“Beh, un dottore si trova sempre, quelli che non trovi sono gli esorcisti” mi disse anni fa un amico, chiedendomi di facilitargli un incontro con padre Amorth. Naturalmente non ci riuscii.
Lo so, parlare oggi di Satana e esorcismi non suscita molto entusiasmo, ma Francesco Cupello, sacerdote della Società San Paolo, ha scritto un libro imperniato su tale argomento. L’occasione è stata “comunicare la mia esperienza accanto al famoso esorcista di Roma”, p. Gabriele Amorth, suo confratello. In realtà ogni pagina trasuda un unico concetto: Satana esiste, è l’Angelo ribelle, uno Spirito reale che agisce per sabotare il progetto di salvezza di Dio e la Chiesa cattolica non avverte la necessità e l’urgenza di implementare gli esorcisti, coloro che, nella Chiesa, hanno come ministero specifico la lotta al demonio o, in subordine, “estendere la facoltà di compiere esorcismi a tutti i sacerdoti”.
E’ lui a far paura al demonio – Padre Amorth in lotta col Male, Fede&Cultura editore, aprile 2015 – è un accurato resoconto di esorcismi raccolti tra chi ha il potere di praticarli e chi ha avuto la sventura di subirli o esserne testimone. I racconti si susseguono scorrevoli, una cronaca senza necessità di “coloriture”, essendo più che sufficienti i fenomeni per lo più innaturali originati dallo scontro tra esorcista e demonio, quasi sempre drammatici e sconvolgenti, a volte surreali, a volte perfino comici.
Il libro è ricco di spunti e notizie su malefici, infestazioni e vessazioni diaboliche, possessioni diaboliche (rarissime quelle vere). Pensavo che le fatture (agire materialmente con determinati oggetti tramite un insieme di cerimonie e riti) fosse roba da ciarlatani o da agenzia delle entrate, invece ho appreso che possono effettivamente esistere e vengono pure classificate in “ostili” e “amatoriali”.
La risposta all’interrogativo più scomodo, ci sono evidenze dell’esistenza del demonio, che più prosaicamente si può formulare in perché esiste il male, è affidato alla penna del noto biblista don Primo Gironi, allievo dei cardinali Martini e Ravasi, che illustra l’evoluzione biblica del ruolo di Satana, da “porre ostacoli a fin di bene” al progetto di salvezza di Dio a suo acerrimo sabotatore. Qui le domande, i chiarimenti, le precisazioni si sprecherebbero, ma non so se l’insigne biblista sarebbe in grado di chiarire meglio dubbi ed obiezioni. Si tratta di penetrare il mistero della Redenzione, penetrare nella testa di Dio e se ciò fosse possibile, chiosa sornionamente con pacatezza tomistica il Cupello, “Dio non sarebbe più Dio”.
Nonostante i ripetuti rimbrotti dell’autore sparsi a piene mani nel volume, procedendo nella lettura mi sono chiesto più volte se quello che leggevo fosse effettivamente reale o frutto di suggestione/allucinazione collettiva. Che esista il soprannaturale, l’inspiegabile, il male, la malvagità per il gusto della malvagità, è esperienza comune. Ma incontrarlo, farne esperienza diretta deve essere spaventosamente stressante. Don Amorth dà l’impressione di persona tranquilla, molto indaffarata e per nulla spaventata, ma altri esorcisti hanno avuto salute e vita rovinata.
In contemporanea al libro di don Cupello leggevo Il decimo girone dell’inferno, volumetto di umile veste editoriale come il capolavoro di Primo Levi rifiutato da Einaudi Se questo è un uomo, di cui costituisce la versione bosniaca degli orrendi massacri perpetrati in Kosovo. Rezak Hukanovic termina la sua testimonianza con una invettiva che, visti gli attuali sviluppi geopolitici, sembra confermare il potere male-dicente descritto nel libro di don Cupello. Il protagonista, appena liberato grazie ad un fortunoso scambio di prigionieri, si gira verso il campo di concentramento serbo di Omarska e urla: “Signore, fa che tu non possa mai perdonarli!”. A chi come me ha avuto la fortuna di una vita insignificante, suggerisco di ancorarsi al consiglio che un rabbino diede a Gimbel l’idiota, il leggendario personaggio di Isaac Singer, “meglio essere stupidi per tutta la vita che malvagi per un’ora soltanto”, che poi è il contraltare del fascistoide motto: meglio un giorno da leoni che cento da pecora.
Credetemi, le pecore sono animali bistrattati. A loro potrebbe adattarsi il famoso incipit “Sono Gimpel l’idiota. Non che io mi senta un idiota. Anzi. Ma è così che mi chiama la gente”.
giovanni p
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