L’ascolto parte dalla parabola evangelica del Buon Samaritano. La cura di quest’ultimo verso lo sconosciuto incappato nei briganti, ha sottolineato il porporato, «mi pare per noi una prima indicazione a prendere sul serio il tema dell’ascolto approfondito e accorato di ogni uomo, anche di chi non sa esprimere nemmeno il proprio bisogno di aiuto». In sostanza, ha aggiunto, «significa farsi interpreti anzitutto dei più poveri, di quelli che in questo frangente della storia stanno subendo il peso della pandemia, di chi sta tenendo duro per la sopravvivenza propria, della propria famiglia, della propria azienda e della propria comunità. Alcuni di questi poveri non hanno nemmeno la forza di formulare una richiesta e attendono qualcuno che ascolti il loro grido silenzioso».
Ma ascoltare significa anche «accorgerci del bene in atto», ha proseguito Bassetti. Ad esempio pensare ai medici, «alcuni dei quali vivono il loro impegno ben al di là del dovere lavorativo», e ai genitori «che hanno rimodulato con creatività di amore il loro ruolo nei confronti dei figli». «Solo una Chiesa che ascolta la vita reale sa accorgersi di queste e altre realtà, che portano con sé le tracce più o meno evidenti della grazia del Signore».
La corresponsabilità trae spunto dal passaggio dell’enciclica in cui il Papa invita «a non aspettare tutto dai governanti», ma ad «avviare e generare nuovi processi e trasformazioni». Si tratta, ha rimarcato il presidente della Cei, «di sentirsi protagonisti di un modo nuovo di essere Chiesa in Italia, nel nostro territorio, tra la nostra gente». Un’operazione che richiede cuore e testa, cioè «generosità e intelligenza», perché «il cuore da solo può portare disordine, mentre la testa da sola può suggerire soluzioni disumane». Bisogna dunque «far nascere o sostenere nuove vie di annuncio». Quanto in special modo alla Cei, dato che durante la prossima assemblea generale verranno eletti due vice-presidenti e presidenti delle Commissioni Episcopali, «questa potrebbe essere l’occasione per avviare un processo di ripensamento dei ruoli e delle responsabilità di ciascuno». Sia per rendere la Cei «uno strumento ancora più capace di servire le Chiese locali», sia «per lanciare alle stesse Chiese locali il messaggio dell’importanza e della bellezza di rinnovarsi alla luce di una lettura sapienziale dei segni dei tempi».
La comunione è il necessario ingrediente di tutto ciò. «La comunione fa la Chiesa – ha notato il cardinale -. La comunione ci rigenera. La comunione ci mette in moto. La comunione indica la via per l’oggi». Per questo, ha esortato, «dobbiamo fare nostro l’atteggiamento, lo stile della Chiesa in uscita. Uno stile non sedentario, ma segnato da distacchi, partenze, spostamenti. E questo si realizza solo se siamo corresponsabili e in comunione».
Infine il presidente della Cei è tornato sulla parola annuncio, mettendone in luce i numerosi significati. «Non possiamo perdere questa occasione di ripensare un annuncio davvero efficace del Vangelo». E allora che cosa vuol dire annunciare? «Indubbiamente – è stata la risposta di Bassetti –, annunciare il Vangelo significa rinunciare alle lamentele e alle rivendicazioni di parte per assumere i sentimenti di zelo che sono stati dei grandi evangelizzatori come Paolo. Significa, inoltre, «anche provare a parlare con garbo ed empatia dell’esperienza del Risorto là dove la morte sembra aver posto una pietra tombale a ogni speranza.
Annunciare il Vangelo significa ancora consigliare i dubbiosi, cioè suggerire ai giovani scelte di vita ispirate a un bene più grande di sé. Annunciare il Vangelo significa denunciare le politiche che creano o mantengono le disuguaglianze e le ingiustizie, ma anche collaborare con le autorità a trovare soluzioni che siano davvero fraterne per tutti. Annunciare il Vangelo significa, infine, rimettere in mano a tutti, dai bambini agli adulti, la Parola di Dio come libro della vita, libro a cui ispirare i propri pensieri e i propri sentimenti».
Assemblea generale della Cei dal 16 al 19 novembre
La Conferenza episcopale italiana sta preparando la prossima Assemblea generale programmata dal 16 al 19 novembre. Una plenaria che, come sottolineato nell’ultimo Consiglio permanente (21-23 settembre scorsi) costituirà «per la Chiesa italiana un’opportunità da cui avviare un processo di essenzializzazione: partendo dall’ascolto di questo tempo segnato dalla prova, s’intende riscoprire il primato dell’evangelizzazione e le forme della testimonianza cristiana».
In tal senso, guardando alla prossima Assemblea generale, in sede di Consiglio permanente «rispetto alla prospettiva di assumere gli Orientamenti pastorali per il quinquennio, si è preferito lasciarsi provocare innanzitutto dalla domanda evangelica: “Sapete leggere questo tempo?”»; quesito al quale «s’intende rispondere mettendosi in ascolto della realtà e assumendo alcuni impegni per costruire il futuro». Una prospettiva che «comporta un investimento nella formazione a un nuovo senso ecclesiale e a una nuova responsabilità ministeriale; impegna a valorizzare appieno i momenti delle celebrazioni; richiama a saper tornare all’incontro personale e comunitario con il Risorto, per poi poterlo offrire quale messaggio di vita e di senso».