Prima di concludere la Messa domenicale il sacerdote si avvicina al microfono. E illustra l’agenda settimanale della comunità. Fra gli annunci c’è anche quello sul catechismo: «Allora, i gruppi che si preparano alla Prima Comunione si troveranno in parrocchia il martedì…». Basta cambiare chiesa per leggere nelle bacheche vicino alle porte d’ingresso che i bambini di quarta elementare si incontreranno in oratorio il lunedì e quelli di terza il mercoledì. «Sempre alle 17», specifica l’avviso. È l’ora della ripartenza della catechesi “dal vivo” nelle parrocchie italiane. Non in tutte, naturalmente. Però, con la Penisola che è diventata per lo più “zona gialla” e che ha visto riaprire le scuole, anche la vita ecclesiale ritrova dimensioni che erano state “congelate” a causa della pandemia oppure erano traslocate sul web. Come appunto la catechesi.
Da Nord a Sud gli incontri tornano in presenza, seppur con le mascherine sul volto. Per i ragazzi, anzitutto: a cominciare da quelli che si preparano ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Perché sono proprio queste le settimane in cui le parrocchie hanno previsto le celebrazioni della Prima Comunione o della Cresima. E allora, almeno nel tratto finale di cammino, la scelta di ridarsi appuntamento vis-à-vis – magari dopo mesi di scambi attraverso la Rete – è l’opzione prevalente. Sempre nel rispetto delle misure anti-Covid che fanno delle parrocchie luoghi “sicuri”. «Si tratta di un’occasione importante – spiega il direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Prato, don Carlo Geraci – per poter abbracciare nuovamente i ragazzi che si apprestano a ricevere i sacramenti, un’opportunità per vederli di persona e vivere insieme un momento di preparazione considerando le norme in vigore». Certo, avverte la diocesi di Cuneo, «i parroci raccomandino ai genitori dei ragazzi che ricevono la Cresima o la Prima Comunione di osservare le restrizioni anche per quanto riguarda le eventuali feste in famiglia dopo le celebrazioni invitandoli, se necessario, a rimandarle a tempi migliori».
Ma non sono soltanto i più piccoli che si rivedono all’ombra del campanile. Anche adolescenti e giovani tornano in parrocchia. Con un’accortezza: se le iniziative sono nel dopocena, occorre rispettare il coprifuoco. Poi in molti casi ricominciano gli incontri di catechesi per gli adulti. E si alza il sipario sulle attività degli oratori, seppur in forma ancora limitata: si tratta comunque di un «segno importante», come lo definiscono i preti, anche in vista dei Grest estivi che – salvo improvvisi cambi di rotta per nuove impennate dell’emergenza sanitaria – vengono già preventivati e organizzati. Soprattutto nel Nord Italia sono ripresi laboratori e momenti aggregativi benché con numeri limitati. Restano invece vietati gli spettacoli, i mercatini di beneficenza, ma anche la libera frequentazione degli spazi.
Sono le singole regioni ecclesiastiche oppure i vescovi o ancora i parroci ad aver stabilito la ripresa delle iniziative in presenza. Forti della scelta del Governo Draghi di far tornare in classe gli studenti. Infatti, quando i ragazzi di una determinata età possono essere in aula, allora si può optare per uno “stile” di catechesi che non sia unicamente online. Era l’input che già traspariva dalle “Linee orientative per la ripresa dei percorsi educativi per minori”, il documento dell’Ufficio giuridico della Cei datato settembre 2020 che teneva conto delle regole per lo svolgimento delle lezioni nei plessi scolastici del Paese. Di fatto, scuola e catechesi dell’Iniziazione cristiana vanno di pari passo anche in mezzo alla crisi dovuta al coronavirus. Lo specifica ad esempio l’arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, Erio Castellucci, annunciando il via libera agli incontri per ogni età: «Fin da settembre le attività di catechesi hanno seguito le indicazioni valevoli per la scuola». E, richiamando il protocollo Cei, invita a ricorrere al gel per le mani, a igienizzare gli ambienti e persino le superfici, a evitare assembramenti all’ingresso o all’uscita, a tenere un registro delle presenze, a controllare che nessuno abbia la febbre.
Nella diocesi di Pavia l’équipe di pastorale giovanile consiglia di utilizzare la formula dei «piccoli gruppi» con il «triage», la «valutazione della capienza degli spazi», la necessità di «arieggiare bene i locali tenendo il più possibile le finestre aperte». A Imola il vescovo Giovanni Mosciatti che ha dato il nullaosta alla ripresa delle iniziative a porte aperte esorta alla «massima attenzione alle norme precauzionali». L’arcidiocesi di Milano lascia al parroco valutare «questa possibilità insieme alla comunità educante, tenendo conto sia delle motivazioni pastorali sia delle concrete condizioni, come ad esempio: numero ed età di catechisti ed educatori; età dei ragazzi; numero dei ragazzi che compongono i singoli gruppi; numero dei ragazzi attualmente in quarantena o in isolamento». E viene rilanciato il «patto di corresponsabilità» suggerito anche dalla Cei, ossia la firma di un accordo anti-contagio fra parrocchia e famiglie. Non manca un’ulteriore via: la decisione di alternare attività in presenza e online in modo «virtuoso e creativo». È ancora la fantasia pastorale a entrare in gioco. Come hanno già dimostrato i mesi più difficili della pandemia.