Basterebbe probabilmente la triste contabilità (purtroppo in continuo aumento) dei sacerdoti morti e contagiati, insieme ai religiosi e alle religiose di tutta Italia, per testimoniare il capillare impegno della Chiesa in Italia a favore della popolazione e specialmente delle sue fasce più svantaggiate, in questa emergenza coronavirus. La conferma viene anche da un altro dato: gli ingenti stanziamenti (finora 13,5 milioni di euro di fondi 8xmille solo dalla Cei) e le ore di volontariato messi in campo a tutti i livelli (come raccontiamo in questa pagina) dal mondo cattolico italiano, per aiutare gli ospedali, per continuare a garantire un pasto caldo e un ricovero a chi non lo ha mai avuto, per aiutare gli anziani che non possono uscire neanche a fare la spesa, per offrire strutture di quarantena a chi ne ha bisogno e su tutte le altre frontiere della carità. La Chiesa in Italia sta continua dunque a svolgere la sua funzione sussidiaria per assicurare una presenza laddove le strutture pubbliche non possono arrivare.
Lo stanziamento più recente è quello di oggi. Tre milioni di euro, provenienti sempre dall’8xmille, per sostenere l’attività di alcuni ospedali impegnati nella lotta al coronavirus. I nuovi fondi si aggiungono dunque ai 10 milioni già destinati alle Caritas per le prime emergenze e ai 500mila euro assegnati al Banco alimentare per aiutare le famiglie più povere, nelle scorse settimane. Una cifra – quei 13,5 milioni di euro – che già da sola smentisce la deprecabile falsa notizia, artatamente messa in circolazione sui social e rilanciata con sospetta evidenza anche da qualche quotidiano, di un presunto immobilismo della Chiesa cattolica, nell’attuale contingenza. Tra l’altro dimenticando che questi soldi si vanno ad aggiungere a tutti gli interventi dei tempi normali. I quali non sono stati cancellati e non cessano affatto di produrre i loro benefici per la società italiana, se è vero che – come è stato calcolato – il miliardo di euro che la Chiesa riceve più o meno ogni anno dall’8xmille ritorna moltiplicato in termini di beni e servizi in favore della collettività nazionale, in proporzione di uno a undici.
Lo stanziamento di oggi, disposto dalla Cei su suggerimento della Commissione episcopale per la Carità e la Salute, raggiungerà la Piccola Casa della Divina Provvidenza – Cottolengo di Torino, l’Azienda ospedaliera “Cardinale Giovanni Panico” di Tricase, l’Associazione Oasi Maria Santissima di Troina e, soprattutto, l’Istituto Ospedaliero Poliambulanza di Brescia, che – in meno di un mese – ha mutato radicalmente l’organizzazione dell’Ospedale. Si tratta di 435 posti letto, di cui 68 di terapia intensiva e 70 di osservazione breve intensiva in Pronto Soccorso. Prima dell’emergenza i posti letto di terapia intensiva erano 16.
Intanto cominciano ad arrivare le prime notizie su come sono stati impiegati dalle 220 Caritas diocesane i 10 milioni loro destinati. Priorità al sostegno economico delle famiglie già in situazioni di disagio (ad esempio tramite il pagamento di bollette), all’acquisto di viveri, prodotti per l’igiene, farmaci, ad attività di ascolto degli anziani soli e delle persone fragili e al mantenimento di mense e dormitori protetti che hanno dovuto adeguarsi alle nuove disposizioni. È stato previsto il servizio da asporto e sono state reperite altre strutture in cui gli ospiti potessero dormire a distanza di sicurezza gli uni dagli altri. Tutti interventi costosi, destinati a prolungarsi nel tempo e che richiederanno probabilmente l’impiego di altre risorse economiche da parte della Chiesa.
