando «condizioni di lavoro più sicure, adeguatamente remunerate, con orari meglio compatibili con la vita familiare e sociale», investendo nell’ecologia integrale, promuovendo il volontariato, riqualificando aree dismesse per «rendere la città abitabile per le famiglie». E senza dimenticare che «il primo modo di contribuire al bene comune da parte di tutti è il pagamento delle tasse: si tratta di giustizia, doverosa e determinata».
È dunque un «elogio per la speranza» e un «appello all’alleanza nel proposito di lasciar riposare la terra, la gente, la città», quello di Delpini. Che infine pronuncia parole di benedizione per la terra, la città, la gente. E quanti se ne prendono cura. «Tutti chiamati a mettere a frutto i loro talenti per rispondere alla vocazione a essere “fratelli tutti”».