Il saluto del porporato a sacerdoti e fedeli di Roma, al termine della Messa per le ordinazioni sacerdotali, nella basilica di San Pietro. Il dono del Consiglio episcopale: una croce pettorale con l’effige della Madonna della Fiducia. 11 i nuovi presbiteri
«Grazie per questo abbraccio. Mi sento avvolto da grande affetto e da una bella amicizia. Grazie a Papa Francesco per l’esperienza così bella di questi anni. È stato meraviglioso aver conosciuto la diocesi, aver visitato tutte le comunità e avere avuto la possibilità di vedere quello che lo Spirito Santo sta compiendo. Un’abbondanza di grazia in tutte le realtà». Un fragoroso applauso ha accolto queste parole del cardinale Angelo De Donatis, già vicario del Papa per la diocesi, ora Penitenziere maggiore, che sabato sera, 20 aprile, ha salutato il presbiterio e i fedeli di Roma al termine della Messa con il rito di ordinazione presbiteriale di 11 sacerdoti, celebrata nella basilica di San Pietro. Sei si sono formati al Pontificio Seminario Romano Maggiore: Lorenzo Vincenzo Colombo, nato a Roma, che con i suoi 25 anni è il più piccolo del gruppo e il più giovane prete di Roma; Matteo Colucci, trentenne romano; Rafael Malacrida, nato a San Pedro, Buenos Aires, nel 1993; Adrian Martian, di Braia, in Romania, ventisettenne; Renato Pani, romano di 34 anni; Fabio Pulcini, di Alzano Lombardo (Bergamo), 35 anni. Tre quelli che hanno frequentato l’Almo Collegio Capranica: Nicola Pigna, 32enne di Benevento; Salvatore Plastina, di Paola (Cosenza), 45 anni appena compiuti; Francesco Scavone, nato a Potenza nel 1994. Due hanno invece studiato al Seminario Redemptoris Mater: Roberto Ibarra, nato a Santiago del Cile 34 anni fa, e Silviu Simionca, 37 anni, originario di Bistrita, in Romania.
Già nell’omelia il cardinale aveva accennato un saluto ringraziando «tutti e ciascuno per il servizio pastorale» svolto negli ultimi sette anni, dal 26 maggio 2017, quando Papa Francesco lo nominò vicario generale per la diocesi di Roma. «Mi affido alla vostra preghiera perché dovunque io sia possa rimanere nel sacerdozio di Cristo», le parole del porporato. Il vicegerente Baldo Reina, interpretando «i sentimenti e le emozioni dei sacerdoti e di tutti i fedeli», ha ringraziato don Angelo per aver «testimoniato quanto sia importante riconoscere l’intervento di Dio nei fatti personali e in quelli comunitari». A nome del Consiglio episcopale ha letto un saluto formulato in preghiera, nel quale ha ringraziato il Signore anche per il servizio svolto dai vescovi ausiliari Daniele Libanori, nominato assessore del Santo Padre per la vita consacrata, e Riccardo Lamba, nuovo arcivescovo di Udine.
Si è poi soffermato sul cardinale la cui presenza in diocesi «sin dai primi passi della vita sacerdotale, è stato un raggio» dell’amore del Signore, «come formatore in seminario, a servizio di alcune comunità parrocchiali e nell’ultimo periodo come vescovo ausiliare e come vicario del Papa. Ti ringraziamo per la sua mitezza, il suo sorriso, la sua accoglienza nei confronti di tutti e, in particolare, dei sacerdoti. Nel Tuo disegno provvidente – ha proseguito – hai voluto che servisse la Chiesa di Roma in questo tempo; come figlio obbediente è stato al suo posto e ha fatto in modo che, in mezzo alle tante tempeste della storia, la porzione di Chiesa a lui affidata mantenesse dritta la rotta».
Il Consiglio episcopale ha donato al cardinale De Donatis una croce pettorale con al centro l’effige della Madonna della Fiducia, patrona del Pontificio Seminario Romano Maggiore di cui il porporato è stato direttore spirituale per 13 anni.
A Roma la consacrazione dei nuovi presbiteri avviene per consuetudine nella quarta domenica dopo Pasqua, detta del Buon Pastore. Nell’omelia il cardinale De Donatis ha esortato gli ordinandi a rimanere uniti nel nome di Gesù, perché un sacerdote che non predica Cristo «non avrà nulla da dire al mondo». Meditando il Vangelo nel quale Gesù si identifica con il Buon Pastore che, a differenza dei mercenari, è disposto a dare la propria vita per le sue pecore, il cardinale ha chiesto agli undici di ricordare sempre che «il desiderio del sacerdote pastore è quello di andare sino all’inferno, ossia sino al limite più basso, per salvare una persona».
Infine l’invito a essere incorporati al sacerdozio di Cristo perché «l’essenza» del ministero non si limita a celebrare la Messa ma è «diventare la Messa» che si celebra. «Tutto il presbiterio di Roma vi accompagna – ha concluso – con le sue miserie ma anche con i suoi tanti carismi».