Gli altri interventi delle diocesi
Non ci sono solo i 13,5 milioni di euro finora stanziati dalla Cei. Conferenze episcopali regionali, diocesi e singole parrocchie, per non parlare delle strutture religiose e delle Caritas, stanno impiegando anche proprie risorse che si vanno ad aggiungere a quella cifra, in una gara di generosità e di sacrificio anche personale senza eguali. Impossibile dar conto di tutte le iniziative. Si può tentare però un primo e non esaustivo bilancio di quanto finora messo in campo, anche grazie ai fondi 8xmille.
I vescovi umbri hanno donato alla Regione Umbria un ventilatore polmonare per la terapia intensiva. La Conferenza episcopale pugliese ha devoluto 15mila euro per rafforzare la terapia intensiva negli Ospedali regionali e stanziato un contributo di cinquemila euro anche per ciascuno degli Ospedali della regione che figurano tra gli enti ecclesiastici: l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo, l’azienda ospedaliera “Cardinale Giovanni Panico” a Tricase e l’ospedale generale regionale “Miulli” ad Acquaviva delle Fonti. In totale dunque si tratta di altri 15mila euro.
Donazioni per gli ospedali anche da parte di singole Chiese particolari. La diocesi di Novara ha messo a disposizione 60mila euro, quella di Vittorio Veneto ha lanciato una raccolta fondi per l’ospedale locale al fine di accogliere i malati Covid-19, aprendola con 5mila euro dalle offerte per la “Carità del vescovo” e 5mila euro da parte di Caritas diocesana. L’arcidiocesi di Agrigento ha dato 30mila euro al reparto di terapia intensiva dell’ospedale del capoluogo, dai fondi 8xmille, per l’acquisto di presidi sanitari e strumentazioni indispensabili. A Sessa Aurunca è stata avviata una raccolta fondi per l’ospedale “San Rocco”.
Un altro fronte di impegno è quello del reperimento di spazi per le quarantene e per ospitare medici e infermieri a contatto con i malati, che non possono tornare a casa. Si tratta di interventi non sempre traducibili in termini di spesa, ma comunque di fondamentale importanza per combattere la diffusione del virus. Bergamo ha messo a disposizione di medici e infermieri 50 camere singole del Seminario, altre 10 le ha offerte Lodi e così Roma e Taranto. Cremona ha reso disponibili 25 posti per operatori sanitari; Crema è pronta ad ospitare 35 medici cinesi che verranno a supporto dell’ospedale cittadino e di quello da campo in fase di costruzione su un suolo messo a disposizione della diocesi. Altre diocesi – Brescia, Roma, Tricarico, San Marco Argentano-Scalea, Cassano allo Jonio, Siracusa (ma l’elenco si allunga di giorno in giorno) – hanno offerto le proprie strutture per l’accoglienza di persone in quarantena (a Reggio Calabria ad esempio nella casa diocesana di Cucullaro, recentemente ristrutturata, ci sono 50 posti) o si accollano il pagamento alberghiero di pazienti che possono uscire dall’ospedale. Avviene così a Bergamo, dove è indispensabile liberare letti in ospedale.
Altre Chiese locali – Milano, Rimini, Lanusei – hanno messo a disposizione strutture per la Protezione Civile. Gaeta ha messo a disposizione il monastero di San Magno a Fondi, il paese in provincia di Latina chiuso, in entrata e in uscita, per l’emergenza Covid-19. Vi sono ospitati trenta volontari della Croce Rossa. C’è anche la disponibilità della Cism, la Conferenza dei superiori maggiori d’Italia, ad aprire strutture offerte dai diversi ordini religiosi all’ospitalità di chi deve stare in quarantena.
Diverse diocesi organizzano servizi telefonici per gli anziani (Gaeta: “Pronto noi ci siano”) e danno ospitalità a persone senza fissa dimora: Pavia, Lodi, Gorizia, Belluno-Feltre, Piacenza, Parma, San Marco Argentano-Scalea, Bari-Bitonto, Nardò-Gallipoli, Cerignola-Ascoli Satriano. In quest’ultima diocesi la Caritas sta attrezzando un centro di prima accoglienza con dieci posti letto. I fedeli si sono mobilitati donando brandine, materassi, asciugamani e pigiami. A Nola i senza tetto ospitati sono 40 e altre strutture sono in fase di allestimento praticamente in tutte le regioni.
