COME MAI DIO HA CREATO IL MONDO PUR SAPENDO CHE AVREBBE AVUTO PROBLEMI?

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Dopo aver letto il libro di Caterina Ciriello e Angela Maria Lupo  LA MISTICA DELLA SOFFERENZA ho iniziato a condividere qualche stralcio di esso ai miei amici.
   Da uno di questi, Massimo De Carli (autore tra l’altro di L’ALBA DEL PASSEROTTO e LA LEPRE CORAGGIOSA (entrambi dell’editrice TAU), ho avuto in risposta una domanda che sintetizzo così: “Come mai e perchè Dio, pur sapendo che la creazione del mondo  avrebbe comportato l’avvento del male e della morte, decise ugualmente di creare?”.
   La presente riflessione rappresenta un tentativo di  risposta a questa domanda che va dritta dritta al cuore del  mistero, al mistero della sofferenza di Dio e dell’uomo.
   Indagare il cuore del mistero con l’uso dell’intelligenza razionale non porta molto lontano. L’uso dell’intelligenza spirituale, invece,  può portare un passo più avanti. Grazie a questa, ho immaginato di rivolgere la medesima domanda a Dio stesso.

Questa la sua risposta:
“ Vedi, caro figlio mio, tutto ha avuto inizio  quando io, l’ETERNO, ho voluto farmi TEMPO, quando io, l’ESSERE, per niente geloso della mia divinità assoluta, ho deciso di dipanarmi, di spalmarmi in DIVENIRE (la PAROLA che si fa CARNE, lo spirito che si fa materia).
Fondamentalmente si tratta propriamente di un problema di LIBERTÀ. Io ero libero di operare una scelta oppure un’altra, ma una volta deciso liberamente di creare il tempo fu giocoforza che questo marchio di libertà avrebbe costituito il suo marchio di fabbrica.
Certo, avrei potuto optare per infinite forme e soluzioni diverse (infatti  sono Infinito) per condividere la mia gioia di Essere, ma ho preferito la più consona a chi immaginavo potesse accoglierla, riconoscerla e magari anche condividerla lui stesso con gli altri e quella forma più consona era quella di creare un Divenire dove fosse contenuto l’Essere, un Essere capace, sotto la mia vigile cura, di dipanarsi in Divenire.
La dinamica di Eterno e Tempo (nunc fluens) è in qualche maniera assimilabile a quanto avviene nella dinamica umana di Intuizione e Realizzazione.
Quando voi creature e figli miei avete una intuizione, avete anche necessità di tempo per portare a termine la sua realizzazione. Fu così anche per me; mi necessitava il Tempo (Carne) per realizzare il sogno, l’Intuizione (Verbo).
Ero ben consapevole che sarebbe finita momentaneamente male, ma me ne assunsi tutta la responsabilità accettando di essere io, in primis, a rimetterci.
Fu giocoforza anche per Me, l’Eterno, dovermi adattare al Tempo e mi fu facilissimo, a differenza vostra che vivete lo scorrere del tempo più con patimento che con pazienza, più perdendolo che godendolo, più con ansia per il domani che con serenità per l’oggi (il presente è il pane quotidiano della relazione fraterna che ho approvvigionato per voi dall’eternità, come dirà Mio Figlio quando se ne uscì con quel “Mio cibo è fare la volontà del Padre”), più con nostalgia per il passato che con sorriso per il presente (Un vostro autore ha scritto: “Il presente è l’unico punto di contatto tra l’eternità e il tempo”).
Il prezzo che ero consapevole di pagare era altissimo, ma era in gioco la vostra libertà. Ecco perché da allora esistono inizio e fine, alfa e omega, nascita e morte, orazione e imprecazione, lamento e danza, lacrima e sorriso, intuizione (In principio era il Verbo)  e realizzazione (Il Verbo si fece Carne), dolore e amore, morte e vita (risurrezione).
E’  così che la realtà della libertà incrocia la realtà dell’amore. L’amore la vince sull’odio, sul male, sulla morte, così  come la libertà la vince sulla sudditanza, sulla schiavitù, sulla sottomissione.
Io vi ho voluto liberi di scegliere di amare. E’ questa, a ben riflettere, la dinamica della sofferenza vostra e mia.
Ed e proprio nella buia e tragica notte del Getsemani che viene vissuta tale dinamica misteriosa di reciproca sofferenza del Dio umano e del Dio Divino, del Padre Eterno e del Figlio dell’Uomo, del Figlio del Tempo, direi.
E tale dinamica viene vissuta in quella preghiera decisiva che Mio Figlio rivolge a me Suo Padre; e in quella preghiera c’è ciascuno di voi.
Tale  preghiera di Gesù sarà poi il paradigma di ogni preghiera a me gradita. Quella preghiera si divide in due parti, inseparabili tra loro; nella prima parte mio Figlio (ogni figlio) chiede a me suo Padre di cambiare idea, versa sudore rosso dalla fronte (sono le lacrime dell’anima) ed ottiene come risposta un mio silenzio assordante e misterioso.
Nella seconda parte è Lui (mio Figlio) a cambiare idea e ad allinearsi alla Mia Volontà di Padre. E si consegna al mistero fiducioso che non sarebbe finita li.
La risurrezione operata da me Padre nel silenzio della notte e senza nessun applauso (La Domenica della Palme il Dio Umano aveva ricevuto molti applausi) è il gran finale.
Un finale dove  il mio dire (Parola) e il mio fare (Carne) troverà sintesi perfetta nell’ essere (Pane). Quell’essere del silenzio eucaristico più eloquente di ogni dire e più efficiente di ogni fare”.