Un’attenzione particolare viene rivolta al mondo del carcere e alle condizioni di quanti escono a fine pena e si trovano senza alternative. Mentre in altre realtà si pensa a produrre e donare le mascherine così importanti soprattutto per chi è in prima linea. Accade ad esempio ad Andria, dove la sartoria sociale “La Téranga” (progetto sostenuto dall’8xmille tramite la Fondazione Migrantes e la diocesi andriese) cuce mascherine che poi vengono distribuite in città. «La comunità ecclesiale ci ha sempre aiutati – dicono i responsabili – è venuto il momento che facciamo qualcosa per il bene di tutti».
Le associazioni e la sanità cattolica
La mobilitazione da Nord a Sud è generale anche a livello di ospedali del mondo cattolico, delle associazioni, dei gruppi e dei movimenti. Numerose sono ad esempio le realtà dell’Azione cattolica che a livello diocesano e parrocchiale hanno organizzato servizi e iniziative di carità, oltre naturalmente a quelle di preghiera che costituiscono la base di tutto l’impegno. C’è chi si offre per fare la spesa e portarla a casa di coloro che non possono uscire, oppure di andare in farmacia, alla posta per pagare le bollette. Recuperati anche metodi di altri tempi, come ad esempio il classico paniere che si cala dai balconi e garantisce la distanza di sicurezza. In alcune diocesi i gruppi di Acr hanno pensato a come intrattenere i bambini con catechesi e attività on line. Non mancano poi le “telefonate solidali” per garantire vicinanza.
«Nell’emergenza coronavirus, non vogliamo lasciare solo nessuno, soprattutto i più fragili», si legge nel sito internet della Comunità di Sant’Egidio. Così alle persone che non hanno casa viene portato non solo il cibo, ma anche prodotti utili per proteggersi dal contagio (come gel e fazzolettini per disinfettarsi). «Le nostre mense per i poveri restano aperte – viene sottolineato – osservando le misure di precauzione per quanto riguarda il numero contingentato delle persone, la distanza tra loro e l’igiene, ma garantendo questo servizio, indispensabile per chi rischia, a causa della minore circolazione, di ricevere meno aiuti e sostegno, a partire dai senza fissa dimora». La comunità ha lanciato una raccolta fondi e una di generi utili, come alimentari, gel igienizzanti e fazzoletti di carta e altri presidi utili a prevenire il contagio. Tutte le indicazioni per contribuire sul sito della Comunità.
Determinante il contributo che sta arrivando dalla sanità cattolica. Innanzitutto il Columbus Covid 2 Hospital, l’ospedale realizzato dalla Fondazione Policlinico Gemelli, interamente dedicato agli ammalati del coronavirus, che è dotato di 59 posti di terapia intensiva e 80 posti di degenza “ordinaria”. E poi anche anche alcuni reparti del “Gemelli” sono attrezzati per ricevere i pazienti della pandemia. A ieri erano 237 in totale di cui 51 al Columbus e 186 nei reparti e terapia intensiva del Policlinico, dove sempre ieri sono stati anche 410 tamponi.
Anche l’Idi, Istituto Dermopatico dell’Immacolata, si è riconvertito in ospedale Covid–19. A regime avrà 110 posti letto e 6 di terapia intensiva. A questi vanno aggiunti i 70 posti ospedalieri, di cui 14 di terapia sub–intensiva e i 2 alberghi messi a disposizione del Servizio Sanitario Regionale dalle strutture sanitarie associate all’Aris.
Infine il Sovrano Ordine di Malta ha dispiegato i suoi volontari a supporto della realizzazione del nuovo ospedale costruito nei padiglioni della Fiera di Milano e donato 260 apparecchi per la respirazione assistita. I volontari operano anche nella nave ospedale allestita nel porto di Genova dalla Regione Liguria, distribuiscono viveri e farmaci alle persone anziane o costrette all’isolamento e continuano a dare sostegno quotidiano ai senza dimora.